Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 28 Giovedì calendario

L’ex toga rossa finita alla corte del Cavaliere - Certa è la sua amicizia con Cesare Previti, come assoluta è la dedizione a Berlusconi e al perseguimento di un sogno inseguito dai falchi del Pdl: l’immunità pressoché totale per i parlamentari sotto inchiesta

L’ex toga rossa finita alla corte del Cavaliere - Certa è la sua amicizia con Cesare Previti, come assoluta è la dedizione a Berlusconi e al perseguimento di un sogno inseguito dai falchi del Pdl: l’immunità pressoché totale per i parlamentari sotto inchiesta. Ma il carattere socievole e brillante evidentemente non gli ha impedito di coltivare buoni rapporti con il «nemico» se vero, come è vero, che il presidente dell’Anm Luca Palamara lo ha scelto come testimone di nozze. Sessantuno anni, romano, Nitto Francesco Palma di leggi se ne intende. Ha fatto il magistrato fino al 2001; da quell’anno è stato deputato e quindi senatore, partecipando a quasi tutte le Commissioni che hanno a che fare con la giustizia. Numerose e spesso ardite sono state le sue offensive nella guerra ventennale fra il leader del Pdl e la magistratura. Una per tutte, la proposta di introdurre in Italia il modello spagnolo per l’immunità: blocco delle indagini e dei processi per i parlamentari fino alla scadenza del mandato, con sospensione dei tempi di prescrizione e compreso l’effetto retroattivo per chi era già sotto inchiesta. Non male, soprattutto se si considera che l’emendamento firmato Nitto Palma è datato 2002, epoca dell’inchiesta e del processo Imi-Sir contro il senatore e amico Cesare Previti. Le opposizioni scatenarono la guerra contro la norma che non passò. Ma lui ci ha riprovato tante volte negli anni successivi, distinguendosi come frenetico «garantista» quando ha proposto una Commissione d’inchiesta su Tangentopoli. Ne era trascorso già tanto, di tempo, da quando Nitto Palma aveva indossato per la prima volta la toga: giudice istruttore a Vicenza fino al 1979, pm a Roma fino al ’93, quindi sostituto procuratore nazionale antimafia e, per un anno, vicecapo di gabinetto e direttore dell’ufficio relazioni internazionali del ministro di grazia e giustizia Alfredo Biondi. Sono in tanti a ricordare la sua lunga attività di pm nella procura di Roma, alle prese con processi importanti contro il terrorismo nero e rosso ma anche con inchieste scottanti come quella su «Gladio». Per quella indagine chiese l’archiviazione, e la ottenne. Simpatico, brillante, il pm si distingueva per il rigore con cui era solito controllare le carte. Non solo nel lavoro: fece il giro della procura la sua scoperta, in seguito a una rapida e rigorosa «indagine», di un conto gonfiato in un ristorante. «E pensare che all’inizio della carriera Nitto Palma era una toga "rossa" - ricorda un suo collega -. Proprio così, militava in "Magistratura Democratica", la corrente più a sinistra». Il futuro senatore, però, pose presto rimedio all’errore giovanile, migrando nelle fila della conservatrice «Magistratura Indipendente». I vecchi amici nella procura romana ricordano che già in quegli anni manifestava la sua volontà intraprendere, prima o poi, la carriera politica. Era introdotto bene negli ambienti che contavano, anche grazie al suo matrimonio con la figlia di Ugo Dinacci, amico di Andreotti e Vitalone, ex capo degli ispettori di via Arenula che indagò per conto del Guardasigilli sui magistrati del pool di Milano protagonisti di Tangentopoli. Suo cognato, Filippo Dinacci, è uno degli avvocati della famiglia Berlusconi. Non è che i colleghi lo abbiano visto spesso in aula. Un cronista si è preso la briga di fare un po’ di conti sull’attività d Nitto Palma, scoprendo che il senatore ha partecipato al 14,45 per cento delle sedute a Palazzo Madama. Le sue assenze, però, non superano il 7,62 per cento. Come spiegare il mistero? E’ presto detto: nel 77,93 per cento dei casi il senatore è risultato in missione.