Luca Angelini, Corriere della Sera 24/07/2011, 24 luglio 2011
IL BOMBARDIERE DEL PILOTA RIMASTO SEPOLTO PER 66 ANNI —
Questa è una storia piovuta dal cielo, ma finita sottoterra. La storia di un aereo che dormiva sepolto sotto un campo di grano, nelle campagne di Copparo, pianura ferrarese a qualche tiro di schioppo dal Po. Una storia di guerra. A essere precisi, di quattro giorni prima che la guerra finisse. E di quattro ragazzi (tre inglesi e un australiano) di cui non era rimasto che il nome, sul memoriale che, a Malta, ricorda i 2.298 aviatori del Commonwealth morti o dispersi nei cieli del Mediterraneo. Da allora, e fino a ieri mattina, di questa storia era saltato fuori solo un pezzo. Il motore destro dell’aereo. A guerra finita, Giordano Melchiori l’aveva portato via con il trattore. Se questa storia, seppellita sotto cinque metri di terra, è tornata alla luce del sole, è anche per merito suo. Oggi ha 82 anni, allora era solo un ragazzetto troppo giovane per la divisa. Ma se la ricorda ancora, la notte del «Pippo» , il bombardiere tirato giù dalla contraerea tedesca. «Ho guardato in alto e ho visto l’aereo venire giù. S’è incendiato. Dicevano che, nel campo, ci fossero due corpi bruciati. Solo più tardi siamo andati a prenderci il motore. Sa, per via dell’alluminio. Dopo la guerra, lo compravano anche per farci le macchinette per tirare la sfoglia in casa» . Se l’era quasi dimenticato, Giordano, quell’aereo. Finché un’amica, anche lei di Copparo, non gli aveva detto «sai, Fabio, mio figlio, c’ha la passione di andare a ritrovare gli aerei caduti» . Fabio Raimondi è il webmaster del blog «Archeologi dell’aria» . Duecento cacciatori di «crash point» , i punti dove si sono schiantati gli aerei di guerra. Ritrovano i relitti, consegnano i pezzi ai musei e i resti umani alle ambasciate, per farli avere ai parenti. «Siamo andati nel campo con un metal detector — racconta Fabio —. Appena abbiamo trovato dei pezzi di alluminio accartocciati, abbiamo capito che Giordano non si sbagliava» . La macchina del recupero si è messa in moto. Prima i permessi per scavare, poi il reclutamento di altri volontari. Quelli dell’Air Crash Po di Cremona, e quelli del Museo della Seconda guerra mondiale del fiume Po di Felonica (Mantova), il cui direttore, Simone Guidorzi, ha chiamato a raccolta anche i toscani di Gotica Toscana (insieme ad altri due musei vogliono dar vita a un itinerario per turisti col pallino bellico, il North Apennines Po Valley park). Dal campo di frumento è saltato fuori un orologio. Con un nome inciso, Hunt. È bastato quello, al reggiano Michele Becchi, grafico pubblicitario di professione e scandagliatore d’archivi militari per passione, per dare un nome ai quattro ragazzi morti sul Douglas A-20 Boston decollato da Forlì alle 20.45 del 21 aprile 1945 per bombardare un punto di attraversamento a Taglio di Po. John Penboss Hunt, l’australiano, era il mitragliere; Alexander Thomas Bostock l’operatore radio; David Millard Perkins il navigatore e David Kennedy Raikes (21 anni, uno in più dei suoi tre compagni di sventura), il pilota. E qui è arrivata la sorpresa. Perché quando il sergente Raikes non volava con un bombardiere, lo faceva con le parole. Era un poeta, nel suo piccolo, se volete, un Saint-Exupéry d’Oltremanica. Stessa fine, quantomeno. E ha fatto in tempo a raccontarlo, come si senta un poeta dentro un uccello di metallo con un carico di morte nella pancia. The poems of David Raikes è la raccolta dei suoi versi, pubblicata postuma nel 1954. Forse ci voleva la sua penna, per raccontare quel che si prova a trovare, come ieri mattina, un anello di fidanzamento sepolto da 66 anni: sopra, le iniziali del sergente Perkins. Dentro, una dedica: «Chris, with love» . Forse andrebbe scomodato Foscolo, e il «santo e lagrimato sangue per la patria versato» . Magari, però, bastano le parole di Michele Becchi: «Da un pezzetto di metallo, ridiamo vita alle persone» .
Luca Angelini