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 2011  luglio 25 Lunedì calendario

L’EX «SISTER MORFINA»: A 20 ANNI ERANO PRONTI ANCHE I MIEI NECROLOGI —

Lei il club dei 27 l’ha evitato. Lo stile di vita, però, era quello. Marianne Faithfull, 64 anni, musa dei Rolling Stones, icona della swinging London, oggi cantante sofisticata e attrice di cinema (Irina Palm), ha un passato da far impallidire quello di Amy Winehouse. «Ho avuto una vita selvaggia» , confessa al telefono da Perugia dove si è esibita ieri in una tappa del tour che prende il nome dal suo ultimo album «Horses and High Heels» .
Il mondo la scoprì nel 1964 con «As Tears Go By» , scritta per lei da Mick Jagger e Keith Richards. Con Jagger si fidanzò anche, nel 1966. Presto divenne schiava di eroina e cocaina. Ebbe un aborto, nel ’ 70 perse anche Mick e le tolsero la custodia di un figlio avuto dal primo marito. Venne dimenticata. Una spirale tragica che la portò a vivere come una homeless nelle strade di Londra. Nel ’ 79 una scintilla di vita con un nuovo disco: la voce resa irriconoscibile e roca dai vizi, ma «Broken English» venne applaudito dalla critica.
Nonostante il risultato Marianne ripiombò nella dipendenza. «Il punto di svolta? Nel 1985, quando andai in terapia. Ne uscii sana. Ero a posto» , ricorda. Lei alla rehab, dopo un primo tentativo andato a male, alla fine aveva detto sì. Amy, invece, continuava con i «no» . «Bisognerebbe riuscirci alla prima volta. Forse ci puoi andare due volte al massimo. Ma andare a disintossicarsi è comunque deprimente e alla fine la gente molla il colpo» .
Le ferite di quegli anni sono profonde. Dimenticare è una forma di autodifesa. «Provo a cancellare il passato» , confessa. Affiora qualcosa alla mente? «Non ricordo molto. Non saprei dire quello che facevo allora. Gli anni 70 sono stati un periodo difficile della mia vita e se ripenso a quell’epoca immagino che sarebbe potuto accadere anche a me quello che è capitato alla Winehouse» . E invece il macabro traguardo dei 27 lo ha più che doppiato. «Sono stata più fortunata. O solo più forte» .
La morte della collega l’ha colpita: «L’ho conosciuta e mi era sembrata simpatica. Sapevo che era una personalità autodistruttiva ma pensavo che, come ci sono riuscita io, anche lei avrebbe superato tutto questo. Sono un’ottimista. Invece non ce l’ha fatta» . Eppure tutti, persino la madre, la davano per persa. I coccodrilli dei giornali erano stati commissionati da tempo. «Quando ero giovane anche i miei necrologi erano pronti» , dice.
Casi della vita. Domani sarà a Genova per la rassegna «Just Like a Woman» e riceverà il premio Janis Joplin, un altro dei soci del maledetto club dei 27. «Non sto a dire quanto sono orgogliosa — spiega —. Quando ho lasciato Mick (Jagger, ndr) da casa ho portato via solo pochi dischi: Otis Redding, Hank Williams, Aretha Franklin e ovviamente Janis Joplin. I suoi li ho suonati, li ho consumati. Pensavo che fosse la più grande» .
Con tutta quell’esperienza, cosa si sente di dire a un teenager? «Non toccarla. Non ti avvicinare. Le droghe e l’alcol ti possono veramente uccidere. Ma oggi lo dicono tutti» . Negli anni 70, invece, l’eroina sembrava glamour. «Forse non era ancora arrivata questa cosa della salute e dell’attenzione al corpo. Ma credo che nemmeno allora fosse poi così cool» . Forse una canzone come la sua «Sister Morphine» oggi non andrebbe in radio... «Un momento: quella era una storia. Non voleva essere la verità. Era una canzone scritta molto bene su un uomo cui un’infermiera fa un’iniezione di morfina dopo un incidente automobilistico. So che poteva sembrare simbolica di altro, ma non lo era quando l’ho scritta» .
Rock e droga vanno spesso a braccetto. Non solo nel caso dei 27. «Se sapessi il perché avrei in mano le chiavi del mondo. Forse nel rock c’è qualcosa nell’essere contro tutto e nel voler sfidare i limiti» . Amy i limiti li ha superati. Anche nella musica? «È stata un’artista importante, una cantante importante e anche un’autrice importante. Mi piaceva molto la voce, il suo timing. Ci mancherà molto» .
Andrea Laffranchi