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 2011  luglio 20 Mercoledì calendario

DAL CONTRABBANDO AL VOTO DI SCAMBIO: “CICCIO” COLUCCI, IL QUESTORE PER SEMPRE

Quando Francesco Colucci, detto “Ciccio” dagli amici, divenne Questore della Camera, a presiedere l’assemblea di Montecitorio c’era Nilde Iotti e al governo, sostenuto dal pentapartito Dc, Psi, Pri, Psdi e Pli, c’era il democristiano Giovanni Goria. Da allora, l’anno era il 1987, la legislatura la X, già la quarta per lui che era entrato a Montecitorio con i Socialisti nel lontano 1972, Colucci è “il questore”. Salvo infatti una interruzione dal ‘94 al 2001, la monarchia di “Ciccio” ha radici trentennali.
BRINDISINO, classe 1932, Colucci è giunto quasi indenne dall’epoca craxiana a quella berlusconiana.
Nel luglio del 1982 la Giunta delle autorizzazioni della Camera, che allora aveva il potere di farlo, lo sottrasse a un’inchiesta sul contrabbando di sigarette sulla quale indagava la Procura di Genova. “Per rendere possibile l’attuazione del programma criminoso - ipotizzavano i magistrati inquirenti - l’allora sottosegretario alle Finanze del secondo governo di Arnaldo Forlani, avrebbe trasferito un funzionario delle dogane da Genova ad Aosta “ricevendo la promessa di partecipare agli utili dell’organizzazione in misura proporzionale all’entità del traffico illecito”. Quell’inchiesta, condotta dal giudice istruttore Roberto Fucigna, portò poi alla condanna di diversi tra gli autori di quel traffico ma costò al magistrato un procedimento disciplinare, per “aver mancato ai suoi doveri d’ufficio compromettendo il prestigio dell’ordine giudiziario”, per aver richiesto alla Camera di indagare Colucci. Il procedimento finì poi con un’assoluzione del magistrato da parte del Csm.
Nella sentenza di primo grado il presidente del tribunale di Genova Luigi Castellana, volle rivolgersi proprio a quel politico già giudicato innocente dalla giunta della Camera con queste parole: “Non si può non farlo notare, come lo scandalo, lungi nuocere al politico, costituisce anzi il trampolino per l’ottenimento di sempre più prestigiosi incarichi. E non si aggiunge altro per non aggravare quel senso di disagio che è già insito in tutti i cittadini”. L’anno era il 1983. Il mese, maggio.
Ma Colucci ha anche un altro record: fu il primo in Italia ad essere condannato (ma solo in primo grado, poi fu assolto negli altri gradi di giudizio) per voto di scambio. Era il 1994. “Per la prima volta nella giurisprudenza italiana - commentarono i suoi avvocati difensori, Ennio Amodio e Umberto Del Basso De Caro - viene sanzionato un comportamento assolutamente fisiologico dell’attività politica”. Una tesi che fu poi accolta dai giudici nei gradi successivi.
Signore delle tessere a Baggio, quartiere della periferia Est di Milano, Ciccio Colucci è una potenza elettorale, tanto che quel collegio nel 2001, fu impenetrabile anche a Maurizio Lupi e a Cielle che dovettero andare a cercar consensi altrove.
DEPUTATO nelle legislature VI, VII, VIII, IX, X, XI, XIV, XV e XVII, promotore dell’Inter club di Montecitorio, per anni presidente della Federazione italiana pesca sportiva (circostanza che gli causò un esposto per incompatibilità) fu presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria che varò l’introduzione nel nostro paese del codice fiscale. È però, soprattutto il più alto in grado tra i questori di Montecitorio, quelli che, per regolamento “sovrintendono alle spese della Camera e predispongono il progetto di bilancio e il conto consuntivo”.
È in questa veste che, dagli anni ‘80, ha visto lievitare in maniera sostanziosa i trasferimenti dello Stato alla Camera dei deputati. Nel 1983 il bilancio di previsione della Camera ammontava a 225 miliardi e 233 milioni di lire, mentre le somma degli stipendi dei deputati era di 54 miliardi e 225 milioni. Oggi quelle cifre si sono moltiplicate in misura esponenziale. Il bilancio di Montecitorio inghiotte quasi un miliardo di euro e solo di indennità (senza contare dia-ria, rimborsi e varie) se ne vanno 88 milioni di euro. Qualche anno fa, nel suo ruolo di questore, mentre montava l’indignazione per i costi eccessivi della politica, disse: “Noi non ci sentiamo assolutamente una casta; ma non siamo neppure Sarah Ferguson, duchessa di York inseguita con i teleobiettivi. C’è volontà di trasparenza, ma ci deve essere anche approfondimento e correttezza dell’informazione. Quelli che molto spesso sono additati come ‘privilegi’ dai mass-media, come ad esempio i mutui per i parlamentari o i rimborsi in caso di missioni, sono servizi e prerogative previste da qualsiasi grande azienda. L’austerità è una scelta che ci siamo dati autonomamente”. Era il 1992. Il bilancio della Camera era più economico di quello di oggi.