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 2011  luglio 28 Giovedì calendario

IL MERCOLEDÌ DELLA PALMA

Il capo dello Stato, ieri pomeriggio, ha detto sì al nuovo Guardasigilli amico dell’avvocato corruttore Cesare Previti, già ministro e deputato berlusconiano. Il successore di Angelino Alfano si chiama Francesco Nitto Palma ed è pure un magistrato in aspettativa, a dieci anni dalla sua prima elezione in Parlamento, nel 2001. Ennesima conferma che le norme punitive che B. vorrebbe per i “magistrati brigatisti e comunisti” in politica non valgono per i pm considerati amici. A tutt’oggi i giudici dimessisi per un seggio parlamentare sono solamente tre: Luciano Violante, Antonio Di Pietro, Luigi De Magistris.
LA “TOGA AZZURRA”
Nitto Palma, attuale sottosegretario all’Interno, è quindi “la figura di alto profilo” chiesta dal Colle per occupare il posto lasciato libero da Alfano, eletto segretario del Pdl. La quarantenne Anna Maria Bernini, ex finiana oggi fedelissima del Cavaliere, si è invece accontentata delle Politiche comunitarie, la poltrona che fu di Andrea Ronchi. La Bernini (suo padre Giorgio, giurista di Bologna, è stato ministro nel primo governo Berlusconi nel 1994) è stata infatti bocciata qualche settimana fa per la Giustizia. “Giovane e inesperta” secondo la moral suasion del Quirinale (che nel 2008 fece le stesse osservazioni anche per Alfa-no, che però passò lo stesso). Con Palma in via Arenula, si realizza per la prima volta in 17 anni il sogno dei falchi ultrà del berlusconismo: la previtizzazione della Giustizia. Non è un caso se Palma, nel 1994, entrò nello staff giuridico dell’allora Guardasigilli Alfredo Biondi, passato alla storia per il decreto salva-ladri. Su Palma, si è rimangiata la parola anche la Lega, tanto per cambiare. All’inizio della settimana, l’ultimatum chiaro di Roberto Calderoli: “Vogliamo un ministro che non parli con gli avvocati del premier”. Ieri, il capogruppo leghista alla Camera Marco Reguzzoni ha salutato la promozione di Palma come “una nomina di alto profilo”. Fa nulla se poi il disco verde all’investitura è venuto da un decisivo colloquio a tre tra il premier, Alfano e Niccolò Ghedini, legale di B. e ideatore di gran parte delle leggi ad personam.
Da magistrato, Palma si è guadagnato la nomea di “insabbiatore” per il caso Gladio (era alla procura di Roma) e ancora prima si è occupato del maxi-processo alle Brigate Rosse, che definì “banda criminale non organizzazione politica”. In questi giorni è stato scritto anche del suo rapporto con Luca Palamara, presidente dell’Anm: il neoministro è stato suo testimone di nozze. Ieri, Palamara ha evitato domande su questo tema e si è limitato a dire: “Con il nuovo ministro ci relazioneremo dal punto di vista istituzionale come accaduto in questi anni”. Insieme con Donato Bruno, presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera e altro candidato per via Arenula, Nitto Palma è la punta di diamante della falange previtiana nel Pdl. L’“amico Cesare”, raccontano, ieri sarebbe stato uno dei primi a fargli le congratulazioni per telefono. Specialista di leggi ad personam, Palma ha fatto di tutto per salvare Previti dalla galera. Del resto proposte e idee del nuovo Guardasigilli sono chiare da dieci anni, dal giorno in cui, cinquantenne, varcò per la prima volta il portone di Montecitorio.
NEL TOTOMINISTRI di allora, nel 2001, il Giornale di famiglia gli pronosticò un posto da sottosegretario alla Giustizia. Ma non ce la fece, nonostante un’intervista altisonante al quotidiano berlusconiano. Il suo pensiero: “La separazione delle carriere è un obiettivo di fondo che va attuato. La tesi che i pm devono avere la cultura della giurisdizione non mi convince”; “l’individuazione dei reati non può essere lasciata a chi non ha responsabilità politica”; “non ho mai ritenuto deflagranti le dichiarazioni dei pentiti, ma piuttosto l’uso che di tali dichiarazioni è stato fatto”. Un anno dopo, nel 2002, Palma propose il ritorno all’immunità totale per i parlamentari, ma B. fu costretto a fare marcia indietro per le proteste dell’alleato Casini. Previti si infuriò più di tutti. Tenace, Palma ci riprovò nel 2003. Previti fu condannato in primo grado per Imi-Sir e la sera “l’amico Nitto” era al suo fianco in una puntata di Porta a porta che scatenò numerose polemiche (la presidente Lucia Annunziata non voleva Previti in studio, ma il dg Cattaneo diede il via libera). Due settimane dopo, il tenace Palma lanciò un lodo Maccanico per legge ordinaria riservato a premier e ministri e loro coimputati. Fu ammirevole nella sua sincerità: “Parliamoci chiaro, si estende la sospensione del processo Sme al coimputato Previti”. Il 2004 è invece l’anno della ex Cirielli, denominata “salva-Previti”. Una sequenza impressionante per la “figura di alto profilo” approdata in via Arenula. Un altro pallino di Palma è stata poi la commissione d’inchiesta su Tangentopoli, “per capire come mai le indagini abbiano colpito in maniera seria alcuni partiti e solo marginalmente altri”. Nel marzo del 2010 è stato coinvolto in un caso di patenti false a Torino. La sua posizione è stata archiviata. Palma è un falco ma non disdegna l’inciucio. Nel 2005, lui e Previti osarono l’impossibile, facendo infuriare B.: accettare il nemico Violante alla Consulta in cambio del sì bipartisan a Donato Bruno. Disse Palma: “Se fossi ancora magistrato e guardassi dall’esterno rimarrei colpito e sbalordito. Dall’interno non mi scandalizzo: questa è la politica”. La stessa che ieri lo ha promosso ministro.