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 2011  luglio 22 Venerdì calendario

CRESCITA: COSÌ È CALATA LA VELOCITÀ MASSIMA - I

debiti vanno rimborsati. Ed è più facile farlo se il reddito aumenta. Anche perché una pressione fiscale troppo alta può essere altrettanto insostenibile di un eccessivo ricorso ai titoli di Stato.

È giusto, quindi, guardare all’andamento dell’economia reale per capire quali rischi corra il mondo. La crisi del 2007-09 ha duramente inciso sulle capacità del mondo avanzato di aumentare reddito e valore aggiunto. Il livello della crescita potenziale è elusivo e variabile nel tempo, ma una cosa è abbastanza chiara: la "velocità massima", oltre la quale parte l’inflazione, è calata un po’ ovunque (e comunque non è stata ancora raggiunta malgrado gli stimoli fiscali e monetari). Secondo l’Ocse, nel periodo 2011-2017 la crescita potenziale annua sarà negli Usa del 2% (2,4% prima della crisi), in Eurolandia dell’1,3% (1,7%), in Germania dell’1,1% (1,2%), in Francia dell’1,4% (dall’1,7%), in Italia dello 0,9% (invariata), in Spagna del 2,1% (3,1%). E tutto questo si può anche tradurre - con mille cautele - in un livello di disoccupazione incomprimibile: il 5,4% per gli Usa, il 7,2% per l’Italia.

Non è una condanna: la crescita potenziale può cambiare, può aumentare - secondo una ricerca di Romain Bouis e Romain Duval, sempre per l’Ocse - persino di dieci punti percentuali cumulati in dieci anni, con le riforme giuste. La "velocità massima" è però un vincolo, l’orizzonte nel quale si devono valutare capacità e rischi di ciascuna economia. Si sa, per esempio, che molti Paesi - Spagna e Irlanda più degli Stati Uniti - hanno visto fallire un modello di economia centrata sulle costruzioni, e difficilmente potranno tornare indietro; altri, come l’Italia, che hanno sempre più perso il ritmo e non sembrano più capaci di ritrovarlo.

La questione più importante, però, è un’altra. Sgombrato il campo dai capricci e dagli isterismi della politica, è sufficiente l’attuale crescita potenziale come garanzia di riduzione del livello dei debiti? Basta, per fare il caso dell’Italia, uno 0,9% annuo potenziale per far fronte a un’esposizione pari al 120% del prodotto interno lordo? Non occorre molto per rispondere: no, non basta. Occorre altro. Il momento è giusto: la domanda globale, dopo una pausa di riflessione tra marzo e aprile, sta riprendendo ed è in grado di trainare le economie in grado di mettersi in scia, e di aiutarle ad assorbire i costi di breve periodo delle riforme, i cui risultati non sono immediati.

Per riuscirci, occorre però avere gli investitori dalla propria parte. Nel mondo dei debiti e dei crediti conta la fiducia, e sui bilanci pubblici è il mondo politico che deve innanzitutto fornirla. I mercati sono troppo scettici? Possono sbagliare, si sa: sono velocissimi mentre molti dati economici sono pubblicati con ritardo e costruiscono lentamente un puzzle per giunta in movimento. La regola generale, comunque, vale sempre: i mercati vedono giusto, fino a prova contraria. Gli indizi non bastano.