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 2011  luglio 26 Martedì calendario

Al Senato un pranzo di lusso costa 10 euro - Facciamo 10, massimo 15 euro. Se si vuole mangiare da re nel cen­tro di Roma e spendere da osteria fuori porta il posto giusto c’è

Al Senato un pranzo di lusso costa 10 euro - Facciamo 10, massimo 15 euro. Se si vuole mangiare da re nel cen­tro di Roma e spendere da osteria fuori porta il posto giusto c’è.Il risto­rante dei senatori a Palazzo Mada­ma. Unmenùsontuosodall’antipa­stoaldolce( alcarrello). Primielabo­rati, secondi di carne e pesce, servi­zio griglia in sala ( per quelle voglie ir­r­efrenabili di pesce spada o lombati­na), più un intero orto botanico di verdure disponibili come contor­no. Da acquolina in bocca. Ma a smorzare immediatamente i facili entusiasmi ci pensa Riccardo Villa­ri. Senatore e sottosegretario ai Be­ni culturali, ex Pd, ora passato a Coe­sione nazionale (i Responsabili), il fu presidente (lampo) della com­missione di Vigilanza Rai si lamen­ta di cibo e servizio: «Il ristorante del Senato? Non è certo Chez Maxim , ma una cosa da mensa. Il pesce non è mai fresco e i cibi spesso sono pre­cotti ». Altro che casta e privilegi, in­somma, costa così poco perché po­co vale. Alla Zanzara (su Radio 24) Villari, calcolatrice alla mano, fa i conti in tasca ai senatori: «Un pran­zo alla fine sono 10-12 euro cioè le vecchie 20-25mila lire, non proprio zero, non una cosa da uno o due eu­ro ». L’erba del vicino è una regola semprevalidaeinfattieccopuntua­le la doglianza: «Alla Camera si man­gia certamente meglio. E non pen­sate di trovare il pesce fresco: spes­so tutti i senatori hanno una sola ora per pranzare e quindi vanno in massa ai tavoli. Si deduce facilmen­t­e che i cibi non possono essere cuci­nati al momento, è tutta roba già pronta. Diciamo che il prezzo corri­sponde a quello che mangi ». Dicia­mo che se aprissero le porte a chi pa­ga il resto di quei 10­ 12 euro (i contri­buenti) altro che lamentele. A sera non resterebbero nemmeno i piatti da lavare. Tutto pulito. La racconta un po’ diversa al sito dell’ Espresso Carlo Monai,deputa­t­o dell’Italia dei Valori e novello Spi­der Truman : «Il bar della buvette è in linea con i prezzi di mercato. Il ri­storante, invece, no. Ci costa in me­dia 15 euro, ma la tavola è apparec­chiata come un tre stelle Michelin , i camerieri sono in livrea, lo chef è bravo e prepara piatti di grande qua­lità ». Altro che la bettola descritta da Villari. Ma anche Monai un difet­­tuccio lo trova: «Ottimi vini, ma nes­suna bottiglia friulana ». Sia come sia, tutti gli italiani stan­no iniziando a fare un pensierino sulristorantedelSenato.Villari,no­nostantel’affrescoatintefosche, in­tuisce che la «pancia» del Paese non apprezza e propone una solu­zione rivoluzionaria. «Facciamo dueristoranti–immaginailsottose­gretario –. Uno per chi va di fretta a prezzi contenuti e uno per chi si può fermare con calma, dove però per una qualità più elevata del cibo si pagano anche 40 euro». Oppure facciamo che lo Stato non mette più un euro per il risto­rante del Senato. Che, sulla carta e dalle descrizioni, potremmo valuta­re come un locale a una stella Miche­lin . Il mercato dice 100 euro per un pasto completo. Se i senatori inizias­sero a pagarlo interamente di tasca propria? Vuoi vedere che i tagli pre­visti dal presidente Renato Schifani (120 milioni di euro in tre anni) au­menterebbero di colpo? Due conti rapidi. Tra i 100 euro ipotetici e i 20 (dicono 15, ma arrotondiamo per eccesso) spesi da un senatore ogni giorno ne avanzerebbero 80. Da moltiplicare per i 315 senatori. Per i giorni in cui Palazzo Madama è aperto:150l’anno.Iltotalefa3milio­ni e 800 mila euro: oltre 10 milioni in un triennio. Basta poco.