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 2011  luglio 27 Mercoledì calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 138 - IL CONTE SENZA SOLDI

Come andava intanto la Crimea?

Il conte era sottoposto all’esercizio più difficile: aspettare. Era riapparso il colera, per via forse del troppo caldo. Fece allora venire il padre Giacomo, della Madonna degli Angeli. «Padre, mettiamo ch’io muoia, mi farebbe far la fine di Santa Rosa?». «No, glielo garantisco». «Io sono un buon cattolico, non credo che per via delle leggi...». «Le darò i sacramenti. Ha la mia parola».

Quindi Cavour non era così ateo. E non tutti i preti erano come monsignor Fransoni.

Penso che anche nella richiesta dei sacramenti vi fosse una ragione politica. Le leggi cosiddette anticlericali, nella mente di Cavour, non erano dirette contro la Chiesa, ma contro gli abusi della Chiesa. Niente gioverà alla Chiesa l’aveva detto e l’avrebbe detto mille volte - come la libertà, in questo caso libertà anche dalle questioni terrene, fino alla libertà dal pesantissimo giogo del potere temporale. Prendendo i sacramenti, Cavour pensava di dare al mondo un’ulteriore spiegazione del suo modo di vedere la cosa. Quanto ai preti, ne esistevano di tutti i tipi, compresi i preti anticlericali che sedevano in Parlamento dalla parte di Brofferio.

Siamo nell’estate del 1855?

Sì. Le lettere ci consegnano l’immagine di un uomo stanco, che si guardava allo specchio e vedeva una faccia gialla, disfatta. Gli veniva la febbre troppo spesso, ed era chinino a tonnellate. E salassi. Cavour non ci credeva più. Era rimasto senza soldi e scrisse a Corio di vendere qualcosa - grano, qualunque cosa - e di mandargli 40 mila lire. Corio non voleva, s’era messo in testa che i prezzi sarebbero saliti, che fosse meglio aspettare. Bisognò spiegargli: poiché lo zar è morto, la guerra finirà presto, riaprirà il Mar Nero e a Genova si rovescerà una quantità impressionante di grano. Altro che aumento dei prezzi. In ogni caso non ho più una lira, i soldi mi servono. Se non vuole vendere il riso, venda l’avena. Se non vuol vendere l’avena, venda la meliga. Se non vuol vendere la meliga, venda i buoi. Ma mi mandi le 40 mila lire. S’era anche scoperto che per dimenticanza di qualcuno lui stesso figurava nella lista di quelli che non avevano pagato le tasse. Il ministro delle Finanze risultava un evasore. « Ad evitare un tanto scandalo, la invito in modo perentorio di far versare la settimana ventura entro le mani dell’esattore la somma di L. 4000 ».

Andava ancora a Leri?

Ogni volta che era possibile, costituendo Leri il suo riposo mentale e fisico. Anche adesso, partito il contingente e ridotto il caso Calabiana alle sue proporzioni, tornò in campagna. Aveva una tale voglia di grano, di concimi, di terra. Passò il primo giorno interamente fuori, corse per tutt’e tre le grange, avrebbe fatto il bagno nelle spighe o nella risaia. Era sempre dell’idea che bisognasse ridurre la risaia e aumentare le colture asciutte. Ma ebbe pietà del terrore di Corio. « Ma sì, ha ragione, forse io sono troppo proclive alle novità, cosa vuole, tale è la mia natura ch’io rimasi più soddisfatto l’anno in cui il reddito del Casone raggiunse lire 20.000 che non sono in oggi che realizziamo un beneficio di oltre 100.000 lire ».

È abbastanza sorprendente che, nonostante l’impegno politico, seguisse con tanta attenzione i lavori della campagna.

Nel ‘59 - al culmine dell’intreccio risorgimentale - andò a trovarlo a Leri il ministro di Francia, che in quel momento era Benedetti. Cavour ne riferì poi alla baronessa Savio. «” Indovini un po’ cosa fece maggior senso all’alter ego in Torino di Napoleone III”. Rimasi in forse, dicendo: “I dissodamenti? I drenaggi? Le macchine?”. “No, no” rispose con aspetto beato “nulla di tutto ciò, ma l’avergli io saputo dire in una stalla, il nome ad una ad una delle quaranta mucche che essa contiene ”». Adesso c’era una macchina per spogliare la meliga che veniva direttamente dall’Esposizione di Parigi. Cavour batteva le mani per come andava a meraviglia. Le girava intorno: « Bisogna attivarla con una forza motrice inanimata, oppure con un cavallo ...». Venne Minghetti, che aveva un’azienda agricola nel Bolognese, e voleva vedere un certo lavoro di drenaggio delle acque che si stava sperimentando quell’anno a Leri. «È un’invenzione degli inglesi» disse il conte. Camminavano per Montarucco, almeno una quindicina di ettari erano disseminati di tubi fatti costruire apposta. S’occupava di tutto un operaio dell’ingegner Henfry, appaltatore della ferrovia Torino-Susa. Cavour spiegò che gli esiti erano dubbi, che era troppo presto per giudicare. Minghetti prese nota di tutto. «Qui, la questione principale è l’acqua. Abbiamo progettato due canali, uno parte da sud della confluenza tra Dora e Po, mi dovrebbe tagliare in due l’azienda. Però la Dora ha l’acqua fredda e silicea, mentre il Po è caldo. Mischiarli farebbe bene alle colture. Un altro progetto prevede di far partire il canale a monte della Dora, c’è un sistema per portar l’acqua nel Vercellese e nella Lomellina».