Tonia Mastrobuoni, La Stampa 27/7/2011, 27 luglio 2011
Così la crisi è arrivata alle banche - E’ «ingiustificato» che le banche italiane siano finite nel mirino degli speculatori
Così la crisi è arrivata alle banche - E’ «ingiustificato» che le banche italiane siano finite nel mirino degli speculatori. Giovanni Bazoli ha fatto scudo ieri contro la sfiducia che ha lambito il sistema creditizio. Per il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo una dinamica inspiegabile, alla luce dei buoni risultati negli stress test. Ma il banchiere ha offerto allo stesso tempo la chiave di lettura di questo “contagio nel contagio”, che si è trasmesso dai Paesi periferici al nostro e che sta toccando anche le banche: «Lo spread fra i titoli italiani e quelli tedeschi pesa». E se si indeboliscono le banche, si aggrava viceversa la tensione sul sistema-Paese. Un circolo vizioso in piena regola. Che è presto spiegato. Anzitutto, gli stress test dimostrano che le banche italiane detengono una quota pesante di titoli di Stato in portafoglio. Inoltre, se i bond sono sotto pressione perché il morbo della sfiducia che dilaga in Europa ha infettato anche noi, è chiaro ormai anche che l’ampliamento dei poteri del fondo salva-Stati Efsf deciso all’ultimo Consiglio europeo non ha offerto un paracadute credibile per Paesi grandi come il nostro o la Spagna. Se il diavolo si annida nei dettagli, sull’Efsf il buio è quasi totale. In tempi brevi non è solo importante, dunque, che vengano decise le risorse in più per l’Efsf e i meccanismi di funzionamento. Il punto, per Paolo Guerrieri, economista del College of Europe di Bruges e tra i maggiori esperti italiani di Europa, è che per passare dagli attuali 300 miliardi di euro ancora in dotazione all’Efsf ai 1.500 o 2.000 che nella testa degli osservatori più seri è una quota ragionevole per rendere il salva-Stati credibile, non si può pensare di andare avanti con il meccanismo attuale di una partecipazione “pro quota” dei Paesi membri. Sarebbe un peso insostenibile per i debiti pubblici dei partecipanti, sui quali quelle quote vengono caricate in proporzione alla loro capacità economica. «La soluzione è quella di rendere comune la garanzia dell’Efsf sia per i prestiti ai Paesi sia per le ricapitalizzazioni alle banche». Come? Trasformando il fondo in una vera e propria agenzia di erogazione dei debiti garantiti dall’Europa. «Solo così possiamo provare a spezzare il contagio che passa dal debito alle banche e viceversa. E calmare i mercati».