Giorgio Dell’Arti, La Stampa 28/7/2011, 28 luglio 2011
VITA DI CAVOUR - PUNTATA 139 - ASPETTANDO LA CRIMEA
Stiamo parlando del Canale Cavour?
Che fu intitolato a Cavour, ma costruito dopo la sua morte. C’era il problema di irrigare la Lomellina, che soffriva delle magre della Sesia. L’ingegner Francesco Rossi scoprì che tra il Po e la Sesia c’era un dislivello di 25 centimetri e che si poteva quindi ipotizzare una derivazione che portasse acqua dal Po alla Bassa Novarese e alla Lomellina. Questo Francesco Rossi, da Scavarda frazione di Vinzaglio (siamo in provincia di Novara), era stato per 16 anni agente generale di Michele di Cavour e se n’era andato all’arrivo di Camillo, fatto che ci può far pensare che i due non andassero d’accordo. Non andavano d’accordo infatti: Rossi progettò un canale che avrebbe dovuto tagliare in due Leri, lo portò a Cavour nel 1851 e, stando al resoconto del figlio, si vide respinto abbastanza malamente (e un po’ toscaneggiando, in questo resoconto di Rossi-figlio, si legge: « O che non vi abbia proprio nessuno scampo da codesto vostro canale? Oh bella! Sia vero, che non lo possiate far viaggiare altrove »). Il canale si cominciò poi a costruire nel 1863, Cavour morto, e fu adottato il progetto Noè, che non tagliava Leri. Sono polemiche che durano ancora oggi e in cui non voglio entrare. Rossi ebbe il merito immenso di scoprire il dislivello (andava in giro a far misure con un semplice livello ad acqua « in compagnia di un servo, schernito quale pazzerello dalla plebaglia saccente e ignorante »). Adesso la questione dell’acqua era ancora agli albori.
Cavour la stava spiegando a Minghetti, che era andato a trovarlo.
Sì, gli disse che avevano formato una società fra tutti gli agricoltori della zona per lo sfruttamento dei canali demaniali, riuscendo a sbarazzarsi degli intermediari. Aggiunse: sembra un affare di privati, invece non lo è. Gli agricoltori interessati sono 3.500. Non fanno che litigare tra di loro, dirigerli è faticoso quanto stare al governo. Raccontò anche che - su sua iniziativa - avevano sperimentato con successo la bocca tassata, una specie di contatore per far pagare ad ogni proprietario l’acqua realmente consumata...Il guaio di quell’estate era che tutti si occupavano di qualunque cosa, pur di non pensare all’unica che contava. Hudson si mise a comprar muli, poi si dedicò alla formazione di una legione angloitaliana, contingente misto che avrebbe rafforzato i legami...Piovvero decine di domande, ma tutte di gente che voleva fare l’ufficiale. Di soldati semplici, neanche uno.
La guerra di Crimea.
E infatti. Non si sapeva niente. Cavour scrisse a La Marmora: «Aspettiamo con impazienza crudele la notizia di un qualche fatto d’armi...».
Possibile che non si sapesse assolutamente niente?
Erano arrivate voci di litigi tra Alfonso e gli altri capi militari. Poi le avevano smentite. Era difficile ammettere che in tre mesi i piemontesi non fossero serviti a niente. Quindi era vero che servivano solo a riempire i vuoti degli inglesi. Una specie di parata per non farli sfigurare...Tra l’altro ne morivano a decine senza combattere, decimati dal colera. Se ne andò all’altro mondo, contagiato, anche il fratello di La Marmora, quello che aveva inventato i bersaglieri.
Quanti piemontesi erano partiti?
Diciottomila. Il Regno di Sardegna aveva messo a disposizione un quarto della sua fanteria, metà dei bersaglieri, un quarto dell’artiglieria da campagna, un settimo della cavalleria. Era un contingente molto forte. Gli inglesi erano in tutto 20 mila, i turchi - principali interessati alla guerra - 55 mila. Ma i tre, messi assieme, non raggiungevano il numero dei francesi, ben 150 mila. Napoleone III aveva puntato molto su quella guerra per farsi propaganda. Tutta la campagna fu poi impostata in modo che le figure migliori fossero riservate ai suoi. Ma, tornando ai piemontesi, per loro era soprattutto una buona occasione di mettere alla prova l’esercito dopo Novara. La Marmora, da ministro della Guerra, aveva adottato riforme molto importanti, con l’idea fissa di avere un’organizzazione più mobile, più manovrabile. La novità più tremenda era la ferma, portata a cinque anni, a cui si aggiungeva una seconda categoria di reclutati che stavano sotto per soli quaranta giorni, poi venivano congedati ma dovevano tenersi a disposizione per cinque anni senza potersi sposare. La riforma più rivoluzionaria fu quella di pretendere ufficiali colti, almeno un po’. La Marmora fece introdurre piccole biblioteche perché quelli si tenessero al corrente. Fino a quel momento un ufficiale con un libro in mano avrebbe fatto pessima figura, l’avrebbero sfottuto per mesi. La Marmora era un convinto sostenitore dell’esercito di qualità: prima di metter mano a cambiamenti mandò i capitani Govone e Revel a vedere come avessero fatto prussiani e austriaci. Poi sposò la tesi che gli ufficiali andassero promossi per meriti e non per anzianità. Era ancora in corso quella discussione, che durava da mezzo secolo: se fosse meglio un esercito numeroso ma composto da gente qualunque o un esercito piccolo ma altamente professionale. Anche qui era questione di destra e di sinistra. I democratici dicevano che dell’esercito dovevano far parte le forze vive, i cittadini. La Marmora era dell’altra scuola.