Gaia Piccardi, Corriere della Sera 26/07/2011, 26 luglio 2011
«DANZA E KARATE? CERCAVO QUALCOSA DI PIU’ FATICOSO»
Certi sogni hanno bisogno di una lunga rincorsa. Quella di Anna Clemente, classe ’ 94, pugliese di Laterza, terra di gravine, pane di semola a lievitazione lenta e ragazzine a maturazione veloce, comincia dieci anni fa nel salotto della fattoria di papà Enzo (150 mucche, pecore, galline e il cane pastore Wendy, decisivo quando a fine giornata mamma Flora fa l’appello), che Annina metteva a soqquadro traboccando di energia, il carburante pregiato che nel 2010 l’avrebbe portata, prima atleta italiana della storia, a vincere la medaglia d’oro agli Youth Olympic Games di Singapore, l’Olimpiade dei giovani. La disciplina di Anna, che a 17 anni è troppo giovane per raccontarsi favole sui Giochi di Londra ma perfettamente sintonizzata con le dolci promesse di Rio 2016, è l’atletica, specialità tacco punta, la più ostica e tecnica («Sì, vabbé, all’inizio mi ha fatto penare: ora mi viene naturale come camminare» , dice lei con quella sfrontata timidezza che l’adolescenza ti consegna come bagaglio a mano per il viaggio), ma prima di capire che la marcia sarebbe stata l’atterraggio più morbido per tanta esuberanza, Anna ha esplorato tutte le risorse di una terra rocciosa come il suo carattere; a 3 anni correva sui rollerblade, a 6 ballava il liscio, seguito dalla danza classica («Troppo tranquilla per il mio carattere!» ) e dal karate (cintura blu), ha giocato a pallone da centrocampista nella squadra femminile del Bari, poi è stata folgorata sulla via di Singapore dall’incontro con Tommaso Gentile, 52 anni, mottolese, ex ultramaratoneta e imprenditore edile, una figura a metà tra un pigmalione e un secondo padre, l’uomo che strada facendo s’inventò tecnico e, attraverso i talenti e i sacrifici dell’Atletica Don Milani, sede a Laterza e ambizioni sparpagliate su ogni playground, mago della marcia giovanile. Antonella Palmisano, classe ’ 91, regina della Coppa del mondo l’anno scorso, accolta bambina e restituita al mondo campionessa. Giovanni Renò, miglior prestazione junior sulla 50 km. «Ma che c’avete laggiù, Tommaso, il vino buono...?» , lo prende spesso in giro Franco Arese, presidente della Federatletica italiana, attonito davanti a certi risultati usciti dalle crepe del campetto d’allenamento, sessanta anime tra i 6 e i 20 anni accudite con la dedizione di un parroco di campagna, e non è un caso che Gentile, parlando di se stesso (a volte, inciampando, in terza persona: peccato veniale), spesso citi Don Bosco: «La stoffa c’è, mancano i sarti. Ecco, io mi sento un piccolo e umile sarto» . Tra Tommaso e Anna scorre una corrente pulita ad alto voltaggio, solo chi ha votato la sua esistenza alla formazione dei ragazzi in un territorio difficile, raccogliendoli sette giorni su sette tra Mottola, Laterza e Palagiano sul suo pullmino scassato («Come campo? Con i volontari e grazie a me stesso: non ho nessun finanziamento, ci metto soldi di tasca mia, dalla Federazione ricevo piccoli contributi legati ai risultati. Faccio 50 km al giorno per 365 giorni l’anno: quanto fa, solo di gasolio? » ) poteva incanalare le vibrazioni di quel terremoto di Anna Clemente dentro le corsie di una pista in tartan. «Nemmeno sempre— precisa Tommaso —, perché quella di Palagiano è in asfalto e a Mottola, d’inverno, ci alleniamo dentro un vecchio palazzetto che definire fatiscente è poco, ma non voglio sollevare polemiche: se vuoi far del bene, lo puoi fare ovunque» . Molti dei precetti di Don Milani sono rimasti conficcati nel cuore di questo sacerdote laico dell’atletica, che si è formato sui libri e guardando lo sport alla tv e che oggi ha come hobby sfidare i giudici della marcia (che possono ammonire e squalificare l’atleta se il passo è imperfetto): «Anna tecnicamente è il meglio che abbiamo in Italia, il mese scorso al Mondiale under 18 di Lille è arrivata ottava perché le altre hanno azzardato e lei non voleva barare; diceva il grande Emil Zátopek che la vittoria è bella, ma io sostengo che la correttezza lo sia di più, insegno sport e sociale perché sennò i ragazzi li perderei, e invece devono imparare le regole e frequentare la scuola con profitto» . Infatti Anna è la prima della classe, la terza geometri a Ginosa. Si procede così, tacco-punta-tacco punta, verso il futuro. A Tommaso nessuno può togliere la gioia del rapporto con gli allievi («Prima li fai diventare uomini, specialmente se a casa hanno problemi familiari, poi atleti» ) e ad Anna, la diavolessa del gruppo che ama ancora i cartoni animati («Ah, quella! Sempre pronta agli scherzi: per lei la divisione degli spogliatoi, maschi e femmine, non esiste!» ), l’argento vivo addosso. Porterà all’oro di Rio o altrove? Mamma Flora, per ora, vota Laterza: «Annina quando torni, che a casa non ci stai mai?» . «Finisco l’allenamento e arrivo» , mente «nostra signorina della marcia» salendo sul treno del destino. Diventare donna, di corsa. Comunque vada, sarà un successo.
Gaia Piccardi