Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 02/07/2011, 2 luglio 2011
IN MALAFEDE. IL ROMANZO DI UN AFFOLLATO DESERTO - A
Malafede, Maurizio Cotrona ha vissuto cinque dei suoi trentotto anni. Qualche mese fa, con una giovane moglie e un figlio appena nato, ha deciso di cambiare casa e si è trasferito in zona Ferratella, un pò più vicino al centro della città, dove lavora come funzionario in un ministero. Ma il lungo soggiorno nel quartiere, costruito una decina di anni fa da Caltagirone nella campagna tra Roma e Ostia, gli ha permesso di scrivere un romanzo, intitolato «Malafede» e pubblicato dalla casa editrice Lantana. Un libro che gioca su questo nome evocativo: sul contrasto tra la malafede di chi si perde nel chiacchiericcio delle lamentele ed è incapace di vedere le cose buone del vivere in comune e la buonafede del protagonista, trentenne arrivato da Taranto, che affronta la vita con uno sguardo fin troppo positivo. «Il racconto nasce da questa dicotomia tra lo stupore e l’ orrore di stare al mondo. Atteggiamenti che non funzionano se sono separati, perché ti rendono impotente. Chi vede tutto rosa non avrà motivo di cambiare perché gli va bene così com’ è. Chi vede tutto nero non avrà la speranza e la forza di affrontare un cambiamento perché crede che sia impossibile». Giordano, il protagonista, è arrivato da Taranto e lavora in un ministero, come Maurizio Cotrona. Ma non ha la stessa chiarezza di pensiero. Tormentato da una fidanzata piena di scontento e da un’ esistenza quotidiana fatta di routine senza scampo, Giordano si ostina a cercare e a difendere una sua personale felicità, fino a che le illusioni non crolleranno, trascinandosi dietro gli affetti reali e aprendo la porta ai fantasmi. Cotrona è talmente bravo a raccontare che quando si arriva per la prima volta a Malafede si ha la netta sensazione di un dejà vu. È esattamente così che avevo visualizzato il quartiere seguendo le pagine del romanzo. A destra un praticello con l’ erba perfettamente rasata e le panchine di legno per ammirare seduti il panorama delle centoquaranta palazzine color sabbia, «gabbie di cemento alte quattro piani cinte da balconi rotondeggianti come ciambelloni di salvataggio». Solo che le panchine sono vuote e sono deserte anche le strade che corrono dritte tra i gruppi di palazzine. I dodicimila abitanti di Malafede escono all’ alba per andare a lavorare e tornano la sera che è già buio. E questo deserto, unito alla pulizia delle strade e dei praticelli, ai balconi disabitati ma graziosamente fioriti, al silenzio appena attutito dal brontolio lontano del traffico che corre sulle grandi arterie intorno al quartiere, crea l’ impressione di trovarsi in un luogo surreale e asettico. Che queste strade, mai interrotte da una piazza o da una curva, da un cinema o da un teatro, da una scuola o da una biblioteca, si perdano nel nulla. Hanno i nomi di attori e cantanti del Novecento: Paolo Stoppa e Massimo Troisi, Domenico Modugno e Nino Taranto, Charlot e Macario. In via Giorgio De Lullo sorge la chiesa bianca disegnata da Alessandro Anselmi e inaugurata pochi mesi fa. «Tra lo scontento dei residenti», rivela Cotrona. «Sostengono che la costruzione è sbagliata perché è troppo diversa dallo stile dei palazzi, poco pratica». In che senso? «Che c’ è uno spreco inutile di spazio nel grande tetto a onde». Ai sogni di Malafede, Cotrona dedica un intero capitolo, che inizia con un elenco: «un parcheggio riservato in centro, il proprio cognome dipinto sull’ asfalto a lettere dorate; corsie aggiuntive sulla via del Mare e complanari sulla Cristoforo Colombo oppure, ancora meglio, scoprire un percorso segreto fino all’ ufficio per poterlo rivelare solo ai colleghi più intimi in cambio della loro eterna riconoscenza. La gente di Malafede aspetta le opere civili della fermata della metro, ammirate nel plastico dell’ Immobildream quando il quartiere era solo un campo di impalcature e promesse, e sogna di poter spostare la sveglia un’ ora più avanti, un centro commerciale sotto casa, la nuova Cinquecento, buoni sconto senza scadenza, figli, figli silenziosi, lo Zymil a un euro al litro, una piazzetta con i porticati, nonni a cui affidare i propri bambini, un asilo nido nel quartiere (questo sogno nel frattempo si è realizzato n.d.r), il congelamento del mutuo». C’ è anche un elenco delle cose che non si fanno a Malafede: «La prima è che non si va a bussare alla porta dei vicini, la seconda è stringere le mani, la terza è fermarsi ad accarezzare i bambini, la quarta chiamarsi per nome, la quinta chiedere favori personali. L’ obiettivo della sterilizzazione dei rapporti qui è altissimo: la pace. In altre parole: la massima felicità possibile per ciascuno di noi». Così riferisce Giordano, che parla bene anche del fosso di Malafede, sul quale è stato edificato il quartiere: «Un posto gradevole, una zona neutra e temperata che piace abbastanza». Ma Cotrona smentisce la sua creatura: «Talmente umido che i vestiti poggiati sulla sedia la sera, la mattina dopo sono fradici».
Lauretta Colonnelli