Varie, 22 luglio 2011
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Diamond Peter
• New York (Stati Uniti) 29 aprile 1940. Economista. Professore al Massachusetts Institute of Technology, a Cambridge, è uno dei massimi studiosi del Welfare negli Usa. Tra i suoi studenti il presidente della Fed Ben Bernanke, nell’aprile 2010 il presidente Usa Barack Obama lo propose come candidato per uno dei tre posti vacanti sul board della Fed ma il Senato bocciò la sua candidatura. Premio Nobel 2010 (con Christopher Pissarides e Dale Mortensen, motivazione: «Per una nuova metodologia d’analisi sul mercato del lavoro») • «[...] Diamond e suoi hanno lavorato per anni intorno alla cosiddetta “curva di Beveridge” (dal nome del celebre autore del rapporto sullo Stato sociale del 1942, che mette in relazione posti disponibili e numero di occupati) per dimostrare che, quando è in atto una ripresa economica, le imprese si ristrutturano e dunque offrono posti per professionalità più avanzate difficili da trovare sul mercato. Dunque, sfasature temporali e mancanza di formazione. Nessuna colpa ai sussidi. [...] Nella geografia, un po’ schematica, delle scuole di pensiero la “terna” guidata da Peter Diamond può inserirsi a pieno titolo tra i cosiddetti “imperfezionisti”, alla Stiglitz, economisti liberal che tentano di individuare gli ostacoli al buon funzionamento del mercato (asimmetrie informative, oligopoli, azzardo morale). Liberal, ma non keynesiani, perché Peter Diamond è stato seguace della scuola neoclassica del franco-statunitense Gérard Debreu» (Roberto Petrini, “la Repubblica” 12/10/2010) • «[...] Alto, un po’ curvo, spesso trasandato nel vestire (parecchi l’hanno visto girare per il Mit di Boston in sandali senza calzini) Peter Diamond ricorda alcuni risaputi clichés dello studioso: cortesissimo eppure pronto a criticare senza pietà le tesi altrui, autore di arcane teorie ma con una carica di impegno civile. “Certe volte ai seminari sembrava che dormisse, poi d’un tratto se ne veniva fuori con l’osservazione più profonda di tutti” racconta sul suo blog l’economista Steven Levitt. [...]» (Stefano Lepri, “La Stampa” 12/10/2010).