Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 28 Giovedì calendario

D’Alema rinunci alla pensione che gli pagano i giornalisti - Caro D’Alema, mi scusi se oso disturbarla nell’alto della sua im­perturbabile intelligenza, ma avrei una cosa importante da dir­le

D’Alema rinunci alla pensione che gli pagano i giornalisti - Caro D’Alema, mi scusi se oso disturbarla nell’alto della sua im­perturbabile intelligenza, ma avrei una cosa importante da dir­le. Perché, vede, forse è vero che noi giornalisti siamo delle «iene dattilografe», come ci ha gentil­mente definiti, ma lei è una san­guisuga; forse è vero che noi sia­mo «tecnicamente fascisti», per usare un’altra sua espressione, ma lei è praticamente un mante­nuto. Gliel’ha ricordato sul Fatto di ieri il suo coetaneo e diversa­mente estimatore Oliviero Beha, chiedendole proprio per questo motivo di rinunciare alla pensio­ne dell’Inpgi, l’istituto di previ­denza di tutte le iene dattilografe, comprese quelle tecnicamente fa­sciste. Ecco, questo volevo dirle: dia retta a Beha, rinunci alla pen­sione dell’Inpgi. Non le dovrebbe essere difficile, penso: considera­to che lei ci tiene tantissimo a di­stinguersi, a tenerci a debita di­stanza e a non mescolare la sua su­prema arguzia con le nostre mo­desta capacità, le offriamo un’otti­ma occasione per dimostrare al mondo che lei è davvero diverso da noi giornalisti. E con noi non ha nulla da spartire. Nemmeno i contributi figurativi. Eh sì, caro onorevole D’Alema. Se non sbaglio lei è parlamentare dal 1987. Come parlamentare prende una bella indennità (15mila euro al mese) più gli altri benefit, compreso un ricco vitali­zio che comincerà a scorrere nel­le s­ue tasche nel malaugurato ca­so dovesse abbandonare l’onore­vole poltroncina. Non le manca proprio nulla, insomma. A conti fatti credo che lei possa dirsi sia ben ricompensato dalle istituzio­ni per l’alto servigio reso al Paese sottraendo, con enorme sacrifici personali, tempo e energie altri­menti destinate alla sua Ikarus. E allora mi chiedo: perché nel frat­tempo, oltre a queste ricompen­se, lei sta anche maturando, sen­za versare una lira di contributo, una pensione da giornalista pres­­so l’Inpgi? Non le sembra un privi­legio di troppo, un’offesa alla sua nota modestia (scarpe a parte) e soprattutto una pericolosa dichia­razione d’appartenenza alla tri­bù delle iene dattilografe? Il meccanismo dei contributi fi­gurativi, per altro, è una delle più scandalose regalie concesse ai parlamentari. Se uno, per dire, fa l’operaio prende la pensione in base ai contributi che versa; se uno fal’impiegato pure.Se uno fa l’onorevole o il senatore, invece no: oltre al vitalizio parlamenta­re, infatti, prende anche la pensio­ne relativa alla professione (che non esercita) in base ai contributi versati dagli altri. Oscar Luigi Scal­faro, per fare un esempio, ha ver­s­ato i contributi da magistrato so­lo per tre anni, dal 1946 al 1948: eb­bene dal 1988 prende una pensio­ne da magistrato di 7.796 euro al mese (grazie ai contributi versati da tutti i dipendenti pubblici). Non le sembra ingiusto? In un pe­riodo in cui tutti debbono tirare la cinghia, una prebenda dallo Sta­to può bastare. I parlamentari, dunque, scelgano: o il vitalizio da parlamentare, o i contributi figu­rativi. Le pare, caro (carissimo) D’Alema? Nel suo caso,poi,c’è un partico­lare che rende il tutto più odioso: i contributi figurativi, a lei, infatti, glieli versano proprio i giornali­sti. Non è il solo politico, si capi­sce, a godere del benefit Inpgi: so­no nella sua stessa situazione, per esempio, Fini, Gasparri, Veltroni e Mastella. Ma loro, vede, non hanno mai usato nei confronti della categoria le parole sprezzan­ti che le sono consuete. Non han­no mai invitato i lettori a lasciare i giornali nelle edicole. Lei invece sì, l’ha fatto. Lo continua a fare. Continua a ergersi a giudice mora­le della nostra categoria, bistratta il nostro lavoro e non perde occa­sione per darci lezioncine. Mi pa­re che del nostro mondo non le piaccia proprio nulla. A parte i no­stri contributi, s’intende. E allora siamo sicuri che,dall’al­to della sua leggendaria intelli­genza, ne trarrà subito le imme­diate conseguenze e si distingue­rà con un beau geste : «Io, Massi­mo D’Alema, rinuncio alla pen­sione Inpgi...». Non è difficile, ce la può fare. Quella lettera la può scrivere. E così, forse, finalmente potremo trovare un accordo: noi dimenticheremo i suoi insulti, lei dimenticherà i nostri soldi. Ognu­no versi i suoi contributi, ognuno si paghi la sua pensione. Perché, vede, le sembrerà strano, ma la co­sa brutta, di questi tempi, non è tanto essere delle iene. Quanto piuttosto essere dei parassiti.