Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 19 Martedì calendario

IL SOGNO INFRANTO DELL’ELISIR DEL CAVALIERE

Sognavano nello stesso luogo don Luigi Verzé, il fondatore del San Raffaele, e Silvio Berlusconi, il suo paziente e amico più illustre. Nello stesso luogo perché entrambi sognavano in via dell’Olgettina. E in modo diverso hanno sempre sognato la stessa cosa: vincere un po’ la morte, sentirsi un po’ più giovani. Hanno speso una fortuna entrambi in via dell’Olgettina, inseguendo lo stesso sogno. E non sarà casuale che il famoso residence delle giovani e belle ragazze che allietavano le feste di Arcore stesse quasi a fianco non solo dell’ospedale San Raffaele, ma dei palazzi dove avevano la sede sociale quasi tutte le varie società di un impero economico che oggi tragicamente si è rivelato dai piedi di argilla.

In fondo sono i sogni stessi a svelare quella fragilità. Come quello festeggiato da don Verzé e il suo amico Silvio poco più di un anno fa, al compimento dei 90 anni del prete-manager. Fu allora che Berlusconi svelò sorridendo: «Don Verzé pensa che la vita media arrivi a 120 anni, ma quando ci parliamo io e lui ci diciamo che noi vivremo almeno 30 anni di più». E chiosò: «Don Verzé è un sognatore che guarda al futuro, che sogna cose buone per gli altri e sa trasformare sogni sempre ambiziosi in realtà».
Lì a due passi dal residence delle Olgettine il prete-manager riceveva il suo paziente-amico. «Mi confessa», svelò ancora Berlusconi, «e mi dà l’assoluzione senza che io dica nulla, perché mi conosce. Credo che con lui abbiamo trovato la definizione di cosa sia il peccato per un cattolico: è fare del male agli altri». E in effetti da quelle parti peccato non c’era: solo bene in via dell’Olgettina. Bene per le inquiline del residence. Bene per i pazienti dell’ottimo San Raffaele.

È stato un altro il peccato. Tragico peccato che ha portato ieri al suicidio di Mario Cal. Il peccato di non fermarsi, di costruire intorno a un ospedale che funzionava ed era perfino simbolo di eccellenza, un impero che strideva e scricchiolava. La società di elisoccorso, che aveva pure un senso e un chiaro collegamento con il business principale. Ma da lì una piccola compagnia aerea, in cui era entrato come socio e uscito con una miseria proprio nel luglio di un anno fa il comico Renato Pozzetto. E a catena altre compagnie controllate, i Bombardier da comprare, l’aero taxi da affittare alle società di Fininvest che poi vi hanno rinunciato perché troppo costoso. E le immobiliari pronte a cogliere ogni occasione. Talvolta per allargare il business della sanità. Altre solo per compiere un affare e lanciarsi in nuovi settori.
Ancora a dicembre scorso l’ultimo affare l’ha siglato proprio il povero Cal a poche settimane dall’inizio del crack finanziario di cui nessuno aveva intuito le clamorose e disastrose proporzioni. Con la Edilraf e la Finraf (immobiliari e finanziarie del gruppo) si assicurò l’acquisto di Villa Cacherano (una sorta di grande casa coloniale con tenuta agricola) a Cologno Monzese. Forse l’ultima espansione dell’impero, avvenuta pochi mesi dopo avere consentito l’uscita dalle società più traballanti ai soci di minoranza che avevano accompagnato l’espansione del gruppo (fra cui appunto Pozzetto).
Dalle cure e l’attesa di lunga vita (il sogno da cui è nata la Molecular medicine), è stato un passo allargarsi ai viaggi, al turismo, al mattone e a troppi altri settori che non c’entravano più con l’avventura principale.
E la squadra dei fedelissimi (il povero Cal, il ragioniere Mario Valsecchi, Raffaella Voltolini, Alessandro Migliavacca e altri ancora) che non osava dire di no, interrompere quel sogno del prete-manager e visionario. Fino a ieri, quando tutto lì in casa San Raffaele si è spezzato forse per sempre.