VITTORIO SABADIN, La Stampa 20/7/2011, 20 luglio 2011
IN QUELL’AULA E’ FINITA UN’EPOCA
Anche se hanno commesso azioni vergognose, proviamo sempre una certa tristezza nel vedere uomini che sono stati potenti messi alla gogna. Alla Camera dei Comuni di Londra ieri è finita un’epoca, e il più importante editore del mondo, Rupert Murdoch, ha perso per sempre il suo potere.
Le televisioni concorrenti che aveva combattuto negli ultimi decenni, dalla Bbc alla Cnn, hanno inquadrato senza pietà ogni suo gesto e ogni pausa che rivelava incertezza, mentre veniva interrogato dai «commoners» eletti dal popolo che gli chiedevano conto dello scandalo delle intercettazioni. A 80 anni, per la prima volta è apparso davvero vecchio e forse pronto a lasciare il timone dell’impero ai figli che sopravviveranno a questa bufera.
Messa in difficoltà dalle rivelazioni delle ultime settimane e dalle dimissioni del capo della polizia metropolitana, la politica ha rialzato la testa e ha processato l’uomo che più lusingava per ottenerne i favori. Come capita a ogni gigante ferito, Murdoch viene ora azzannato da quelli che ne avevano paura e dai vecchi amici che fanno finta di non conoscerlo. Tra questi c’è il primo ministro David Cameron, che ha certamente dimenticato l’estate del 2008, quando un jet privato lo portò nell’isola di Santorini per un meeting sul suo yacht. Pochi mesi dopo, i Conservatori cominciarono ad attaccare la Bbc, imponendole di non aumentare il canone e di fare «meglio con meno soldi» contro la tv dell’editore australiano.
Murdoch si è servito della politica per anni e la politica si è servita di lui senza preoccuparsi troppo dei metodi che i giornali del gruppo usavano. Margaret Thatcher accettò senza remore il suo appoggio e gli diede una mano importante quando nel 1986 il «Times» fu trasferito da Fleet Street alla periferia di Wapping. Murdoch aveva scoperto i computer, per fare i giornali ora bastavano i giornalisti e i poligrafici non erano più necessari. Ne licenziò 6000 dopo mesi di sciopero, con l’approvazione del primo ministro, soddisfatto di vedere ancora una volta i sindacati all’angolo.
Anche Tony Blair avrebbe molto da raccontare sui suoi numerosi incontri con Murdoch e sull’appoggio ricevuto a favore dell’intervento in Iraq. Un favore che era già stato ricambiato quando due deputati laburisti risultarono misteriosamente assenti, bloccando l’approvazione della legge che avrebbe impedito a Murdoch di controllare la catena televisiva BSkyB. Gordon Brown, che ora si lamenta giustamente per le intrusioni nella sua vita privata, lo riceveva regolarmente a Downing Street e come Cameron lo faceva passare dalla porta di servizio, perché nessuno lo vedesse. A Londra, chi ha assistito a quegli incontri racconta che il padrone di casa non sembrava davvero il primo ministro.
Prima del Watergate, due terzi degli americani credevano che il governo agisse sempre nel loro interesse. Dopo, solo un terzo continuava a pensarlo. La stessa sindrome sta contagiando la Gran Bretagna, che ha perso fiducia nei governanti e nei giornali e non sa più a chi credere. Ma non è processando Murdoch in diretta tv o stabilendo nuove regole che limitino la libertà di stampa che la politica riacquisterà la propria verginità in questa vicenda. Ha sempre chiuso gli occhi quando le faceva comodo, insabbiando indagini che avrebbero potuto bloccare molto tempo fa le attività illecite di «News of the World» e li riapre solo oggi, quando è troppo tardi.
Se si è ripreso a indagare sulle intercettazioni non lo si deve infatti né a Cameron né ai parlamentari che siedono a Westminster, ma a due giornali, il «Guardian» e il «New York Times», che hanno fatto il loro dovere scoprendo gli abusi e continuando a denunciarli. E questa, nel momento che rischia di sembrare il più basso nella storia del giornalismo, è una solida realtà che consola.