Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 25/07/2011, 25 luglio 2011
L’IMMUNITÀ PARLAMENTARE RAGIONI STORICHE E USI ODIERNI
Se è vero che a decidere l’arresto di un deputato o di un senatore (che sono cittadini come gli altri!) sono i loro «pari» , le chiedo che senso abbia la scritta che possiamo leggere nelle aule dei tribunali: «La legge è uguale per tutti» .
Franco Milletti
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Caro Milletti, la frase che si legge nelle aule dei tribunali è un principio ideale nato dalle opere dei «philosophes» dell’Illuminismo e proclamato con forza nelle due grandi rivoluzioni, americana e francese, del Settecento. Grazie a quel principio sono stati progressivamente eliminati molti tribunali riservati ai membri di una istituzione o corporazione. Ho scritto «molti» e non «tutti» perché le giurisdizioni speciali sopravvivono ancora là dove si ritiene, con argomenti più o meno convincenti, che esse servano a tutelare l’indipendenza dell’organo e dei suoi membri. È questa, ad esempio, la ragione per cui i magistrati, per alcune infrazioni, vengono giudicati dai loro pari in seno al Consiglio superiore della magistratura. Ed è questa la ragione per cui quasi tutti gli statuti delle democrazie conferiscono ai parlamenti il diritto d’intervenire, in una forma o nell’altra, in alcune fasi delle procedure giudiziarie che concernono i loro membri. Il principio della immunità e della inviolabilità parlamentare risale a un’epoca in cui i sovrani avevano ancora poteri esecutivi e potevano sbarazzarsi di un oppositore particolarmente sgradito facendolo arrestare per un reato vero o presunto. Oggi i re non hanno più quei poteri, ma l’orchestrazione di un caso giudiziario contro un avversario è ancora uno degli strumenti preferiti della lotta politica soprattutto (ma non solo) nelle democrazie latine. Si diffondono sospetti e accuse sino a quando un magistrato non decide d’indagare e di promuovere un’azione penale. L’etica pubblica vorrebbe che l’interessato si dimettesse, dichiarasse di avere fiducia nella giustizia e ritornasse al suo posto soltanto dopo essere stato esonerato. Ma la giustizia è lenta, i gradi di giudizio sono tre e il posto, alla fine del percorso, sarà occupato da un altro. Naturalmente la giurisdizione speciale è tollerabile se i membri della istituzione o della corporazione, quando sono chiamati a giudicare il caso di un collega, dimenticano gli interessi di partito, le relazioni personali, i calcoli della convenienza politica. Purtroppo questo, come abbiamo notato anche negli scorsi giorni, accade sempre più raramente. L’immunità, un tempo considerata utile per il funzionamento di una democrazia, è diventata sinonimo di privilegio. Capisco quindi, caro Milletti, la sua reazione, probabilmente simile a quella della maggioranza degli Italiani. Ma arriverà il giorno, prima o poi, in cui constateremo che l’accusa mossa contro un uomo politico era pretestuosa e strumentale. Il pendolo della indignazione, allora, comincerà a oscillare nella direzione opposta.
Sergio Romano