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 2011  luglio 27 Mercoledì calendario

«FIAT PIÙ FORTE CON CHRISLER»

L’utile di Fiat aumenta oltre le attese, ma la crescita del debito spaventa i mercati e il titolo perde il 4,46% in Borsa. Il consolidamento della Chrysler dal 1° giugno ha contribuito positivamente alla redditività operativa del Lingotto e ha portato in dote anche una plusvalenza di 2 miliardi di euro sulla partecipazione Chrysler.

Vediamo i numeri principali: i 525 milioni di utile di gestione del secondo trimestre a livello consolidato hanno superato le attese degli analisti; 187 sono quelli guadagnati da Fiat Group Automobiles, 150 (in un solo mese) da Chrysler, 110 dai componenti e 91 da Ferrari e Maserati. I ricavi sono saliti (con un mese di Chrysler) a 13,1 miliardi di euro dai 9,3 dello stesso periodo del 2010. L’utile netto è balzato a 1,237 miliardi di euro grazie alla plusvalenza citata all’inizio, parzialmente compensata da alcune svalutazioni di attività Fiat; senza i proventi straordinari il gruppo avrebbe guadagnato 156 milioni di euro (193 milioni nell’intero primo semestre), divisi a metà tra Chrysler e il resto del gruppo.

L’azienda americana prosegue sulla strada della ripresa. Il passivo di 370 milioni di dollari per la minusvalenza sul rimborso dei prestiti ai Governi americano e canadese diventa, senza poste straordinarie, un profitto di 181 milioni (i conti erano in rosso nel 2° trimestre 2010). I ricavi in crescita del 30% a 13,7 miliardi hanno spinto il risultato di gestione oltre i 500 milioni, con un margine del 3,7%; l’azienda ha riportato la quota del mercato Usa sopra il 10 per cento e Marchionne ha detto che l’obiettivo di vendere 2 milioni di auto nel 2011 «è alla nostra portata».

Le previsioni per fine anno del gruppo Fiat sono state riviste per tener conto del consolidamento di Chrysler: 58 miliardi di euro di ricavi, 2,1 di utile di gestione, 1,7 miliardi di utile netto, indebitamento a 5-5,5 miliardi. Proprio questo numero – superiore alle attese – ha penalizzato il titolo Fiat, che ieri ha perso il 4,5% a 7,17 euro; il mercato teme la crescita dei debiti, saliti da 489 e 979 milioni per la sola Fiat, ma che arrivano a 3,4 miliardi di euro con Chrysler e che cresceranno come detto a 5-5,5 miliardi a fine 2011. Il gruppo ha una liquidità complessiva di 20 miliardi, ma sia Fiat che Chrysler bruceranno liquidità nella seconda metà dell’anno, in parte per un previsto aumento degli investimenti.

Per quanto riguarda i settori, l’auto in Europa resta il tallone d’Achille: l’utile di gestione è rimasto al livello del 2010 (187 milioni di euro contro 185) grazie al buon andamento di veicoli e commerciali e Brasile, che hanno compensato il terreno perso in Europa. Marchionne ha parlato di «mercato certo non in buona forma e malato per quanto riguarda i prezzi». In arrivo per Fiat Auto è un ridimensionamento della rete commerciale. Bene Ferrari e Maserati, bene i componenti di Marelli, Comau e Powertrain.

Marchionne e l’intero cda della Fiat, compreso il presidente John Elkann, erano ieri in Brasile per il cda. Il manager ha risposto in due teleconferenze alle domande su Chrysler (da parte di analisti e giornalisti Usa) e su Fiat (in cui hanno potuto fare domande solo gli analisti finanziari); l’amministratore delegato di entrambe le aziende ha sottolineato l’importanza del momento – «non si può più guardare a Fiat rivolti al passato» – ma ha colto anche l’occasione per un messaggio molto esplicito sul piano Fabbrica Italia.

«La gente non ha capito che adesso la nostra struttura produttiva ci permette ora un ventaglio di scelte molto più ampio: un gruppo da 4 milioni di auto l’anno può scegliere tra molte più opzioni su dove produrre». È la prima volta che Marchionne parla dopo la sentenza del Tribunale di Torino sul ricorso Fiom contro il contratto di Pomigliano. Il messaggio è chiaro: «Fiat non ha nessuna intenzione di ridiscutere accordi già firmati dalla maggioranza dei lavoratori. Non ci lasceremo sottomettere con le minacce».

Marchionne non evoca esplicitamente spostamenti di produzioni all’estero, ma se l’investimento a Pomigliano è troppo avanti per essere bloccato, quelli a Mirafiori e a Grugliasco sono in bilico. «Il sistema industriale non può funzionare in condizioni di instabilità. Non è Fiat a scegliere i tempi e le condizioni di mercato, ma dobbiamo poter reagire immediatamente per poter competere. Fiat ha già fatto molto di più di quanto farebbe un investitore razionale. Il problema è del sistema Italia. Sarebbe un peccato se non cogliesse quest’occasione».