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 2011  luglio 25 Lunedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 25 LUGLIO 2011 - A

Oslo, alle 15.26 di venerdì, un’autobomba è stata fatta saltare in strada nel Regjeringskvartalet, il quartiere del Governo, devastando l’edificio a 17 piani che ospita i ministeri chiave, compresa la sede del premier Jens Stoltenberg (non si trovava nel suo ufficio). Due ore dopo, alle 17.27, un uomo camuffato da poliziotto ha aperto il fuoco a Utoya, isolotto vicino alla capitale, contro i giovani partecipanti a una convention di laburisti. Bilancio che sabato mattina contava 91 morti (7+84), con venti feriti in fin di vita, la polizia ha arrestato Anders Behring Breivik, 32 anni, biondo, occhi azzurri, molto alto, riconosciuto dai sopravvissuti di Utoya e avvistato da una telecamera di sicurezza nella zona dell’attentato al palazzo del governo. [1]

«Un fondamentalista cristiano»: così la polizia ha descritto Breivik dando notizia dell’arresto. Paul Rogers, docente di studi sulla pace alla Bradford University: «Occasionalmente, in alcuni individui, il fondamentalismo cristiano estremo può degenerare in violenza». Precedenti: Timothy McVeigh, autore della strage di Oklahoma City (1995), e il massacro di Port Arthur, in Tasmania (1996). [1] A Utoya Breivik si è presentato vestito da agente di polizia. Simen Mortensen, una delle guardie del campo: «È sceso dalla macchina e ha mostrato i documenti. Ha detto che era stato mandato per controllare le misure di sicurezza, che era un controllo di routine dopo l’attacco terroristico di Oslo». Breivik è quindi andato tra i ragazzi e ha fatto loro cenno di avvicinarsi, quindi ha aperto il fuoco. Una testimone oculare ha raccontato al tabloid VG (il più importante del paese, sede investita dall’esplosione nel Regjeringskvartalet) di aver visto due sparatori. [2]

Zero redditi nel 2009, da qualche mese Breivik aveva lasciato Oslo per traferirsi nella regione di Heidmark, 150 chilometri dalla capitale, dove aveva impiantato un’azienda agricola bio (“Breivik Geofarm”) attraverso la quale gli sarebbe stato facile entrare in possesso di prodotti chimici con cui costruire una bomba artigianale (lo scorso 4 maggio aveva fatto acquisti per 4 tonnellate). Si immagina che abbia usato la campagna circostante per allenarsi a sparare. Su facebook si definiva «single, cristiano, conservatore e anti-islamico». Grande appassionato di videogiochi (“World of Warcraft” e “Modern Warfare 2”) e di caccia, film preferiti Il gladiatore e 300 (tratto dalla graphic novel di Frank Miller, racconta il sacrificio dei guerrieri spartani per fermare i persiani alle Termopili), indicava tra gli interessi il body-building e la massoneria, manifestando apertamente il proprio odio per la società multiculturale e multirazziale. Sulla sua pagina Twitter aveva postato un solo messaggio, lo scorso 17 luglio, una citazione del filosofo inglese John Stuart Mill: «Una persona con un credo ha altrettanta forza di 100.000 persone che non hanno interessi». [3]

Molto più vasta dell’Italia (385mila chilometri quadrati contro 301mila) ma con una popolazione sotto i 5 milioni, la Norvegia non fa parte dell’Unione Europea (ripetuti referendum hanno respinto l’ingresso). Enrico Tiozzo: «La decisione di rimanere al di fuori della Ue, in realtà sorprendente da ogni punto di vista, anche alla luce delle diverse scelte unitarie della Finlandia, della Danimarca e della Svezia (anche se queste due ultime nazioni, significativamente, hanno scelto di mantenere la loro valuta non sostituendola con l’euro), illustra bene la posizione norvegese e la volontà di mantenersi al di fuori e al di sopra delle parti, ritrovando in questa singolare scelta elitaria l’orgoglio di una piccola nazione fiera della sua storia e della sua diversità». [4]

