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 2011  luglio 27 Mercoledì calendario

«Non mi basta l’assoluzione e un “sorry”» - «Dovevo consegnare una cam­pana ». Una campana? «Una campana per una chiesetta apollaiata sul lago di Como

«Non mi basta l’assoluzione e un “sorry”» - «Dovevo consegnare una cam­pana ». Una campana? «Una campana per una chiesetta apollaiata sul lago di Como. Inve­ce... ». Invece, principe? «Invece su lungolago di Varenna vengo avvicinato da due tizi vestiti in borghese, e pure bene». E che le dicono? «“Ci segua, lei è in pericolo”». In pericolo? «In effetti da quel momento in poi qualcosa ho rischiato». Vittorio Emanuele di Savoia è sul­la spiaggia incantata di Cavallo in Corsica. La linea è disturbata; per un attimo si sente solo il vento, poi la voce del principe ritorna forte: «I poliziotti mi hanno infilato in una Punto». L’hanno ammanettata? «No, quello no». Il cognome Savoia vorrà pur di­re qualcosa. «Il cognome Savoia attira molti in­vidiosi, menagrami e articoli vari. Io ero in un buon momento, ero sta­to dal Papa, qualcuno ha pensato bene di distruggermi». Torniamo sulla Punto. «Un poliziotto si addormenta, gli altri tacciono, io mi trovo in arresto per una sfilza di reati». Secondo Henry John Woodcock lei sarebbe un corruttore. «Non ho molta dimestichezza con i soldi. Dovrei andare a scuola per imparare a corrompere». La prostituzione? «Gli amici mi hanno preso in giro: “Mai ha tutte queste frequentazio­ni? Perché non ce l’hai detto pri­ma?” ». Principe, non la fa troppo faci­le? «Woodcock e la procura di Poten­za mi hanno intercet­tato e hanno in­tercettato personaggi come Ugo Bo­nazza per un anno e mezzo. Ma lei ha presente cosa vuol dire intercetta­re Bonazza per un anno e mezzo?». Bonazza parla come una mitra­gliatrice. «E quando parla non si capisce niente. Parlavamo, progettavamo, fantasticavamo, immaginavamo il nostro futuro». Secondo Woodcock commette­vate dei reati. «Ma quali reati?». Per la Procura di Potenza Bonaz­za, un piccolo imprenditore ve­neto, era il cervello dell’associa­zione a delinquere. «Bonazza è un ottimo amico. Ab­biamo fatto insieme la pesca al trai­no. Ma i record li ho fatti da solo: ho preso un tonno da 160 chili». Principesco. Come principesco è stato anche il suo trattamento in cella. Con lei quel 16 giugno 2006 hanno arrestato pure il suo segretario, Nicolino. È vero che in cella Nicolino le faceva il let­to? «Ma si figuri, era estate, faceva cal­do ». Woodcock? «È arrivato all’interrogatorio in ri­tardo, è stato tre minuti e se n’è anda­to ». Che idea s’è fatto di Woodock? «Nessuna». Non si sottovaluti. «Non c’entra con Woodcock, pe­rò mi viene in mente un proverbio ». Quale? «Bello bello, ma con niente nel cer­vello ». E non c’entra? « No, non c’entra». Quando l’hanno messa ai domi­ciliari si è sentito sollevato? «Mica tanto. Io non ho case in Ita­lia, forse non posso nemmeno aver­le. È la tredicesima». La tredicesima disposizione transitoria in fondo alla Costitu­zione? «La tredicesima». Poveretto. E come se l’è cavata? «Sono andato da amici ai Parioli. Poi all’Argentario». Una vita difficile. «Non faccia lo spiritoso. Pensi che poi mi hanno liberato ma mi hanno dato il divieto di espatriare». Un’umiliazione? «Ma scusi, prima mi mandano in esilio, poi mi dicono che non posso lasciare l’Italia». Che ha fatto? «Ho preso un appartamentino in corso Vittorio Emanuele a Milano: i nomi di famiglia aiutano a non di­menticare l’indirizzo. Ma a parte le battute, questa vicenda mi ha molto leso». Lesa maestà? «Lei non sa che danno mi ha pro­vocato l’indagine di Potenza in Italia e soprattutto all’estero. Si leggevano queste storie incredibili: il principe che intrallazza, il principe dentro una banda di delinquenti, il princi­pe che va con le zoccole». A proposito, nelle intercettazio­ni lei parla di zoccole a ripetizio­ne. «Sono frammenti cuciti insieme. Non sono mai stato con una prostitu­ta, io sono sempre con mia moglie. Siamo inseparabili, come la Legione straniera». In cella lei viene immortalato in un video mentre spiega come ha sparato quella notte in Corsica. «Fandonie. Nella gamba di quel ragazzo sfortunato fu trovato un pro­­iettile di P38, io impugnavo una cara­bina. Non sono chiacchiere, ma fat­ti. Sono stato assolto in Francia». L’inchiesta spezzatino è stata di­visa in diversi tronconi. L’assolu­zione definitiva, dopo le prime archiviazioni, è arrivata a set­tembre scorso. Ha festeggiato? «Un bicchierino di champagne con mia moglie e mio figlio in un ho­tel di Parigi. Per fortuna ho risalito la china». Il danno è superato? «All’inizio mi hanno buttato fuori da molti club.Poi,col tempo,mi han­no richiamato. Sono stato al matri­monio di Alberto di Montecarlo: ab­biamo festeggiato per tre giorni. E pu­re al funerale di Otto d’Asburgo. Ero ben piazzato». Otto, il primo Asburgo che non è stato imperatore come lei è il pri­mo Savoia che non ha fatto il re. «Sì, abbiamo avuto destini simi­li ». Però al matrimonio di William e Kate non s’è visto. «Sa, fra i Savoia e i Windsor non ci sono grandi rapporti. È dai tempi del­la guerra che è così». Adesso ha voltato pagina? «Gli inglesi hanno un termine così geniale: sorry ». Sorry ? « Ti dicono sorry , ci scusi, e arrive­derci. Eh no». No? « Sorry un c...». Le hanno portato via l’Italia inte­ra, ora lei potrebbe raggranella­re qualche migliaio di euro per l’ingiusta detenzione subita.Fa­rà causa alla repubblica? «Ci penserò. Io vorrei anche sape­re quanto è costata questa indagine. Comunque, mi tutelerò: è una que­stione di principio. Anzi, di princi­pe ».