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 2011  luglio 24 Domenica calendario

Nello spazio a caccia dell’antimateria - Non ha un posto nella Bibbia e neanche nella mitologia greca, mol­ti scienziati quasi la ignorano

Nello spazio a caccia dell’antimateria - Non ha un posto nella Bibbia e neanche nella mitologia greca, mol­ti scienziati quasi la ignorano. Eppu­re esiste: è l’antimateria.Un«ogget­to » oscuro che potrebbe essere mol­to diffuso nell’Universo benché fi­nora ne risultino ben poche tracce. E anche molto prezioso, in quanto capace di generare energia allo sta­to puro. Per questo nel maggio scor­so lo Shuttle ha portato sulla Stazio­ne spaziale internazionale le appa­recchiature che dovrebbero cattu­rarla. Piuttosto frequente nei ro­manzi di fantascienza, se a qualcu­no di noi capitasse di vederne un pezzo non la riconoscerebbe:l’anti­materia, infatti, per le sue caratteri­stiche esterne non appare diversa dalla comune materia. La sua capa­cità di distruggere tutto ciò che toc­ca è perfettamente camuffata. Ma cos’è in effetti questa antimateria? Definirla l’opposto della materia è certamente esatto, però non basta. Soprattutto non spiega perché un contatto, anche brevissimo, con un suo qualsiasi frammento del nostro mondo è capace di annichilirlo, cancellandone perfino il ricordo. Quali proprietà le conferiscono tale potere? Sappiamo che nei suoi atomi l’elettrone (il positrone) ha carica positiva e il protone ha carica negativa. Sappiamo pure che se riu­scissimo a trovarne grandi quantità e se potessimo utilizzarla, tutti i no­stri problemi energetici sa­rebbero risolti. Se Hiroshi­ma e l’atollo di Bikini hanno infatti dimostrato cosa pos­sono fare un millesimo o un centesimo dell’energia con­tenuta in una piccola quan­tità di materia, sappiamo che la quantità di energia li­berata dall’annichilazione di un chilogrammo di anti­materia a contatto col suo «doppio» è enne volte più grande. Gli scienziati sono riusciti a crearne piccoli quantitativi in laboratorio (trentotto atomi di antiidro­geno al Cern di Ginevra nel 2009, un nucleo di antielio nel Di­partimento Energia di Brookha­ven, Usa, lo scorso mese di aprile); ma finché dovremo fabbricarcela, non faremo altro che praticare un procedimento che fornisce molto meno di quanto consuma. Non re­sta dunque che cercarla in natura, nello spazio,con l’apparecchiatura Ams da poche settimane aggancia­ta alla Is, la Stazione spaziale inter­nazionale. Una metà delle stelle potrebbe es­sere di materia e l’altra metà del ti­po opposto, antimateria, scrisse il Nobel per la fisica Jean Paul Dirac, il genio di Cambridge che già nel 1929 intuì l’esistenza dell’antimon­do e riuscì a rappresentarlo con le sue equazioni. L’Universo che oggi vediamo è il freddo residuo di quan­to ha avuto origine nell’infuocato Big Bang e, come sappiamo, quan­do le cose si raffreddano cambiano aspetto e natura. Analogamente, re­gioni separate di materia e antima­teria possono essersi formate men­tre l’Universo si raffreddava. L’ulte­riore raffreddamento avrebbe per­messo agli elementi chimici di for­marsi. Nella realtà però, per quanto fino­ra sappiamo, l’antimateria non ri­sulta diffusa, neppure in piccole quantità. Ciononostante sappiamo che alcuni processi naturali, sia pu­re per brevi istanti, continuano a da­re origine ai suoi più semplici com­ponenti, i positroni, le particelle che nell’antimondo rappresenta­no, con carica positiva, la esatta con­troparte degli elettroni. L’antimate­ria dunque, almeno sotto forma di positroni, in natura esiste. Basta pensare che perfino in medicina diagnostica è già utilizzata, negli scanner Pet (Positron emission to­mography), e che da anni e anni i raggi gamma provenienti dal cen­tro della nostra Galassia ci segnala­no che in questa area esistono nubi di positroni. E secondo l’opinione più diffusa tra gli scienziati la palla di fuoco del Big Bang, quattordici miliardi di anni fa, avrebbe prodot­to materia e antimateria in quantità uguali. Ma ora, perché l’Universo non sembra quasi più contenere questa antimateria? Come mai la materia è prevalsa? È uno dei più grandi miste­ri della scienza contemporanea. Un enigma che proprio in questi giorni sembra aver trovato una possibile soluzione con l’ipotesi che i respon­sa­bili del fenomeno siano stati i neu­trini, le più invasive ma anche le più elusive delle particelle elementari ­massa prossima a zero e niente cari­ca- probabilmente capaci di fornire la chiave per risolvere il problema dell’antimateria mancante. Al Cern di Ginevra, nel tunnel di 27 chilometri Lhc (Large hadron collider ) scavato cento metri sotto il confine tra Francia e Svizzera, su­gli stessi «binari» ma in senso oppo­sto corrono alla velocità della luce elettroni e positroni nel tentativo di riprodurre per qualche istante e in una minuscola porzione di spazio ciò che l’Universo è stato una frazio­ne di secondo dopo il Big Bang. Da quel mini Big Bang simulato gli scienziati volevano sapere quali for­me di particelle e antiparticelle so­no comparse quando l’energia si è convertita in oggetti materiali nel­l’Universo appena nato. Ma i labora­tori non sono la natura. E allora si fece strada l’idea di in­viare nello spazio gli strumenti per verificare, catturare l’antimateria. «Se siamo riusciti a costruirla artifi­cialmente- si disse- , da qualche par­te del mondo deve pur esserci». Si progettò così un superattrezzato la­boratorio del diametro di 3 metri e del peso di 7 tonnellate (Ams, Alpha magnetic spectrometer) dotato di telescopio e di tutta la strumentazio­ne necessaria per compiere quelle rilevazioni e captazioni impossibili sulla Terra. Si spera che l’Ams fac­cia un buon lavoro.