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 2011  luglio 25 Lunedì calendario

Abramson Jill

• New York (Stati Uniti) 19 marzo 1954. Giornalista. Dal settembre 2011 direttore del New York Times • «Era il maggio del 2008 quando a New York Jill fu investita da un camion della spazzatura, a Manhattan. Quel camion le spezzò le gambe, ma non riuscì a fermarla. Tre anni esatti più tardi, Jill Abramson è salita al volante del più importante quotidiano del mondo, il New York Times, prima donna nella storia a occupare quella ambita poltrona. La sua caduta e resurrezione, da quel gravissimo incidente fino alla direzione del giornale che nei propri 160 anni di esistenza mai aveva avuto una donna al volante è dunque la sfacciata e coraggiosa metafora della irresistibile ascesa delle donne ai vertici di una professione ancora molto maschile e maschilista. Jill è la donna che nulla ha potuto fermare. Non l’ha stroncata la feroce competizione con gli altri aspiranti maschi per succedere al direttore Bill Keller. Non l’ha penalizzata la sua storia professionale priva di quell’esperienza internazionale che un tempo era d’obbligo per condurre la “Grey Lady”, la signora in grigio come è soprannominato il Times di New York. Non ha dovuto tradire una storia famigliare di moglie e madre di due figli e neppure l’ha fermata uno sbadato conducente di un camion-scopa contro il quale lei è da allora in causa. “Io sono una New York girl - dice di sè esibendo un tatuaggio a forma di token, del mitico gettone per il Metrò sulla spalla - qui sono nata e qui ho imparato a non temere niente”. Non soltanto è la prima donna direttore. Certamente è il primo direttore del New York Times con tatuaggio. Ma prima di essere una donna, una newyorker, una signora con una rara laurea in storia in una New York infestata di avvocati e master in business, una navigatrice sicura delle acque tempestose del New York Times dall’ufficio di corrispondenza a Washington fino alla direzione, Jill Abramson è una giornalista, una “reporter” con la vocazione investigativa. A Washington visse gli anni terribili del dopo 11 settembre quando imperversava la rivale Judith Miller con i falsi scoop sulle armi di Saddam insufflati dagli uomini del vice presidente Cheney ed esplodevano gli scandali sugli articoli inventati. Diffidente, Jill si era messa in urto con i direttori centrali, prima con Howell Raines e poi con Keller, e con l’editore proprietario, Charles Sulzberger, che la voleva licenziare. Ed è stato colui che ieri l’ha scelta per la direzione. E a differenza di altre signore che in questi anni stanno scalando la piramide maschilista del giornalismo importante dopo 250 anni, da quando una donna, Ann Franklin divenne direttrice del giornale del Rhode Island nel 1762, questa giornalista [...] non deve niente a nessun uomo. Per altre, c’era spesso, a volte ingiustamente, l’ombra di un uomo alle spalle. Katharine “Kay” Meyer Graham aveva ereditato dal marito suicida quel Washington Post che lei poi seppe salvare. Arianna Stassinopoulos aveva sposato i soldi del miliardario Huffington, creando il sito Huffington Post venduto [...] per 315 milioni di dollari. Anche la eccellente ex prima firma femmina del Washington Post, Sally Quinn, era coniugata con il direttore, Ben Bradlee. Non deve neppure nulla all’“eterno femminino”, all’aspetto o alla telegenia che hanno aiutato potenti superdonne come Oprah Winfrey, Barbara Walters, Katie Couric, e non fa nulla di chirurgico o di cosmetico per nascondere i suoi anni, occasionali “colpi di sole” nell’acconciatura a parte, la sua unica civetteria. Si limita a vestire la propria età con eleganza, attentissima alla moda che lei, per prima, come numero due nella gerarchia del Times, riuscì a imporre anche nella sacra prima pagina, perchè sono sempre più le lettrici a reggere le vendite dei giornali, senza diventarne schiava. O despota come “Il Diavolo che veste Prada”, la tiranna di Vogue Anna Wintour, o come la regina della mondanità anglo - yankee Tina Brown [...] direttrice del Daily Beast e di Newsweek. La crudeltà della storia ha voluto che lei divenisse la “first lady” del giornalismo americano proprio nel momento in cui il New York Times conosce, come tutti i media tradizionali su carta, un declino costante, misurato nelle 35 mila copie perdute ogni anno [...] Un declino che neppure il passaggio a edizioni digitali, che lei stessa ha curato per sei mesi dopo la dismissione dall´ospedale Bellevue, ha compensato. “Tocca sempre a noi girls risolvere i guai creati dai boys” avrebbe detto semischerzando al suo numero due, Dan Baquet, che era stato in passato alla direzione di un’altra vecchia corazzata del giornalismo, il Los Angeles Times, per affiancarla. Jill è sempre stata troppo giornalista e troppo professionista per fare del “donnismo militante” la propria ideologia o arma. Ma l’orgoglio, la novità di quello che lei incarna con il suo genere sono ben presenti. Nel suo ufficio dentro il palazzo di Renzo Piano sull’Ottava avenue [...] a pochi blocchi dall´incrocio dove fu investita, tiene appesa una foto della prima donna assunta dal quotidiano, Mary Taft, nel 1904. [...]» (Vittorio Zucconi, “la Repubblica” 3/6/2011).