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 2011  luglio 01 Venerdì calendario

UN BENE RIFUGIO CHE NON TRADISCE GLI INVESTITORI

Il boom dell’ oro è così potente da sfidare perfino l’ antica regola del «Monsoon Wedding». Da tempo immemorabile la stagione estiva era una pausa per le quotazioni del metallo giallo. La ragione: il maggiore consumatore mondiale di oro è l’ India, per i monili e le doti delle ragazze che si sposano, ma i matrimoni indù si celebrano soprattutto da settembre a dicembre. Oggi l’ India resta il numero mondiale negli acquisti, tallonata dalla Cina, e insieme assorbono il 52% della produzione «fisica». Quest’ anno però l’ estate non ha affatto interrotto la galoppata al rialzo dei prezzi: anzi si è sfondata la nuova soglia record dei 1.600 dollari per onciae nelle due ultime settimane il rialzo sfiora il 9%. Gli indiani hanno deciso di non aspettare il «Monsoon Wedding», e come dargli torto? (segue dalla copertina) Un giorno sì e uno no, a Mumbai come a Shanghai arrivano annunci di Apocalisse. L’ Italia sotto osservazione delle agenzie di rating,i suoi titoli pubblici con oltre 300 punti di divario nei rendimenti su quelli tedeschi: avvisaglie di una possibile lacerazione dell’ eurozona. Peggio ancora,i notiziari avvertono che perfino l’ economia più grande del mondo, quella americana, è entrata in un angoscioso conto alla rovescia: di qui al 2 agosto o si trova un accordo per tagliare il deficit tra Barack Obama e i repubblicani, oppure il Tesoro Usa rischia di entrare in un «default» tecnico, la cessazione dei pagamenti. Che fare con i propri risparmi? L’ ansia è planetaria, non conosce frontiere, anche le famiglie europee e americane hanno gli stessi incubi. Un tempo i titoli del Tesoro erano l’ investimento tipico del «buon padre di famiglia», cauto e previdente. In un’ èra di allarmi quotidiani sui «default» potenziali, non è più così. Fidarsi ciecamente che i titoli pubblici saranno restituiti alla scadenza, significa ignorare la sindrome greca. E allora quali sono i nuovi beni-rifugio? Il panorama mondiale offre poche alternative. Euro e dollaro sono le due monete più diffuse ma anche le più malate visto che eurozonae Stati Uniti sono gli epicentri della crisi del debito pubblico. Una micro-oasi di sicurezza la offrono il franco svizzero e i Bund tedeschi, però i rendimenti sono minimi e poi chi può illudersi che le banche tedesche o svizzere sopravvivrebbero a una bancarotta dell’ Italia, per non parlare degli Stati Uniti? Il renminbi cinese? Non è ancora pienamente convertibile. Il real brasiliano? Va forte però si teme una bolla speculativa che può scoppiare all’ improvviso. Canada, Australia, grandi produttori di materie prime (oro incluso) hanno valute robuste ma poco liquide. L’ attrattiva dell’ oro ha un’ implacabile razionalità. Il metallo giallo diventa il rifugio per eccellenza, quando tutte le monete rischiano di diventare carta straccia. Colpisce la geografia degli acquisti. L’ India da sola compra il 32% della produzione mondiale di oro, la Cina il 20%, la Turchia e il Medio Oriente il 12%. Gli Stati Uniti, dove pure c’ è un’ antica tradizione di monete auree e lingotti in cassaforte, comprano appena l’ 8%. I mercati trainanti quindi sono le potenze emergenti. A prima vista è innaturale: nei Bric (Brasile Russia India Cina) la crescita economica è vigorosa, le opportunità d’ investimento in moneta locale non dovrebbero mancare. Non ci sono rischi di «default» statali all’ ordine del giorno, anzi: Cina Russia e Brasile hanno i loro deficit pubblici al 2% del Pil, i conti in ordine sono una prerogativa dei paesi nonoccidentali. Ma le nazioni emergenti hanno altri timori. Soffrono di incubi tipici dei ricchi: non sanno più dove mettere al riparo i propri capitali. Proprio perché le loro finanze pubbliche sono sane, i Bric hanno enormi attivi commerciali da reinvestire, le riserve valutarie delle loro banche centrali sono strapiene di Treasury Bond americani, un default di Washington li esporrebbe a perdite pesanti. E poi le loro economie surriscaldate sono colpite dall’ inflazione: questo spiega i rendimenti a due cifre del Brasile. Anche i risparmiatori indiani e cinesi, sia pure per motivi diversi dai nostri, temono che le loro monete siano deprezzate: dal rincaro dei beni reali. Ormai perfino la Goldman Sachs è diventata un tempio della prudenza; nella sua ultima relazione di bilancio semestrale, si scopre che la più audace delle banche di Wall Street ha deciso di «tirare i remi in barca», riducendo sensibilmente la propria esposizione al rischio. Di fronte alle incertezze multiple - sulla ripresa mondiale, sul debito americano - anche i trader speculativi sono a disagio. All’ apice della confusione c’ è chi preferisce aggrapparsi ad un «bene reale» per eccellenza, quello che ha affascinato l’ umanità dai tempi di Re Mida.