Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 20 Mercoledì calendario

CUOCHI E GIARDINIERI. LA CASCINA DI LUSSO DEI DIECI FEDELISSIMI DI DON VERZE’ —

Dalla cascina si vede l’enorme cupola sormontata dalla statua in vetroresina dell’angelo Raffaele. Sotto la cupola si è ammazzato Mario Cal, amico e braccio destro del sacerdote che ha fondato l’ospedale. Dentro la cascina vivono uno accanto all’altro, come in un seminario, gli adepti. Ovvero gli uomini (pochi) e le donne (molte) della confraternita di don Luigi Verzé. Due luoghi simbolo del San Raffaele. La cupola si nota a chilometri di distanza. La cascina lì sotto la conoscono pochi. Pochissimi sanno chi sono i Sigilli, ovvero la «famiglia» che vive con don Verzé (più tre signore distaccate in Brasile): una decina di persone in gran parte dipendenti e dirigenti della Fondazione Monte Tabor. Cioè quella straindebitata che controlla il gruppo ospedaliero, quella che incassa il 5x1000 dell’Irpef. Ma anche quella che paga tutte le spese dei «fratelli» della cascina. È un gruppo di potere che prega e comanda. «Una setta» , dice qualcuno. Forse da qualche giorno comanda un po’ meno, ma per quarant’anni tutte le più importanti decisioni sono state prese da don Verzé e dai suoi Sigilli della cascina. Mangiano e dormono lì, nessuno è sposato. Cal, che lo era, non partecipava al club. Ma i cuochi pagati dalla Fondazione (quella con un miliardo di debiti, quella che da due anni non paga i fornitori..) sono sempre tre, così come i giardinieri. E se si scrosta il muro? E se occorre una ristrutturazione? Ecco pronti quattro operai distaccati dall’impresa edile del gruppo. Sempre a spese della Fondazione. La povertà evangelica è un’altra cosa e basta la cupola lì di fronte a ricordarlo. Ma anche la cascina fa la sua figura. È come quegli agriturismi Relais &Chateaux, rustici fuori e sfarzosi dentro. Pare che anche auto e benzina siano gentilmente offerti dalla Fondazione. Dicono le malelingue che nonostante i «fratelli» Sigilli non abbiano famiglia da mantenere, prendano lo stipendio dalla Fondazione, non paghino affitto, né auto, né servitù, né idraulico, né elettricista, e nonostante ciò riescano anche a riempire il frigo grazie alla generosità dei fornitori del San Raffaele. Tecnicamente, loro, i Sigilli, sono i «soci dedicati» dell’Associazione Monte Tabor, ovvero il soggetto che nomina i vertici della Fondazione a capo del gruppo. I «soci dedicati» ora rischiano di perdere i loro privilegi a meno che il loro capo non li abbia negoziati con la Santa sede. E magari non abbia anche «salvato» una villa in Sardegna, sopra l’ospedale di Olbia, che si dice abbia una vista stupenda sul mare: lì i Sigilli, tutti piuttosto anzianotti, vanno a respirare iodio gratis. In questi giorni però l’aria è molto cupa, sono passati i tempi delle feste in cascina. Sotto la cupola si è consumata la tragedia dell’uomo che ha dato concretezza ai sogni (non tutti) di don Verzé, piegando i bilanci alle sue utopie, coprendo (forse solo in parte) i buchi esteri, tirando i debiti a un passo dal precipizio. In Brasile le attività sono sotto il controllo di una delle fedelissime «sorelle Sigillo» . Vi sarebbero però molte difficoltà a far quadrare i conti. Il bilancio 2010 è già chiuso ma, secondo alcune fonti, la valutazione degli asset brasiliani sarebbe molto superiore al reale valore. Del resto Cal, come già detto, ha sempre fatto i salti mortali per far quadrare in un unico bilancio il business vero con i «capricci» vari ed eventuali. Le domande corrono di bocca in bocca al San Raffaele. Perché Mario Cal si è sparato proprio lì, nell’ufficio al sesto piano sotto la cupola alta 60 metri dell’Istituto scientifico? Don Verzé disse di averla costruita per avvicinarsi a Dio. È una costruzione carica di simboli per i raffaelliani. Cal non si è sparato alla scrivania, ma in una saletta riunioni collegata. Esattamente sotto l’ufficio di don Verzé. Alla sua segretaria storica (Stefania) aveva detto che non sarebbe andato in ufficio lunedì (dove infatti ha trovato l’altra segretaria, Paola), gli scatoloni li aveva già portati via da venerdì. Chi l’ha visto a fine settimana scorsa, racconta di un uomo tutto sommato sereno che si era messo il cuore in pace: avrebbe preferito Giuseppe Rotelli, uno dei leader nella sanità privata, alla guida del San Raffaele piuttosto che la Santa sede, ma era comunque sollevato dalla soluzione trovata. Poi, invece, il gesto definitivo dell’uomo disperato, il suicidio. Un peccato grave per un cattolico, sotto la cupola di don Verzé.
Mario Gerevini
Simona Ravizza