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 2011  luglio 22 Venerdì calendario

ADDIO ALLO SHUTTLE E AL SOGNO SPAZIALE

La corsa allo conquista dello spazio ci ha dato molto, anche se non tutto è da catalogare sotto la voce «progresso dell’umanità». Dai missili sui quali si è retto per decenni l’ «equilibrio del terrore» alle tecnologie mediche sviluppate nei laboratori orbitanti, oltre a quelle scaturite dagli esperimenti spaziali più disparati, compresi quelli per le «guerre stellari» di Ronald Reagan. Per finire coi satelliti-spia che hanno reso individuabili tutti i movimenti sulla faccia della terra e hanno fornito la tecnologia con la quale Google ha fotografato ogni angolo del mondo. E col sistema satellitare Gps che ci guida sulle strade e serve anche a recuperare le auto rubate. Ma anche sistemi che guidano i «droni» della Cia verso i bersagli della sua lotta antiterrorismo.
Negli ultimi decenni, tuttavia, mentre cresceva l’utilità commerciale, scientifica e anche militare dei satelliti in orbita a poche migliaia di chilometri dal nostro pianeta, è andato pian piano perduto lo spirito originale delle missioni nel cosmo: quello dell’esplorazione dell’universo, dell’uomo proiettato verso altri mondi dove aver scoperto tutto di quello in cui vive. In questo senso l’atterraggio, ieri, dell’Atlantis al termine della sua ultima missione, segna non solo la fine dell’era degli shuttle americani, dopo oltre 30 anni e 135 voli, ma anche la fine del sogno della conquista dello spazio.
Certo Barack Obama, dopo aver cancellato il programma «Constellation» per il ritorno sulla Luna e aver delegato ai privati la costruzione dei nuovi «traghetti» spaziali, ha promesso in modo piuttosto vago che la Nasa porterà un uomo su Marte intorno al 2030. E aziende private come la Virgin Galactic di Richard Branson stanno per avviare i voli commerciali che creeranno il nuovo mercato del «turismo spaziale» . Ma si tratta di costosissimi voli suborbitali, una gita di pochi minuti fuori dall’atmosfera, che nulla hanno a che fare con l’esplorazione, mentre le promesse del presidente americano hanno buone possibilità di restare sulla carta. Per la difficoltà dell’impresa (sei mesi di volo verso Marte coi rischi dei raggi cosmici e la minaccia delle tempeste solari), i suoi enormi costi (assai difficili da giustificare in tempi di bilanci pubblici al collasso coi tagli che investono anche pensioni, scuole e assistenza sanitaria) ma soprattutto per la «perdita di appetito» della gente: le missioni nel cosmo non scaldano più i cuori. Gli americani hanno già dato con la Luna, un’impresa di oltre 40 anni fa.
Veicoli automatici sono atterrati sulle superfici desolate di diversi pianeti. Se non si trova qualche forma di vita da qualche parte, difficilmente tornerà l’entusiasmo per lo spazio, almeno in Occidente. Solo Pechino sembra avere l’interesse e le risorse per andare avanti. Forse vuole che anche nello spazio questo diventi il «secolo cinese» .
Massimo Gaggi