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 2011  luglio 25 Lunedì calendario

LARGO AI GIOVANI (56ENNI)

-La «nonna volante» Lucia Servadio si buttò tempo fa col parapendio, a 105 anni, perché voleva «vedere il Cervino dall’alto» . E il leggendario attore George Burns sosteneva che «andare in pensione a 65 anni è ridicolo: a 65 anni avevo ancora i brufoli» . Un «giovane ricercatore» che va per la sessantina non capisce dunque perché l’Università di Urbino abbia delle perplessità sulla sua assunzione. E minacciando sfracelli ha fatto ricorso al Tar.
Ma partiamo dall’inizio. Cioè dal dicembre dell’anno scorso. Quando il dottor Angelo Giuliani, nato nella primavera del 1955, quando era ancora vivo James Dean e Winston Churchill si dimetteva da premier, partecipa alle prove di selezione per l’ammissione al Dottorato di ricerca in Scienze Ambientali. Un lavoro ce l’ha già: è funzionario alla Asl urbinate. Ma la sua grande passione è la natura. Tanto che il suo nome, sul Web, è associato a uno studio sulla presenza del lupo in provincia di Pesaro e Urbino o sui rapaci diurni e notturni nelle Marche. Il suo sogno è sempre stato quello di entrare all’Università. Sulle orme non del padre, come accade comunemente negli atenei italiani spesso trasformati in sconcertanti parentopoli, ma sulle orme del figlio Giovanni, che nella stessa università è entrato come ricercatore qualche tempo fa.
I posti a disposizione sono sei: tre dotati di una borsa di studio e tre senza. L’aspirante «professore» alle prove d’esame se la batte bene e riesce ad entrare, stando alle indiscrezioni perché gli atti non sono mai stati resi pubblici in attesa della conclusione del bisticcio burocratico-legale, nella pattuglia dei vincitori. Certo, il suo posto da ricercatore non prevede la borsa di studio ma non c’è problema: lo stipendio, per consentirgli «importanti mansioni di ricerca» , garantisce di pagarglielo l’Asl.
Quando gli portano da firmare gli atti del concorso, però, il rettore dell’ateneo marchigiano, lo storico Stefano Pivato autore di libri quali Vuoti di memoria o Il secolo del rumore, è perplesso. Anche perché tra le carte degli esami c’è una relazione di minoranza che contesta gli esiti delle prove di ammissione. Ma come: i Dottorati di Ricerca non sono stati istituiti proprio per favorire l’ingresso nel mondo della ricerca ai giovani laureati? Certo, la legge (incredibilmente) non fissa una esplicita età massima per concorrere a questo genere di posizioni dando in qualche modo per scontato che ai concorsi partecipino i giovani, tuttavia per una questione di buon senso...
Decide dunque di chiedere alla commissione di riunirsi nuovamente per riesaminare gli esiti del concorso. Risultato: il concorso si blocca con una serie di ricorsi e contro ricorsi che finiscono, come dicevamo, davanti al Tar. Furente per la sospensiva dell’iter di assunzione, il «giovane» cinquantaseienne firma un ricorso gonfio di «sommo stupore» e di indignazione per la «evidentemente strumentale ed ostruzionistica condotta di astensione e di omissione dell’Università di Urbino» nonché per la «sbalorditiva condotta in fatto ed in diritto tenuta dal rettore e dai dirigenti» .
Per non dire, con una raffica di accenti, della «assoluta ed ovvia illiceità, illegittimità, contraddittorietà, illogicità e, conseguenti nullità e annullabilità, di quanto svolto dall’Università» . Insomma: «non si erra nell’affermare che la condotta posta in essere dall’Università abbia violato tutte le norme e i criteri positivi e di elaborazione giurisprudenziale di origine internazionale, europea ed interna...» .
Chi ha ragione e chi ha torto? Ci interessa fino a un certo punto: lo decideranno i magistrati. Sportivamente: vinca il migliore. Lo stesso Angelo Giuliani, però, ammetterà che sotto il profilo del buon senso non ha molto senso, scusate il gioco di parole, dare a un signore avviato verso la sessantina, per quanto bravo e preparato sia, un posto da ricercatore destinato ad aprire le porte dell’università a un ragazzo o una ragazza altrimenti a spasso.
Tanto più se l’aspirante ricercatore ha già un posto di lavoro. E a maggior ragione se l’Asl, con i problemi di bilancio che ha la sanità pubblica in profondo rosso, si offre di rinunciare a un funzionario e di continuare a pagarlo anche se sta da un’altra parte. O no? Certo è che le università marchigiane non hanno molta fortuna sul versante dei giovani. Qualche tempo fa, ricorderete, era successo qualcosa di simile all’Ateneo di Macerata. Dove, utilizzando la legge fatta per convincere a rientrare in patria mezzo migliaio di giovani scienziati e ricercatori andati a lavorare all’estero, l’Università di Macerata affidò una cattedra a Aldo Colleoni, un «giovane» triestino sessantenne, che da anni andava e veniva dalla Mongolia. Dove, stando a un documento, risultava «ordinary regular teacher» («professore ordinario» in inglese maccheronico assai) presso la «University Zokhiomj» di Ulan Bator. Che però, come avrebbe accertato un’inchiesta del Secolo XIX, Università come la intendiamo noi non era affatto. Come sia finita è noto: con un processo per truffa, falso e abuso d’ufficio al rettore dell’Università Roberto Sani, al preside della facoltà di Scienze della formazione Michele Corsi, allo stesso «giovane cervello» fatto «rientrare» dalle lontane steppe...
Gian Antonio Stella