Paese di pescatori improvvisamente arricchiti dal petrolio del Mare del Nord (primo produttore dell’Europa Occidentale e quinto nel mondo), 300 miliardi di euro messi da parte in un fondo governativo (il governo può usare solo il 4% dei proventi), la Norvegia ha snobbato la Ue per rinchiudersi orgogliosamente nei suoi confini. [5] Lucia Annunziata: «Ha guidato per circa un decennio, dal 2000 al 2006, e ancora nel 2009 e nel 2010, il Human Development Index, l’indice che designa i Paesi più evoluti del mondo misurando il livello di eguaglianza, integrazione e opportunità. È stata indicata per anni di seguito come la nazione con il più alto livello di vita». [6] Il premier Jens Stoltenberg, classe 1959, in carica una prima volta nel 2000, ha vinto le elezioni del 2005 e del 2009. Spesso definito “il Kennedy norvegese” per il suo stile misurato ma accattivante, «è amato per aver bloccato la serie di privatizzazioni messe in campo dal governo precedente» (Roberta Zunini). [7]

Gli immigrati sono il 10% della popolazione norvegese, il 36% ha la cittadinanza ed è ben integrato. Nel paese vivono 150mila musulmani (moltissimi iracheni e afghani). Adriano Sofri: «L’accoglienza agli stranieri, specialmente asiatici - a cominciare dai vietnamiti - è stata molto vasta, e ha sperimentato, prima di altri paesi, le difficoltà e anche i fallimenti di programmi di integrazione troppo fiduciosi». [8] Durante la campagna elettorale del 2009 laburisti e conservatori si scontrarono sulle concessioni alla minoranza islamica: una donna siriana, sposata a un norvegese, arrivò a darsi fuoco per protestare contro l’hijab, il velo. Il Fremskrittspartiet, Partito del Progresso che ama definirsi «thatcheriano» ma che viene bollato dalla stessa destra moderata (conservatori e cristiano-democratici) come «populista», conquistò 41 seggi, battuto solo dai socialisti. [9] Dal 1999 al 2006 l’Frp aveva avuto tra gli iscritti alla sua sezione giovanile lo stesso Breivik (tra il 2001 e il 2002 presidente di sezione). [2]

Società molto aperta, iperlaica, dove il ruolo dei luterani è assai tenue, confinato alla coscienza e alle credenze individuali, la Norvegia ha sperimentato negli ultimi anni una reazione dura e in qualche caso scomposta all’afflusso degli immigrati dal mondo musulmano. Durante la campagna elettorale del 2009 Siv Jensen, erede del fondatore Carl H. Hagen a capo del Partito del Progresso, conquistò gli elettori promettendo l’espulsione di tutti gli immigrati colpevoli di reati (anche “futili”) e l’istituzione di «veri e propri “lager” per coloro che arrivano in Norvegia privi di di documenti» (La Stampa). In linea di massima, blocco di ogni tentativo di immigrazione, idea condivisa da un norvegese su quattro. [10] Hans Torgersen, reporter di VG: «Breivik probabilmente ha agito contro l’atteggiamento troppo rilassato nei riguardi dell’Islam del partito laburista». [2]

Le risposte del governo norvegese all’ondata xenofoba non sono state sempre limpide ma hanno oscillato tra integrazione e rifiuto, tra difesa strenua dei valori secolari e accettazione moderata delle istanze di una cultura diversa. Gli stessi laburisti hanno assunto negli ultimi anni posizioni più rigide in tema di immigrazione. Negri: «Anche la candida neve della Norvegia è diventata sporca. È difficile dire quale sia la relazione tra chi sparato e messo le bombe nel cuore della capitale e gli eventi accaduti in questi ultimi due anni ma è evidente che pure la tranquilla Norvegia, dove la vita scorre soffice e che con l’oro nero si può concedere un welfare state munifico e inusuale, è cambiata: anche qui, insieme ai lamponi, è maturato il seme dell’intolleranza, del disagio nei confronti del’altro e del diverso». [11]

