Massimo Mucchetti, Corriere Economia 18/7/2011, 18 luglio 2011
DEFICIT E MANOVRA, LA STRADA GIUSTA PER PRIVATIZZARE
Il governo annuncia nuove privatizzazioni, ancorché senza previsioni d’incasso, e al tempo stesso conferma il Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti (Cdp) che interverrà nelle imprese d’interesse nazionale. Per quanti riducono la politica alla riproposizione parrocchiale del dilemma amletico sull’economia (privatizzare o non privatizzare?), la cosa può sembrare contraddittoria. In realtà, è la vita ad avere molte facce. Esempio concreto: il caso Avio. Pochi sanno che la Fiat ha costruito, fin dal 1908, un’ottima industria delle trasmissioni motoristiche per l’aviazione civile e militare e per la marina, la Fiat Avio. Poi, dal 2003, l’impresa ha ridotto la propria ragione sociale ad Avio, perché la Fiat, bisognosa di soldi, l’aveva ceduta per 1,6 miliardi di euro a una società veicolo, posseduta per il 70%dal fondo di private equity americano Carlyle e per il 30%dalla multinazionale italiana della difesa, Finmeccanica, controllata dallo Stato. Se la Fiat guadagnò 1,2 miliardi, ancor meglio fece, se si considera la durata dell’investimento, la nuova proprietà che nel 2006 ha ceduto Avio a un altro fondo, Cinven, alleato di nuovo con Finmeccanica, scesa al 15%. Nella transazione, Finmeccanica realizzò un utile di 291 milioni e Carlyle uno di 674. Passati 5 anni, la nuova proprietà rimette Avio in vendita. L’impresa ha migliorato i ricavi dagli 1,22 miliardi del 2004 ai 1,75 miliardi e i margini da 235 a 339 milioni e ha ridotto il debito dagli 1,8 miliardi del 2006, che comprendevano anche un miliardo legato al finanziamento dell’acquisizione, agli 1,4 miliardi attuali. Le esportazioni portano il 92%del fatturato, la ricerca ne assorbe il 7%. Avio dà lavoro a 5.400 persone, l’ 85%in Italia.
Collabora con il Politecnico di Torino e quello di Bari e con l’Università del Salento. Siamo sicuri che con il nuovo cambio di proprietà tutto proceda per il meglio o esistono dei rischi? In effetti, la tecnologia e le quote di mercato di Avio, da marzo guidata da Francesco Caio, fanno gola ai francesi di Safran, che per avarizia persero l’occasione di comprarla nel 2006. Cinven e Finmeccanica hanno avviato le pratiche per quotare Avio in Borsa, e poter guadagnare il loro bravo miliardo nel 2012. Se Safran si facesse sotto prima, per Cinven sarebbe ancora meglio. Ma per Finmeccanica? Finmeccanica potrebbe accodarsi e vantare una seconda, brillante operazione finanziaria. Oppure ragionare da impresa nazionale, scelta tanto più praticabile quanto meno sarà lasciata sola. Che cosa potrebbe fare Finmeccanica? Qualcosa potrebbe, a patto che il governo non venda la quota di controllo favorendo la spartizione del gruppo tra i big della difesa, come si stava per fare nel 2000 e non si fece per un ripensamento in extremis. In caso di privatizzazione di Finmeccanica, il pallino passerebbe ad altri protagonisti, probabilmente esteri. In caso di conferma degli assetti attuali, invece, Finmeccanica potrebbe conservare anche il suo 15%di Avio e magari arrotondarlo un po’ per farne l’asse di un raggruppamento di investitori italiani, tra i quali il Fondo strategico della Cdp in posizione di garante. L’esperienza dice che si può, guadagnando, aiutare Avio a crescere anche più di quanto non abbiano fatto Carlyle e Cinven che hanno caricato l’impresa di debiti ai fini di ottimizzare la resa dell’investimento azionario. In alternativa ci si deve domandare quale fine farebbe Avio in mano a Safran o a una sua omologa tedesca. Risposta: rischierebbe di diventare una fabbrica cacciavite con l’intelligenza costretta a migrare altrove. È già accaduto, nel torinese, con la cessione di Telettra, altro gioiellino Fiat, alla francese Alcatel. A confutazione di un tale pericolo, gli ottimisti citano il caso del Nuovo Pignone, ceduto dall’Eni a General Electric che l’ha valorizzato, ma trascurano un dettaglio: l’azienda fiorentina, che l’Eni di Enrico Mattei aveva salvato dal fallimento alcuni decenni prima, aggiunge un mestiere alla conglomerata americana, mentre nel caso Avio-Safran avremmo sovrapposizioni. Sono cose noiose? Lo sono. Rompono lo schema del pro e del contro le privatizzazioni in assoluto? Lo rompono. Ma le scelte industriali non si fanno in laboratorio. Se Finmeccanica è stata per due volte partner di due fondi internazionali, perché non potrebbe esserlo una terza con una gruppo di investitori italiani? Forse i giovani ingegneri avrebbero qualche chance in più di trovare un lavoro da ingegnere con un’Avio radicata in patria anziché posseduta da lontano.