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 2011  luglio 26 Martedì calendario

Quelle azioni strapagate a Gavio Si riapre pure il dossier Serravalle - L’acquisto del 15 per cen­to di Serra­valle a un prezzo esorbi­tante dall’imprenditore Marcelli­no Gavio era un affare che puzza­va

Quelle azioni strapagate a Gavio Si riapre pure il dossier Serravalle - L’acquisto del 15 per cen­to di Serra­valle a un prezzo esorbi­tante dall’imprenditore Marcelli­no Gavio era un affare che puzza­va. Fin d’allora. Se, ad ascoltare uno che se ne intendeva come Gui­do Rossi, Palazzo Chigi ai tempi di Massimo D’Alema voleva diventa­re l’unica merchant bank che non parlasse inglese, la provincia di Milano ai tempi di Filippo Penati di quella merchant bank ha aspira­to a diventare una filiale. Di un cer­to peso. Perché il maestro di Sesto San Giovanni nato comunista e scopertosi affarista, subiva terri­bilmente il fascino della finanza. Da intrecciare al potere. Perché Penati volle fortissimamente una Provincia in grado di contare, ma con i soldi delle banche con le qua­li non esitò a indebitarsi. Come quando chiese a Banca Intesa i 250 milioni che servivano per chiudere l’affare Serravalle,conce­dendo in cambio la presidenza del­la Serravalle al suo vicepresidente Giampio Bracchi. E così Palazzo Isimbardi per i cinque anni in cui fu in mano al centrosinistra, più che di scuole e di strade, si occupò di scatole societarie, affari, spericola­ti sca­mbi azionari e secondo la pro­cura di Monza che oggi finalmente indaga, anche di tangenti. Non so­lo per uso personale, visto che l’ac­cusa è anche illecito finanziamen­to dei partiti. «Mi ha dato il suo numero l’ono­revole Bersani», diceva il 5 luglio del 2005 Penati, da un anno eletto presidente della Provincia di Mila­no, telefonando per la prima volta al magnate delle autostrade Mar­cellino Gavio. Utilizzando, dun­que, come lasciapassare l’ex mini­stro dei Trasporti e allora eurode­putato che sarebbe poi diventato il numero uno del Pd e avrebbe chia­mato proprio Penati a capo della sua segreteria politica. Il primo in­contro di Penati con Gavio il 15 lu­glio a Roma. In un albergo il primo abboccamento per il passaggio del 15 per cento delle azioni della Serra­valle, la società che gestisce le tan­genziali milanesi e un tratto dell’au­tostrada per Genova, dal portafo­glio dell’imprenditore di Tortona alla cassaforte della Provincia. Un acquisto fatto a cifre assolutamen­te fuori mercato, come testimonia un’intercettazione della Guardia di Finanza nella quale Gavio parla con il suo braccio destro Bruno Bi­nasco. «Sto facendo un pensierino sottovoce. Vendere tutto a 4 euro». Per svendere? Assolutamente no. Perché così, «portiamo a casa dei bei soldi».Ma di soldi Gavio ne por­tò a casa molti, ma molti di più. Per­ché per ogni azione Penati pagò non 4, ma addirittura 8,83 euro. Per azioni che Gavio aveva acquistato a 2,19. Fra gli altri dal Comune di Genova.Come a dire che un’ammi­nistrazione del centrosinistra ven­de a Genova a 2,19 euro e un’altra amministrazione di centrosinistra compra a Milano a 8,83 le azioni dei una stessa società. A guada­gnarci è un privato, nella fattispe­cie Gavio. A rimetterci sono i contri­buenti. Un salasso da 238 milioni di euro. «Un utile netto per Gavio - de­nunciò allora e continua oggi a de­nunciare l’allora sindaco Gabriele Albertini - di 179 milioni di euro». Con Gavio che proprio allora mise a disposizione 50 milioni di euro per la scalata di Unipol alla Bnl. Ali­me­ntando il sospetto di uno scam­bio di favori tra la sinistra falce e ca­sello del duo Penati-Bersani e Ga­vio. Che, da buon imprenditore, do­po aver munto i democristiani ha già capito il cambio di vento. Dove sono finiti i soldi? «Non lo so- ha ri­petuto ieri Albertini alla Rai - ma forse ora qualcuno potrà dimostra­re che sono andati a finire dove non dovevano andare».Un intreccio co­sì evidente che lo stesso Antonio di Pietro, già entrato in politica, consi­gliò ad Albertini di rivolgersi ai giu­dici. Ma la magistratura in quel ca­so fu sorda. Anche se chiaro parla­va il documento riservato pubblica­to dal Giornale il 4 novembre del 2005. Pagine in cui gli uomini della divisione Infrastrutture di Banca Intesa valutavano le azioni di Serra­valle entro una forchetta tra i 5 e i 5,50 euro. Era fine aprile. Comincia la trattativa e a luglio Penati paga le azioni 8,83 euro. Tra il 60 e il 70 per cento in più di quanto gli consiglia­vano di fare quelli di Banca Intesa. Convinto da Guido Roberto Vitale, il suo nuovo advisor che gli sconsi­gliò anche di ascoltare il progetto di Banca Intesa che, come si leggeva in quel dossier riservato, prevede­va uno scambio con il Comune. Il 18 per cento che Albertini aveva in portafoglio di Serravalle, in cam­bi­o del 14 per cento che Penati pos­sedeva di Sea, la società degli aero­porti lombardi. Con la Provincia che avrebbe anche ricevuto un con­guaglio in denaro. Compiti divisi e uno «scambio di figurine» tra am­ministrazioni pubbliche che avrebbe fatto di certo l’interesse dei cittadini. Ma Penati preferì stra­pagare la quota di Gavio. Indebitan­do la Provincia. Oggi, finalmente, tutti capiranno perché.