L’attacco di venerdì ricorda fortemente quello di Oklahoma City del 1995, quando una coppia di attentatori di estrema destra colpì il palazzo federale con un camion-bomba facendo 250 vittime. Sebbene significativamente presenti e sostenuti da un pezzo della società, i gruppi norvegesi di estrema destra ostili al melting pot hanno sempre evitato atti di sangue. Guido Olimpio: «Gli esperti segnalano che gli “zeloti neonazi” norvegesi sono una realtà ridotta. Usando il tema dell’“invasione degli stranieri” hanno cercato di raccogliere consensi e forse un gruppo sconosciuto ha deciso di fare un salto di qualità. L’esplosione che ha sconvolto Oslo lo dimostra: un atto per destabilizzare il governo e seminare panico. Il successivo assalto affidato ad un killer “biondo” è il terrore puro. Viene da chiedersi se ci siano stati dei segnali. Le autorità li hanno sottovalutati?». [12]

«Rispetto ad altri paesi non direi che abbiamo grossi problemi con gli estremisti di destra. Ma ci sono alcuni gruppi, li abbiamo seguiti in passato e la nostra polizia ne è consapevole» ha detto sabato Stoltenberg. In un rapporto diffuso all’inizio dell’anno i servizi di sicurezza interni della polizia norvegese dicevano di temere piuttoso un attacco di matrice islamica, considerando «meno seria» la possibilità di un’azione dell’estrema destra. Premesso che «nel 2010 si è verificato un aumento delle attività dei gruppi di estrema destra, attività che dovrebbe proseguire quest’anno» concludevano che «come gli anni precedenti, gruppuscoli di estrema destra e sinistra non rappresentano una minaccia seria per la società norvegese nel 2011». [2]

Anne Holt, avvocato, ex ministro della Giustizia, giornalista, scrittrice norvegese notissima anche da noi per i suoi gialli, ha raccontato ne La porta chiusa (Einaudi 2009) un protagonista col sogno di compiere qualcosa di più grandioso dell’11 settembre: «Da circa dieci, quindici anni gli immigrati, anche quelli di seconda, terza generazione, hanno crescenti problemi a trovare alloggi e lavoro. E sono sempre più attaccati verbalmente. Ma non solo i soli. È un’avversione per l’Altro più ampia, che colpisce, per esempio, anche le poche migliaia di ebrei che vivono da decenni nel Paese». Ekil Pedersen, leader del movimento giovanile del partito laburista norvegese (Auf), dice che gli attacchi di venerdì «cambieranno il paese, possibilmente in meglio»: «Non ci faremo zittire, in onore di chi ha perso la vita. Continueremo a tenere alti i nostri ideali di tolleranza e antirazzismo». [13]

Note: [1] repubblica.it 23/7; lastampa.it 23/7; Carlo Bonini, la Repubblica 23/7; [2] repubblica.it 23/7; [3] repubblica.it 23/7; Guido Olimpio, corriere.it 23/7; ilgiornale.it 23/7; [4] E. Tio., Il Messaggero 23/7; [5] E. Tio., Il Messaggero 23/7; Luigi Offeddu, Corriere della Sera 15/9/2009; [6] Lucia Annunziata, La Stampa 23/7; [7] Roberta Zunini, il Fatto Quotidiano 23/7; [8] Luigi Offeddu, Corriere della Sera 15/9/2009; Adriano Sofri, la Repubblica 23/7; Maria Serena Natale, Corriere della Sera 23/7; [9] Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 23/7; [10] Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 23/7; La Stampa 15/9/2009; Luigi Offeddu, Corriere della Sera 15/9/2009; [11] Valeria Fraschetti, la Repubblica 23/7; Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 23/7; [12] Guido Olimpio, corriere.it 23/7; Guido Olimpio, Corriere della Sera 23/7; Renzo Guolo, la Repubblica 23/7; [13] Valeria Fraschetti, la Repubblica 23/7; Mario Baudino, La Stampa 23/7; Alessandro Sala, corriere.it 23/7.