Paolo Lepri, Corriere della Sera 22/07/2011, 22 luglio 2011
DALLA TOMBA AL MARE. L’ULTIMO VOLO DEL NAZISTA HESS
Niente più pellegrinaggi, niente più bandiere. Le ceneri di Rudolf Hess verranno disperse segretamente nelle acque del mare, come il corpo di Osama Bin Laden. La sua tomba, punto d’ incontro da anni di militanti neonazisti e di nostalgici (anche se le manifestazioni organizzate furono proibite nel 2005), è stata distrutta all’ alba di mercoledì, nel cimitero della parrocchia evangelica di Wunsiedel, con il consenso dei familiari. Un uomo che non sarebbe dovuto esistere, da oggi non esiste più. Un luogo della vergogna è stato cancellato. Era stato proprio il braccio destro di Hitler negli anni Trenta, condannato all’ ergastolo nel processo di Norimberga, a voler essere sepolto in questa cittadina della Franconia orientale, in Baviera, non lontana dal confine con la Repubblica Ceca, dove i genitori (il padre era un facoltoso esportatore di vini) avevano un casa per le vacanze. La richiesta era contenuta nel testamento scritto nel carcere di Spandau (dove era rimasto l’ ultimo detenuto) poco prima di togliersi la vita a 93 anni, nel 1987, alla vigilia di una possibile liberazione. Un suicidio per la paura del mondo, forse, come quello di Hanna Schmitz, l’ aguzzina che aveva imparato a leggere, la protagonista del romanzo di Bernhard Schlink diventato poi il film The Reader . Esaudire o disconoscere le ultime volontà di un defunto, anche se questo uomo era colui che aveva aiutato il Führer a scrivere Mein Kampf ed era stato a lungo una specie di ombra del dittatore nazista? Stranamente, anche se dopo molti dubbi, coloro che in quei giorni dovevano decidere ebbero il cuore tenero. E quel tranquillo cimitero diventò ben presto un simbolo per le teste rasate che ritenevano Hess «un martire e una vittima». Ma ormai era troppo tardi per cambiare idea e solo lo scadere del contratto d’ affitto, nell’ ottobre scorso, ha potuto aprire la strada al ritorno di Wunsiedel (che andrebbe ricordata piuttosto come la città che ha dato i natali al grande scrittore romantico Jean Paul, pseudonimo di Johann Paul Friedrich Richter) in quel decoroso anonimato che i suoi abitanti desiderano. Certo, le resistenze ci sono state: una nipote di Hess si era inizialmente opposta alla decisione, poi la famiglia ha acconsentito e accettato di non promuovere un’ azione legale. «La tomba è vuota, le ossa sono state portate via», ha annunciato ieri l’ amministratore del cimitero. Insomma, finalmente qualcuno ha osato togliere quella lapide sulla quale era stato scritto «Io ho osato». Ma non sono, queste, le parole più famose di Hess e conta poco sapere se si riferissero alla misteriosa missione del maggio 1941, quando si paracadutò in Scozia per raggiungere il castello del duca di Hamilton con l’ obiettivo apparente di convincere gli inglesi ad una pace separata con la Germania. L’ ex commilitone di Hitler, catturato dagli inglesi in quella occasione, verrà ricordato, piuttosto, per l’ ambigua lettera d’ addio che indirizzò al Führer prima di partire alla guida del suo Messerschmitt: «Se questo piano dovesse fallire sarà sempre possibile negare ogni responsabilità: dì solo che sono un pazzo». Su queste parole si sono a lungo interrogati gli storici. «Sono felice che l’ ombra nazista su Wunsiedel sia scomparsa», ha dichiarato Charlotte Knobloch, una delle responsabili della comunità ebraica tedesca. «Il male ha un posto di meno nel mondo», è stato, da New York, il commento di Elan Steinberg a nome dell’ associazione dei sopravvissuti dell’ Olocausto e dei loro familiari. È stato strano, però, che nessuno sia riuscito ad intervenire prima, nonostante le rigide norme in vigore in Germania contro l’ apologia del nazismo. Nel 2004, prima del divieto, furono migliaia i militanti di estrema destra che giunsero nella cittadina bavarese anche da altri Paesi europei. La data fatidica, ogni anno, era il 17 agosto, giorno in cui Hess si impiccò con un cavo elettrico nel cortile della fortezza berlinese. Un numero sfortunato per lui, tessera 17 del partito nazionalsocialista.
Paolo Lepri