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 2011  luglio 27 Mercoledì calendario

Perché il mondo è composto di atomi? - Ossigeno, elio, piombo e via dicendo. Tutti sanno che il mondo e gli organismi che lo popolano sono fatti di atomi

Perché il mondo è composto di atomi? - Ossigeno, elio, piombo e via dicendo. Tutti sanno che il mondo e gli organismi che lo popolano sono fatti di atomi. Ma nessuno sa dire perché sono questi elementi e non altri a rappresentare la materia prima dell’Universo. In attesa che la religione o la filosofia abbozzino una risposta, sarà la fisica nucleare studiata in Europa a tentare di risolvere questo grande interrogativo. Il NuPECC - comitato composto dai maggiori esperti comunitari della materia - ha presentato ai tecnocrati di Bruxelles il «Long Range Plan 2010 for Nuclear Physics», una «road map» completa di strategie (realizzazione di nuovi acceleratori), obiettivi scientifici (indagare nuovi stati della materia) e applicazioni (reattori nucleari che risolvono il problema delle scorie) da perseguire nei prossimi anni. Il primato europeo . Oggi il Vecchio Continente riveste un ruolo di primo piano nel settore, con 6 mila tra scienziati e ingegneri che lavorano in varie strutture: le più importanti sono il laboratorio francese GANIL e il GSI-FAIR di Darmstadt, in Germania, ma c’è anche una rete di laboratori più piccoli specializzati in aree specifiche. «Partendo da questo primato, vogliamo costruire le basi per rispondere alle domande ancora insolute - spiega Angela Bracco, professoressa all’Università degli Studi Milano (e presidente della Commissione Scientifica di Fisica Nucleare dell’INFN)-. Per esempio, come ha fatto la materia dell’Universo a evolvere in quello che vediamo oggi; com’è strutturata su scale inferiori al miliardesimo di millimetro e come possiamo sfruttare le conoscenze acquisite per risolvere alcuni problemi energetici e ambientali». Al cuore delle cose . Meglio sgombrare il campo dagli equivoci: la fisica nucleare studia il nucleo atomico nei suoi elementi costituenti (protoni e neutroni) e le loro interazioni. Niente (o quasi) a che vedere con gli esperimenti del Cern di Ginevra, dove si lavora con particelle ancora più piccole: «I nuclei rappresentano uno dei più complessi sistemi quantistici presenti in natura e sono i mattoni con cui è costituita la quasi totalità della materia osservata nel cosmo. Su queste minuscole centrali di energia sappiamo già molto: massa, livelli energetici, decadimenti. Ma altrettante sono quelle ancora da scoprire». Perché, per esempio, gli elementi leggeri sono molto più abbondanti di quelli pesanti: l’idrogeno rappresenta il 75% del totale, l’elio il 23% e tutti gli altri elementi contribuiscono con il residuo 2%. Una possibile risposta si potrà ottenere con le nuove strumentazioni che consentiranno di andare indietro nel tempo fino all’origine della materia: «Per ora possiamo solo dire che, mentre idrogeno ed elio sono stati prodotti nel Big Bang - sottolinea Angela Bracco - gli elementi pesanti sono più recenti e arrivano da stelle scomparse, che, esplodendo, hanno disseminato nell’Universo questi loro figli». Verso il futuro . Per riprodurre in laboratorio questi fenomeni galattici sarà necessario puntare su nuovi e più potenti acceleratori: SPIRAL2 a Caen (Francia), HIE-ISOLDE al CERN e SPES al Laboratorio nazionale INFN di Legnaro rappresentano le avanguardie di questa nuova frontiera della fisica nucleare. A cui si aggiunge l’esperimento Alice, condotto sempre all’interno di Lhc, in cui si studia materia nucleare molto calda e compressa, sfruttando fasci di piombo. «Il metodo migliore per sollecitare un nucleo è quello di sparargli addosso ioni, elettroni e fotoni come fossero proiettili. Ciò permette di capire la loro struttura e il modo in cui rispondono alle sollecitazioni esterne. Ovviamente più sono alte sono le energie con cui indirizziamo i diversi tipi di “pallottole” contro i bersagli, maggiori sono le informazioni che possiamo ricavare». Pertanto la prossima generazione di impianti dovrà migliorare notevolmente (di tre ordini di grandezza) le prestazioni di quelli attuali e, così facendo, si potranno studiare anche i misteriosi «nuclei esotici», che non sono presenti sulla Terra: «Si tratta per la maggior parte di atomi con massa superiore a 60 nucleoni generati dalle esplosioni delle supernove - aggiunge la professoressa -. Decadono rapidamente, ma puntiamo a crearli in laboratorio». Talvolta dalle esplosioni cosmiche trae origine anche un nuovo tipo di materia, come quella che caratterizza le stelle di neutroni: questi corpi celesti degeneri hanno una densità altissima e un campo gravitazionale 100 miliardi di volte più intenso di quello della Terra. Basti pensare che concentrano una massa equivalente a quella del Sole in una sfera del raggio di una decina di chilometri. Ricerca ma non solo . Lo studio di questi nuclei situati al di fuori di quella che i fisici chiamano «la valle di stabilità» avrà numerose ricadute in campo pratico. Fornirà, tra l’altro, informazioni utili a chi fa ricerca sui reattori nucleari di quarta generazione: sfruttando l’accelerazione dei protoni, sarà possibile trasformare le scorie radioattive in isotopi meno pericolosi e con una vita media più breve, contribuendo a risolvere uno dei problemi legati all’energia nucleare. Anche in campo medico non mancano le novità: radioisotopi e particelle sono sempre più usati sia in ambito diagnostico che terapeutico. Fra le soluzioni più innovative c’è la BNCT (Boron Neutron Capture Therapy), una tecnica per la cura dei tumori diffusi. Si basa sulla capacità del boro di catturare neutroni «termalizzati» (a bassi livelli di energia) e di decadere in un nucleo di litio e uno di elio. L’irraggiamento del paziente con questi neutroni, provoca la rottura del boro che si comporta come una «micro-bomba» e distrugge in modo selettivo le cellule tumorali. E progressi si preannunciano anche nel campo della sicurezza: sfruttando tecniche analitiche nucleari, si punta a realizzare sistemi portatili per la rilevazione di esplosivi.