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 2011  luglio 27 Mercoledì calendario

La formula della guerra - Che ci fa un fisico, esperto di sistemi complessi, con una mappa dell’Afghanistan? Neil Johnson, professore della Miami University, tenta di capire e di carpire - i segreti della violenza

La formula della guerra - Che ci fa un fisico, esperto di sistemi complessi, con una mappa dell’Afghanistan? Neil Johnson, professore della Miami University, tenta di capire e di carpire - i segreti della violenza. La violenza organizzata, dei conflitti asimmetrici, dove una delle parti è uno Stato sovrano, con il suo esercito, mentre l’altra è composta da formazioni clandestine. E’ il caso dell’Afghanistan e in generale è quello della «guerra al terrore». L’obiettivo di Johnson ha qualcosa di cabalistico: la messa a punto di una formula matematica che permetta di prevedere luoghi e tempi di un blitz lanciato da terroristi. Un miraggio per alcuni. Una possibilità concreta per il team interdisciplinare «made in Usa». Che ha prodotto una prima ricerca, ora al vaglio per la pubblicazione su «Science». Il gruppo di lavoro aveva già analizzato, in alcuni studi precedenti, diversi attentati in Iraq e in altre parti del mondo. Johnson è noto per aver adattato una serie di metodologie, «prestate» dalla teoria della complessità e usate per la fisica dei quanti, al mercato finanziario. Ma ora le ricerche che gli stanno dando più notorietà sono proprio quelle sulle guerre di «quarta generazione». Nel caso dell’Afghanistan il professore e i colleghi hanno incrociato i dati che riportano gli attacchi dei talebani e le risposte delle forze occupanti nelle 23 province. E hanno osservato che si avvicinano, con buona approssimazione, a una curva regolare, che s’impenna all’ inizio e in seguito diventa quasi lineare. L’ispirazione statistica è legata alla «power law» - la legge di potenza - elaborata dall’inglese Lewis Fry Richardson: nel ‘48 pubblicò un’ analisi che era la prima statistica dei fenomeni bellici. La curva di Richardson, però, non aveva mai trovato applicazioni pratiche. Johnson, adesso, è convinto che la «power law» possa diventare la base per prevedere l’andamento di un conflitto asimmetrico in un teatro circoscritto. Insomma, dare il via a «war forecasts», previsioni di guerra. L’analisi di Richardson è stata quindi ampliata per includere tempi, luoghi e intensità degli attacchi e le risposte. La chiave per intuire l’evoluzione degli scontri in una zona di guerriglia si nasconde nell’intervallo tra i primi due attacchi. E così Johnson ha ricavato una formula matematica: Tn = T1 n-b. L’equazione mette in relazione il numero di giorni tra un attacco «Tn» e quello successivo con l’elemento «b», calcolato sui logaritmi del numero degli attacchi stessi e l’intervallo temporale «Tn». Ciò che si ottiene si avvicina a una curva progressiva. Più il valore dell’elemento «b» è alto, maggiore sarà la frequenza e la violenza dei blitz. Viceversa, se gli occupanti riusciranno a tenere basso questo valore, maggiore sarà il controllo sul territorio e sulle mosse dei guerriglieri. La curva mostra come sia gli insorti sia gli occupanti imparino dall’ esperienza e migliorino le rispettive «performances» nell’attacco e nella difesa, come nelle risposte e nella prevenzione. Johnson prende in prestito un termine dai biologi evoluzionisti, che l’hanno «rubato» a loro volta dall’«Alice» di Carroll: è il principio della «Regina Rossa», per cui, dopo una folle corsa, Alice e la Regina si ritrovano al punto di partenza. Se in biologia l’espressione spiega l’adattamento reciproco tra predatori e prede, in questa matematica di guerra raffigura l’equilibrio tra due nemici che imparano l’uno dall’altro. Significa, allora, che le guerre di «quarta generazione» sono condannate alla stasi? In realtà, la storia dei conflitti asimmetrici non sembra confermarlo. Anche perché entrano in gioco molte variabili politiche. Che non sono per ora considerate: l’equazione di Johnson, quindi, potrebbe funzionare meglio sul breve o sul medio periodo. Ma restano non poche incognite e una previsione esatta non è ancora possibile. Il punto è che l’elemento «b» varia a seconda delle zone esaminate: il «fisico dei conflitti» ha già inserito variabili come l’identità dei signori della guerra, la produzione d’oppio e la presenza di particolari fattori geografici. E’ sicuro di essere vicino al risultato. Che permetterà a un comandante - è la speranza - di conoscere la data presunta di un attacco o un attentato. Con precisione matematica. O quasi.