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 2011  luglio 20 Mercoledì calendario

Tagli e accorpamenti Piccoli Comuni in rivolta - Non più un segretario comunale per ogni campanile, ma uno che ne serva due, tre, quattro

Tagli e accorpamenti Piccoli Comuni in rivolta - Non più un segretario comunale per ogni campanile, ma uno che ne serva due, tre, quattro. Non più un servizio scolastico per ogni borgo, ma una sola scuola, magari con più succursali. Non più ognuno con la sua guardia comunale, ma un servizio di polizia municipale articolato su più comuni. E così via. Messi in riga La manovra mette in riga anche i 5.692 piccoli comuni italiani, quelli con una popolazione inferiore a 5 mila abitanti, e impone loro di associarsi per esercitare le loro sei funzioni fondamentali. Una misura che vorrebbe razionalizzare l’attività amministrativa (inutile allestire due uffici identici a distanza di pochi chilometri) ma che ha l’obiettivo principe di tenere a freno la spesa. La legge 42 del 2009, che viene richiamata in manovra, specifica quali siano le sei funzioni principali dei comuni: amministrazione e gestione del bilancio, funzioni di polizia locale, funzioni di istruzione (limitatamente agli edifici scolastici delle elementari e servizio di asili nido), viabilità e trasporti, gestione del territorio, servizi sociali. Per lo svolgimento di queste funzioni - dice il provvedimento appena approvato dal Parlamento - i comuni con meno di 5 mila abitanti dovranno fare quello che una volta si sarebbe chiamato «un lavoro di gruppo». Insomma, mettersi insieme. La manovra specifica che per due di queste funzioni ci si dovrà associare entro l’anno in corso, per altre due entro il prossimo e per le restanti due entro il 2013. Compiti a casa In linea di principio nessuno fiata. In via di fatto i piccoli comuni sono inviperiti, perché se con una mano il governo assegna i compiti a casa, con l’atra taglia i fondi. Inoltre la norma, così come appare nella manovra di bilancio, non specifica quali funzioni debbano essere accorpate per prime e quali potranno esserlo dopo. E non dice neppure come debbano avvenire questi consorzi. Per dire: un comune A si può unire ad un comune B per la funzione X e ad un altro per la funzione Y? E il comune B - a sua volta - può allacciare rapporti con comuni C, D, E eccetera per una o più funzioni? Oppure ci si fidanza tra comuni limitrofi e si mettono insieme tutte le funzioni? Non è chiaro. Nuovo tentativo Ma i piccoli comuni sono nervosi, anche perché la nuova norma, nuova non è, in quanto era già presente nella manovra salva-deficit del 2010, solo che il decreto attuativo di quel provvedimento non passò mai al vaglio della conferenza unificata tra Stato e enti locali, e quindi non se ne fece niente. Ora, con l’attuale operazione di aggiustamento del bilancio, il governo vorrebbe far rientrare dalla finestra ciò che non era riuscito a far passare per la porta. E gli umori, dunque, non sono dei migliori. Infine: che fare del personale? Perché un risparmio si possa effettivamente configurare, ci deve essere una riduzione delle «risorse umane», e anche degli spazi e delle sedi. In tutto questo, però, i piccoli comuni si sono portati avanti. Tant’è che, nelle more di applicazione della nuova legge, si sono già organizzati attraverso le Unioni dei Comuni, che sono già 313 e raccolgono 1.561 municipalità. Molti piccoli borghi (aggiungiamo qui che sono oltre 900 i comuni che non raggiungono neppure i 500 abitanti) si pagano il costoso segretario comunale a metà (o a terzi) con altri, hanno costituto un polo didattico comune, hanno allestito una comune gestione dei rifiuti o dell’acqua, e così via. Campanili Il non detto di questa vicenda è che l’accorpamento delle funzioni possa essere l’avamposto per l’accorpamento tout court e quindi l’abolizione di molti municipi, come è accaduto - tanto per fare un esempio - in Grecia, dove i tagli a raffica a questo hanno portato. E in un’Italia di campanili questo non sarebbe tollerato. Si racconta che quando furono firmati i patti lateranensi, nel ‘29, Mussolini disse al cardinale Gasparri (che era la controparte) di chiedergli quello che voleva, dato che era stato raggiunto un così ambito risultato. Il cardinale avrebbe potuto chiedere - per esempio - un titolo nobiliare per la sua famiglia. Chiese invece che, in sede di riforma amministrativa ancora in atto, il suo paese, Capovallozza di Ussita, provincia di Macerata, non venisse accorpato a quello vicino. Tutto qua.