Paolo Bracalini, il Giornale 27/7/2011, 27 luglio 2011
Gli okkupanti sfasciano il teatro che fa gola ai privati - Unoceanomaredi «okkupazione » e lì dentro a sguazzare molti furbetti dell’auto-promozione, che hanno fiutato la convenienza e dunqueappaiono, solidarizzano, cantano, sottoscrivono (Zucchero, Jovanotti, Scamarcio, Moretti, Camilleri, eieriseraminishowdiMarcoTravaglio con letture di Montanelli e Calvino), per unirsi al mainstream politico
Gli okkupanti sfasciano il teatro che fa gola ai privati - Unoceanomaredi «okkupazione » e lì dentro a sguazzare molti furbetti dell’auto-promozione, che hanno fiutato la convenienza e dunqueappaiono, solidarizzano, cantano, sottoscrivono (Zucchero, Jovanotti, Scamarcio, Moretti, Camilleri, eieriseraminishowdiMarcoTravaglio con letture di Montanelli e Calvino), per unirsi al mainstream politico. Nel frattempo la revolución del Teatro Valle taglia le gambe a progetti che avrebbero rilanciato perdavveroquelgioiellosettecentesco. Uno su tutti, «Sette mosse per il Valle»,firmato da Alessandro Baricco e finanziato da Oscar Farinetti, imprenditore «utopista» (non certo destrorso, come neppure lo scrittore) fondatore di Unieuro e poi di Eataly, sortadisupermercatigastronomici già sbarcati a New York, era quello più avanzato tra i diversi soggetti (il Franco Parenti di Milano, il Teatro di Roma, il Teatro Stabile di Calabria, la società di Luca Barbareschi, anche un teatro pubblico tedesco) interessati a rilevare con bando pubblico il Valle, finora disastrosamentegestitodalcarrozzonepubblico Eti (Ente teatrale italiano), fortunatamente soppresso nel 2010. Un’idea messa nero su bianco da Baricco che aveva suscitato l’entusiasmo del sindaco Alemanno e dell’ex ministro della Cultura (alcuni punti dal progetto che il Giornale ha potuto leggere: «Uscire dall’angolo del teatro di prosa e diventare luogo di qualsiasi spettacolo; il Valle come un terminal dove passano treni che provengono da ovunque, vanno in ognidirezione, etrasportanoilmondo; ritorno al mercato, ciò che è premiato dal pubblico rende molto, ciò chenonpiacealpubblicorendemeno »). Tutto congelato, al motto populista «via i privati, il Valle resti pubblico », nuovo mantra del movimentismo da social- network. Il risultato è surreale:da 46 giorni il teatro è occupatomal’occupazionelapagaloStato, privato di un suo bene. Al simpatico costo di circa 5mila euro al giorno, tra utenze,affitti (il foyer e l’abitazionedelcustodesonoproprietàdel marcheseCapranicadelGrillo, 2mila euro al mese), assicurazioni, Siae, materiale elettrico e fonico, e poi il personale. Unaspesastimata, acarico del ministero dei Beni culturali, che si aggira complessivamente attornoai250milaeuro. Tragli «stipendiati » per occupare ci sono quattro dipendenti a tempo indeterminato ex Eti, ora in forza al ministero, pagati da Galan per garantire l’accesso e l’uso del teatro agli occupanti anti governo. Una beffa che sfiora il ridicolomachenonsembrafermarsi, visto che gli occupanti annunciano un cartellone per il 2011-2012. Sì, ma chi paga? Sempre il ministero. Nel mentre le norme sulla sicurezza, sull’agibilitàdeglispazidelladelicatastrutturasettecentesca, suidiritti d’autore, sono saltate a pie’ pari, configurando una serie di abusi e violazioni che tuttavia non sembranoimpensierirepiùditantoilComunediRoma, pocopropensoamettersi contro una protesta avallata da vip e ormai assurta a simbolo. In effetti il caso Valle è tutto politico, la cultura c’entra poco.Una«etichetta », com’è stata definita, che non tiene conto di quel che è successo al Quirino di Roma o alla Pergola di Firenze. L’altro storico teatro romano, nel 2009, ha scelto «una formula che affida alla professionalità e managerialità specifica di soggetti imprenditoriali il patrimonio di competenze del Teatro Quirino», si legge nel comunicato stampa di quei giorni. Così anche per l’antichissimo teatro fiorentino della Pergola, trasferito a una fondazione cui parteciperanno vari soggetti. In quei casi la «privatizzazione» è stata indolore, per il Valle invece no. Il ritorno al pubblico è un bello slogan cheperòhadietrodisémacerieedissesti. Prima dello scioglimento dell’Eti edeltrasferimento(inbasealfederalismodemaniale) delVallealComune di Roma ( che poi lo ha inserito nel progetto Roma Capitale), il teatro pubblicoVallehacollezionatorisultati piuttosto disastrosi. Un consuntivo dal 2000 al 2010 spiega che il costo netto giornaliero della struttura è stato di circa 5mila euro, l’incasso corrispondente 693 euro. Uno sbilancio totale, in dieci anni, di 18milioni di euro, equivalente a un buco annuo medio di 1.800.000 euro. Il settimanale di sinistra Left ha evidenziatopoiunastranaseriediavanzamenti e promozioni fatti a ridosso delloscioglimentodell’entecuifaceva capo il Valle. «Anomalie e/o contraddizioni », come sottolinea una relazione della Direzione generale BilanciodelMibac, delmaggioscorso. Una fotocopia delle voragini che attraversano la storia dell’Eti, chiuso il 31 maggio 2010 con un decreto. L’ultimo bilancio registrava conti dasuicidio: 3,7milionidientratenette, quasi 5milioni di costo personale, 5,6 milioni di perdita netta. Inevitabile chiuderlo, anche se «pubblico è bello », come rivendicano gli occupanti a oltranza. Qualche novità potrebbe esserci, si vocifera di un recentissimo incontro tra il sindaco AlemannoelacoppiacreativaBaricco- Farinetti. «Com’è triste la prudenza » scrivono sui lenzuoli gli occupanti. Vale anche per sindaco e ministri.