Donato Masciandaro, Il Sole 24 Ore 19/7/2011, 19 luglio 2011
BANCHE ITALIANE SOLIDE MA SOLE
Tempo scaduto. Appena sabato ci chiedevamo fino a quando governi e regolatori avrebbero continuato a baloccarsi con strumenti inutili – gli stress test – o ordinari – come i coefficienti di capitali – per affrontare una situazione che è invece straordinaria. I mercati stanno scommettendo sull’incapacità dell’Unione Europea di affrontare i suoi nodi strutturali, prendendo di mira i Paesi caratterizzati da governi strutturalmente deboli - quindi indebitati – e colpendo di quei Paesi le imprese indebitate per definizione, cioè le banche. Le banche sono l’anello debole su cui si scarica l’incapacità delle istituzioni europee, e la debolezza del governo italiano. Occorre allora un segnale forte che parta proprio dal governo, e coinvolga le autorità di controllo, dalla Banca d’Italia alla Consob.
In questi giorni stiamo avendo l’ennesima dimostrazione della inettitudine che ha caratterizzato la classe politica e regolamentare europea di fronte alle lezioni della crisi 2008-2009. La crisi si è sviluppata ed è esplosa per il combinato disposto di due fattori: l’eccesso di creazione di liquidità causato dalla banca centrale americana e la non regolamentazione proprio dei mercati finanziari. Terminata la crisi, la politica monetaria americana ha continuato ad essere espansiva e la regolamentazione – come un disco rotto – ha continuato a percorrere la strada – fallimentare – già percorsa: non regolamentazione dei mercati, regolamentazione e vigilanza che si accontenta dei controlli prudenziali. I due batteri tossici dell’eccesso di liquidità e della non regolamentazione non sono stati per nulla intaccati: attivo il primo, rinforzato il secondo proprio dall’ignavia (interessata) delle autorità statunitensi e da quella (anche miope) dei politici europei. I due batteri erano pronti a diffondere la malattia dell’instabilità appena le condizioni ambientali fossero state favorevoli. E così è stato.
L’Unione Europea non si dimostra capace di affrontare in modo strutturale l’incapacità di alcuni Paesi di essere strutturalmente disciplinati sul piano fiscale. Ed allora parte la scommessa dei batteri: colpire gli organismi più deboli proprio dal punto di vista della disciplina fiscale. Le scarse difese immunitarie di un Paese possono dipendere almeno da due fattori: strutturale – alto debito pubblico – e congiunturale – debolezza politica nell’assicurare una politica fiscale rigorosa. Oggi l’Italia presenta entrambe le caratteristiche. Ed allora del Paese ad alto debito pubblico si attacca la parte produttiva che è più esposta al debito, per la natura della propria attività: le banche.
In queste situazioni, osservare che il nostro sistema bancario è tra i più sani – sia per la natura della sua attività che per le caratteristiche dei suoi bilanci – non è sufficiente. Perché il problema non sono le banche italiane. Come ampiamente previsto, l’inutile simulazione degli stress test non serve a nulla, anzi. Oggi i mercati chiedono risposte credibili dall’Europa e dall’Italia; cosa volete che interessi delle simulazioni parziali, opinabili, e non credibili per definizione, in quanto pubbliche?
E’ l’Europa in grado di dare risposte istituzionali credibili? E’ il governo italiano in grado di definire un programma che garantisca nel contempo disciplina e crescita? In attesa delle risposte alla due domande cruciali, lo stesso governo ed i responsabili delle politiche di regolamentazione e vigilanza possono fare qualcosa di più. L’andamento di Borsa delle nostre banche è anomalo. Rispetto ad un’anomalia che depaupera un settore strategico per la crescita del Paese, il governo deve essere pronto a dichiarare, proprio perché i bilanci delle banche italiane erano e sono sani, la disponibilità ad intervenire in sostegno dei propri intermediari. Ricordiamo che, proprio durante la crisi, fu efficace il combinato disposto della solidità dell’industria bancaria con la dichiarazione di possibile sostegno da parte dello Stato. Ma l’anomalia richiede che anche Banca d’Italia e Consob mettano in atto tutti gli strumenti di vigilanza e di intervento per contrastare cause ed effetti di tale anomalia. Tra le cause, la non regolamentazione e l’opacità deve essere combattuta: ad esempio, la sola informativa sugli scambi speculativi si è dimostrata insufficiente. Tra gli effetti, sempre ad esempio, occorre evitare che la volatilità di breve periodo consenta riallocazioni della proprietà e del controllo che nulla avrebbero a che fare con i fondamentali delle nostre imprese bancarie. Su un orizzonte appena più lungo, occorre subito e seriamente interrogarsi su come evitare che una passiva adesione dell’Europa ad un approccio della vigilanza modellato sulle esigenze della finanza anglossassone possa irrimediabilmente danneggiare il rapporto tra banca ed impresa in Italia.