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 2011  luglio 27 Mercoledì calendario

Spunta il «tesoro» di Cossiga: venti computer e 60 cellulari - Avevainiziatocomeradioa­matore dilettante (nome in codice Iofcg), quasipercaso: immobilizza­to da un brutto incidente stradale si era fatto montare un «baracchino» perché «di notte non dormivo, e mi divertivo ad ascoltare, poi ho inizia­to anche a comunicare»

Spunta il «tesoro» di Cossiga: venti computer e 60 cellulari - Avevainiziatocomeradioa­matore dilettante (nome in codice Iofcg), quasipercaso: immobilizza­to da un brutto incidente stradale si era fatto montare un «baracchino» perché «di notte non dormivo, e mi divertivo ad ascoltare, poi ho inizia­to anche a comunicare». Non ha più smesso, tanto che, quando venne eletto presidente della Repubblica nel 1985, France­sco Cossiga si fece trasferire la po­stazione in cima al Colle, nelle stan­ze del Quirinale. Ma la sua passio­ne per la tecnologia, iniziata fin da bambino («Per pagarmi il cinema aggiustavo le lampadine a casa di mio zio»), lo ha portato a diventare uno dei massimi esperti di high te­ch e telecomunicazioni del nostro paese. A casa sua aveva una venti­na di computer e almeno sessanta telefoninicellulari, oltrea360faldo­ni di documenti del suo archivio personale. Zeppo, è facile immagi­nare, di segreti della Prima repub­blica, e non solo di quella. «Se ci mette le mani Wikileaks succede un pandemonio», scherza il figlio Giuseppe Cossiga. Che ieri, a quasi un anno dalla morte dell’ex capo di Stato, insiemeallasorellaAnnama­ri­a e ad un pugno di amici del presi­dente emerito (il giornalista Pa­squale Chessa, il presidente del­l’Adnkronos Pippo Marra, l’ex ca­po della Protezione civile Giusep­pe Zamberletti) ha annunciato la costituzione dell’associazione Francesco Cossiga. E chissà che ne avrebbe detto, quella linguaccia delPicconatore, diunaOnlus(orri­bile acronimo che sta per Organiz­zazione non lucrativa di utilità so­ciale) intitolata a suo nome, e bene­ficiaria del 5 per mille. Obiettivo, la valorizzazione di una storia e una memoria «che non riguarda solo mio padre, ma un pa­trimonio di idee e sentimenti», ol­tre che di immensa documentazio­ne. E ci vorranno archivisti profes­sionali per farlo, vista la mole di ma­teriale e la sua delicatezza. Il lavoro è già iniziato da mesi, in silenzio: «Ci sarà anche un avvio silenzioso per questa attività. Ci terremo il più possibile lontani dalla politica- as­sicura Giuseppe Cossiga- anche se qualcuno ci ha già chiesto di tirare fuori la corrispondenza tra Almi­rante e mio padre, tra lui e Gianfran­co Fini. Lo faremo, ma non doma­ni ». Non che da quelle carte ci si at­tendano rivelazioni deflagranti: «Non ci aspettiamo di trovare la prova provata dell’abbattimento del DC9 a Ustica, questo no, ma car­teinteressantisicuramentesì ». An­che se i criteri di archiviazione so­no duri da interpretare ( «Solo lui sa­peva dove trovare cosa») e da deci­­frare: «La sua grafia non è semplice da decriptare: ci è già successo di riunirci attorno a un foglio e scopri­re che si trattava di un semplice bi­glietto di auguri ». In più aveva mille interessi: dalla storia della Sarde­gna alla teologia (con una erudita passione per il pensiero del cardi­nale John Henry Newman). E, natu­ralmente, l’high tech. La sua casa romana in Prati era coperta da ogni tipo di wireless e banda larga, e do­tata anche di «scudi» anti-intercet­tazioni, che rischiavano di«manda­re in tilt le comunicazioni dell’inte­ro quartiere», scherzano i figli. «Sembrava il Norad Headquarter di Colorado Springs (il Centro di controllo della difesa aerea Usa, ndr ) », conferma uno dei migliori amici di Cossiga, Michelangelo Agrusti: friulano, ex parlamentare Dc, membro della Onlus dedicata al Picconatore e amministratore delegato di Onda Communica­tion, azienda leader in Italia per le tlc. Azienda all’avanguardia che usava a piene mani la indiscussa competenza di Cossiga: «Era il no­stro principale collaudatore - rac­conta Agrusti - gli portavamo ogni nuovo prodotto elettronico prima di metterlo sul mercato, dai telefo­nini alle chiavette Usb ai router, e lui li metteva alla prova e poi invia­va una dettagliatissima relazione su ogni pregio e difetto». Si entusia­smò per l’ultimo nato, il primo ta­blet made in Italy di Onda e dopo averlo provato telefonò entusiasta adAgrusti:«Michi,quandoescevo­glio essere il testimonial», gli an­nunciò. Ma non fece in tempo.