MICHELE BRAMBILLA, La Stampa 18/7/2011, 18 luglio 2011
Bologna, l’esordio a ostacoli del sindaco senza quattrini - Mercoledì 13 luglio è stata una giornata storta per il nuovo sindaco di Bologna Virginio Merola, 56 anni, Pd
Bologna, l’esordio a ostacoli del sindaco senza quattrini - Mercoledì 13 luglio è stata una giornata storta per il nuovo sindaco di Bologna Virginio Merola, 56 anni, Pd. La mattina ha aperto il «Corriere di Bologna» e si è trovato il seguente titolo di apertura: «Una delibera in sessanta giorni»; e l’occhiello (la riga sopra il titolo) spiegava: «A due mesi dal voto il consiglio comunale ha prodotto un solo atto». Poi, nel pomeriggio, Merola ha dovuto prendere una decisione non da poco: chiudere la nuova (ha tre anni) sede del Comune, in piazza Liber Paradisus, perché vari studi hanno certificato rischi per la salute dei milleduecento dipendenti. L’aria è insalubre, e sono stati trovati batteri che potrebbero provocare perfino la terribile legionella. Due belle grane. Il «Corriere di Bologna» non è certo un giornale leghista, ma il suo giudizio coincide con quello che ci aveva riferito il giorno prima il leghista Manes Bernardini, 39 anni, sfidante di Merola alle elezioni di due mesi fa: «Se fai un giro per Bologna e chiedi alla gente che cosa ha fatto la nuova giunta in due mesi ti risponderà: niente. Ha tolto i pass per il centro ai consiglieri comunali e le auto da Palazzo d’Accursio (la sede «politica» del Comune, in piazza Maggiore, ndr). Provvedimenti demagogici che non servono a niente. Sui problemi veri della città silenzio assordante. E una chiusura arrogante nei confronti delle minoranze. Dimentica che ha vinto solo con il 50,4 per cento». La seconda grana, cioè la chiusura del palazzo che ospita tutti gli uffici operativi del Comune, è figlia di una battaglia dell’altra opposizione, quella del Movimento Cinque Stelle. Il candidato sindaco dei grillini Massimo Bugani, 33 anni, 10 per cento dei voti - aveva fatto buona parte della campagna elettorale proprio sulla nuova sede del Comune: «La chiusura è una nostra vittoria - dice adesso - da tempo denunciavamo i rischi per la salute dei dipendenti. Non c’è solo la legionella, è tutto l’edificio che non va. C’è una specie di effetto serra per cui l’aria non circola, c’è gente che sviene». Insomma povero sindaco, verrebbe da dire: che inizio in salita. Ma lui, Virginio Merola sembra un uomo determinato. Ci riceve nel suo ufficio di palazzo d’Accursio e ci tiene a spiegare quanto sia fuorviante la fama da timido che l’accompagna: «Mi hanno fatto passare tutta la vita per un funzionario di partito. Ma io ho molta voglia che questa città torni al rango che merita». Archivia con eleganza anche l’accusa di essere un noto gaffeur, etichetta che in campagna elettorale s’è procurato dicendo di non sapere in quale serie sia il Bologna: «Sì, ho fatto una gaffe sul Bologna perché non ho mai seguito il calcio. Ma con me i bolognesi possono star sicuri che non userò mai il calcio per fini politici». Come fanno altri, sembra sottintendere. Una volta eletto sindaco, di gaffe (almeno a giudizio del professor Umberto Veronesi, che l’ha bacchettato sulle dita) ne ha fatta un’altra parlando delle famiglie gay: «Devo ancora imparare che non sono più un libero pensatore ma il sindaco. Premesso questo, dalle mie parole era chiarissimo che sono contro qualsiasi discriminazione contro gli omosessuali. Ma lascio una domanda aperta: chi fa figli e quindi si assume responsabilità maggiori, è giusto che sia aiutato di più oppure no?». Un sindaco di sinistra che non teme, insomma, di sfidare il politically correct. All’accusa di immobilismo risponde così: «In campagna elettorale mi sono impegnato a riaprire degli asili nido: fatto. A togliere la tassa di iscrizione alle scuole d’infanzia comunali: fatto. A togliere i pass per il centro ai consiglieri comunali: fatto anche questo, e fatto come primo passo di una revisione generale dei pass, che adesso sono più di settantamila, una cosa assurda. L’obiettivo è la pedonalizzazione del centro, lavoriamo su quello». Ha fatto togliere anche le auto blu, compresa la sua: gira in autobus o a piedi e continua a fare la spesa al supermercato «perché Bologna - dice ha bisogno di un sindaco normale». Normale non è la situazione che ha trovato: «Bologna viene da due anni di gestione commissariale, duranti i quali l’unico obiettivo era far quadrare i conti. Le scelte importanti per la città sono state rinviate e adesso tutto è urgente. Urgente e difficile, perché la manovra del governo ci strangola. L’anno scorso avevamo 60 milioni di investimenti, quest’anno solo 5. E con 5 milioni non riempiamo neanche le buche». Tante grane ma anche inattese soddisfazioni. Una gliela dà proprio il grillino Bugani: «Dopo sessanta giorni, dobbiamo dire che su tanti temi sollevati da noi questo sindaco si sta muovendo con grande attenzione. E anche con grande trasparenza: mettono tutto on line. Insomma le cose da fare restano tantissime, ma notiamo una leggera discontinuità con il passato, quando non si degnavano neppure di darci ascolto. E poi non possiamo negare che Merola ha trovato un’eredità disastrosa: zero quattrini in cassa ed errori strategici madornali. La nostra sarà un’opposizione molto collaborativa. Stiamo a vedere e poi giudicheremo». L’altra soddisfazione gliela dà addirittura l’unico uomo che è riuscito a spezzare la catena di sindaci rossi di Bologna: Giorgio Guazzaloca, 67 anni. «Ma che cosa volete giudicare dopo due mesi? Lo sapete che in Italia ci vogliono sette mesi per chiudere una buca? La fretta degli organi di informazione non coincide con gli strumenti a disposizione delle amministrazioni». Fatta la reprimenda alla stampa, Guazzaloca aggiunge che i primi passi di Merola non sono poi male: «In giunta ha messo facce nuove e giovani. Non è detto che sia un bene per forza, ma è un segnale che può far ben sperare». Tornerà Bologna ai tempi in cui gli inviati americani venivano a studiare il fenomeno dell’isola felice del comunismo? «In parte sono anche miti esagerati - dice Guazzaloca -. Con il sindaco Zangheri gli autobus erano gratis. Ma chi ripianava i bilanci? Ho il sospetto che nel “miracolo rosso” c’entrasse molto anche il governo democristiano». Eppure Merola proprio a quella Bologna tanto invidiata vuole avvicinarsi. «Attenzione», ci dice mentre ci saluta, «perché le nostalgie del passato sono pericolose. Però è vero che i bolognesi devono ritrovare un sentimento di appartenenza». Ci dice tutto questo con accento bolognese, anche se è nato a Santa Maria Capua Vetere e gli hanno rimproverato pure questo. Ma almeno sul fatto che vuol bene a Bologna, pretende che non ci siano dubbi.