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 2011  luglio 28 Giovedì calendario

ALLA RICERCA DEL RENDIMENTO A BREVE

Vivacchiare, senza rischiare. Ovvero parcheggiare i propri risparmi in un investimento sicuro, con un rendimento pari almeno all’inflazione. È questa, in sintesi, l’aspettativa che ha un investitore medio, poco avvezzo agli azzardi, nell’attuale situazione di alta volatilità dei mercati finanziari. E tra le diverse alternative proposte allo sportello per la gestione della liquidità, nelle fasi di crisi torna puntualmente in voga lo strumento dei pronti contro termine (pct o p/t).

I Pct sono contratti finanziari con cui la banca riceve liquidità dal cliente, a fronte di una cessione momentanea di titoli (di solito di Stato o bond privati emessi spesso dallo stesso istituto di credito); contemporaneamente la banca si impegna con il cliente al riacquisto dei titoli a una certa data e a un prezzo prefissato, che incorpora un rendimento. Somme che vengono prima addebitate e poi accreditate sul conto corrente del cliente, in genere determinate di comune accordo tra le parti contraenti. Ma oltre al potere contrattuale dei due soggetti coinvolti, nella definizione dei tassi d’interesse di ogni singola operazione entrano anche in gioco altri fattori specifici quali il merito creditizio, il grado di liquidità dei titoli sottostanti e la durata dell’operazione. E a parità di scadenza, fino a pochi mesi fa, prima dell’esplosione dei rischi sottostanti i titoli governativi, un Pct con sottostante bond bancari, per esempio, riconosceva un rendimento superiore intorno allo 0,5% in più di quelli offerti da Pct con sottostanti titoli di Stato. Quest’ultimo era ritenuto più sicuro e quindi riconosceva un tasso minore. Attualmente le parti si sono quasi invertite.

Una forma d’investimento, comunque, che non subisce la volatilità dei mercati, consentendo al risparmiatore di conoscere in partenza il guadagno che realizzerà dall’investimento, che di solito viene proposto in soluzioni temporali variabili da uno a sei mesi fino a un massimo di un anno. Anche se attualmente, con il progressivo rialzo dell’inflazione, l’attrattività dei rendimenti offerti dai pronti contro termine proposti allo sportello è in netto calo (si veda l’articolo in pagina). Occorre poi considerare che si tratta di un investimento vincolato, dove i rendimenti sono riconosciuti solo a scadenza. In più, va ricordato che i guadagni conseguiti con questi strumenti sono tassati attualmente con aliquota fiscale del 12,5%. A limare i rendimenti contribuiscono anche i costi da sostenere per l’investimento. Sui Pct le banche in genere tendono a ridurre al massimo gli oneri per i clienti e non prevedono quasi mai costi di sottoscrizione. Tuttavia gli istituti quasi sempre richiedono l’apertura di un deposito titoli, che alla luce del recente rincaro dell’imposta di bollo può avere una notevole incidenza nella valutazione della convenienza dell’investimento. Alcune banche non richiedono l’apertura obbligatoria di un dossier titoli per appoggiare i Pct (vedi «Plus24» del 23 luglio scorso) e potrebbero sfruttare sempre di più questa specificità come leva di marketing allo sportello.

Quanto poi alla loro effettiva sicurezza, i pronti contro termine, a differenza dei depositi bancari, non godono delle tutele previste dal Fondo interbancario di garanzia. I Pct sono una forma d’investimento che è soggetta al rischio di controparte, cioè al rischio che la banca non riesca ad adempiere all’impegno di "riacquistare" i titoli sottostanti alla prestabilita scadenza. Un’eventualità remota, ma che occorre mettere in conto. In questo caso, al cliente non rimane che procedere alla vendita sul mercato dei titoli in suo possesso ed è bene, quindi, prestare attenzione alla qualità del sottostante che rappresenta una sorta di "ultima garanzia" per l’investitore finale. Si aggiunge quindi un rischio insolvenza anche dell’emittente dei titoli che compongono il sottostante. E nel caso in cui il sottostante sia rappresentato da titoli della stessa banca, il rischio controparte e il rischio emittente coincidono.