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 2011  luglio 24 Domenica calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 135 - SCONTRO CON REVEL

Stava raccontando del dibattito in Parlamento per approvare la missione in Crimea.

Il più agitato era La Marmora, che avrebbe dovuto comandare il corpo di spedizione. Inseguiva Cavour. «Insomma, dimmi chi darà gli ordini laggiù, guarda che io non mi metto sotto un inglese...» E come avrebbe evitato di star sotto un inglese? Gli inglesi si sarebbero fatti comandare da un piemontese?

Cavour non rispondeva neanche. Scappava, andava ad aprire una finestra, cambiava discorso. Però, quando venne fuori che il contingente sardo sarebbe stato posto, com’era logico, agli ordini del generale Raglan, e Menabrea attaccò il Parlamento su quel punto, La Marmora, a cui Cavour non aveva ancora risposto, prese la parola e « Mi permetta » disse « ma mi pare che l’on. Menabrea non abbia una giusta idea del modo con cui si compiono le cose alla guerra. Egli ha studiato molto sui libri, ma forse non conosce come le cose succedono poi nella pratica. Egli s’immagina forse che sui campi di battaglia si vada sfogliando e interpretando la parola del trattato per decidere chi comanda, chi ha la direzione, chi si deve consultare? Si persuada il deputato Menabrea che per queste convenzioni (mi si passi il termine d’uso) teatrali, queste differenze spariscono tutte dinanzi alla necessità. Sì, o signori, davanti al nemico tutte queste convenienze spariscono. Se un generale ispira confidenza agli altri, sarà sempre consultato quand’anche ciò non sia espresso nel trattato. Se non ispira fiducia, si può scriverne finché si vuole l’obbligo nel trattato, tutt’al più sarà consultato per semplice formalità e non mai per adottarne il parere ».

Alfonso era un buon diavolo.

Ma appena fu finita la seduta si precipitò dal conte. Questo lord Raglan...che hai da dire? allora è tutto vero? dammi delle istruzioni...Cavour scivolava via.

Raglan, quello delle maniche?

Sì, proprio lui. Cavour rispose a tutti, impegnandosi in modo particolare sul fronte aperto da Revel. Sottolineò la sostanza politica dell’intervento in Crimea, l’impossibilità quindi di accettare aiuti economici sussidi, affitti di truppe - che ne snaturassero la qualità. Non bisognava poi concentrarsi troppo sulla posizione presa dall’Austria, quanto sul fatto che combattendo la Russia si attaccava il principio della reazione, primo anello della stessa catena che teneva l’Italia prigioniera. Ammettiamo che i russi si impossessino del Mar Nero: ebbene, questo allora « diventerebbe in poco tempo il più grande arsenale marittimo del mondo, un arsenale al quale non potrebbero forse resistere tutte le altre Potenze marittime ». Quanto al connubio e alle accuse di Revel, se la cavò con eleganza. « Io dichiaro altamente non esservi alcun atto della mia già disgraziatamente alquanto lunga vita politica, che io ricordi con maggior soddisfazione che quello il quale venne dal deputato di Revel cotanto biasimato ». Aggiunse che proprio perché la Francia era andata a destra, a lui toccava andare a sinistra. Dopo il colpo di stato « io pensai che il partito reazionario da quel giorno diventava pericoloso ». Successe però un incidente. Cavour aveva dato del «reazionario» a Revel e Revel pretese la parola. Revel: « Se quella parola, “reazione”, ha voluto gettarla in faccia mia, io la sprezzo solennemente, perché credo nella mia vita politica non vi sia niente che senta di quanto l’onorevole ministro ha voluto imputarmi. Dirò però all’onorevole ministro, se la memoria ben mi sovviene, e gli ricorderò una conversazione che avemmo ...». Cavour: « Il riferire conversazioni particolari in istile parlamentare è cosa affatto nuova » (sensazione). Revel: « Se non lo permette, tacio ». Cavour: « No, no, dica pure. Si valga di tutte le armi, anche delle meno cortesi » (mormorio). Revel: « Prego il signor presidente di richiamare all’ordine il presidente del Consiglio dei ministri, che ha detto una parola che mi offende. Dopo questo io mi tacio » (movimento).

Questa citazione è tratta dagli atti parlamentari.

È importante perché fu l’inizio di uno scontro fatale per Revel, il quale alla fine della seduta diede le dimissioni da deputato! Il presidente della Camera, infatti, non aveva richiamato Cavour, ma dato la parola all’onorevole Asproni. Bisognò dunque che il conte chiarisse pubblicamente le sue intenzioni, e tuttavia il 9 febbraio Revel ricominciò ad attaccare il connubio, Cavour gli replicò un’altra volta di nuovo confondendolo con la destra reazionaria, a bella posta, perché non era oltre tutto giusto, Revel era un uomo di destra e conservatore, ma non un reazionario...Insomma, il grande avversario di Cavour, quello che doveva tenersi pronto per sostituirlo alla guida del gabinetto, perse le staffe e votò contro il trattato. Un vero suicidio politico, perché esprimendosi contro la missione in Crimea aveva perso l’appoggio francese e votato contro il re, che a questo punto non gli avrebbe mai più dato alcun incarico. Il contingente sardo partì in aprile. Cavour accompagnò La Marmora a Genova. La Marmora era sicuro: stavolta Camillo non avrebbe potuto non rispondere alle sue domande.