Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 20/7/2011, 20 luglio 2011
NIENTE PANICO DA CONTI PUBBLICI
Nei giorni bui dell’autunno 2008, fra la gente in coda al supermercato si sentivano voci angosciate: «Devo ritirare i denari dalla banca»?, «e dove li metto»?, «devo vendere i BoT»?, «mi toglieranno più soldi dalla busta-paga»......
Siamo tornati a quelle giornate convulse? La risposta breve è «no». La crisi che ci troviamo a vivere è una crisi seria, ma non ha molto a che vedere con la Grande Recessione che si dispiegò tre anni fa. Tuttavia, è importante prima di tutto capire la natura di questa crisi. Se non si capisce quello che succede ci arrocchiamo in difesa. Cosa facciamo quando entriamo in una stanza buia? Prima di tutto, ci fermiamo: non andiamo nè avanti nè indietro. Il comportamento è razionale: non possiamo inoltrarci nel buio, rischiamo di farci male. Ma quello che è razionale per ognuno di noi diventa pericoloso per noi come comunità: se tutti si fermano, rimandano le spese, non mettono mano al portafoglio, allora i soldi non circolano più, l’economia si ferma e torna la recessione.
In questa prima puntata del "manuale anticrisi" diventa allora necessario spiegare quello che è successo. Vediamo di rispondere a due domande:
Perché l’Italia si trova nell’occhio del ciclone? Forse perché i conti pubblici italiani vanno male? No, i conti pubblici non vanno affatto male, e bastano alcune cifre per rendersene conto. L’anno scorso l’Italia ha registrato un deficit pubblico pari al 4.5% del nostro prodotto nazionale (Pil), e quest’anno il deficit scenderà al 3.9% (i dati dei primi sei mesi confermano il miglioramento). In ambedue i casi si tratta di disavanzi minori rispetto all’Eurozona. E questa è la ragione per cui, malgrado il nostro debito pubblico (una triste eredità del passato) sia molto elevato, i mercati ci avevano lasciati in pace. Gli occhi erano puntati su altri Paesi (Grecia, Irlanda, Portogallo) e l’Italia veniva considerata, una volta tanto, affidabile. Tutto è cambiato quando, dopo la sconfitta alle elezioni amministrative, il Governo si è indebolito: i mercati hanno avuto paura che la mano ferma che aveva finora retto il timone delle nostre finanze pubbliche avrebbe cominciato a traballare, e il deficit non sarebbe più stato tenuto sotto controllo.
D’accordo, ma sono giustificati questi timori? I fatti finora ci dicono di no, questi timori non sono giustificati. Nei momenti difficili gli italiani sanno mettere da parte le ostilità, e maggioranza e opposizione si sono messe d’accordo per far passare una manovra di correzione dei conti. Si può criticare questa manovra, ma in ogni caso si tratta di una stretta che mantiene il bilancio pubblico in zona sicurezza. E non è solo a livello parlamentare che si nota una maggiore unità di intenti. Anche a livello dei corpi intermedi - sindacati e datori di lavoro - vi è stato uno storico accordo sui contratti, e, su questo cruciale articolo della pace sociale, si è sotterrata l’ascia di guerra.
Ciò detto, la crisi non è finita. Molti ostacoli devono ancora esser superati e molte legittime preoccupazioni ancora turbano i cittadini. Nei prossimi giorni le affronteremo.