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 2011  luglio 15 Venerdì calendario

fare Uccise e bruciò il rivale in amore. Suicida in cella VENERDÌ 15 LUGLIO 2011 08:31 REDAZIONE_1 Share Link: BRINDISI – Un laccio di scarpe come cappio

fare Uccise e bruciò il rivale in amore. Suicida in cella VENERDÌ 15 LUGLIO 2011 08:31 REDAZIONE_1 Share Link: BRINDISI – Un laccio di scarpe come cappio. Poi il salto, gambe penzoloni a pochi centimetri da terra. Antonio Padula si è tolto la vita così la scorsa notte, a 48 anni, in una cella del carcere Borgo San Nicola di Lecce. Soffocato dal nodo stretto al collo di una stringa, e prima ancora, dal peso asfissiante di un passato doloroso, di un futuro dietro le sbarre, e di un morto sulla coscienza. Era un suo amico, quel morto, meglio un conoscente. Si chiamava Donato Andrisani, aveva 60 anni, francavillese come lui. E pagò con la vita la presunta relazione imbastita con la sua ragazza di allora. Padula lo uccise in casa, pochi giorni prima della notte di Natale di due anni fa, soffocandolo con un sacchetto di plastica. Poi ne diede alle fiamme il cadavere, e l’appartamento. In meno di 24 ore i carabinieri risalirono a lui, lo arrestarono, e meno di un anno dopo arrivò la condanna: 20 anni di reclusione. Pena dilatata dalle aggravanti della crudeltà e dei futili motivi. Perché una banale lite, una discussione, una ragazza contesa, Padula la esasperò fino vedere nell’omicidio l’unica soluzione possibile. Così come ieri notte, nel suicidio, ha visto la sola alternativa, la sola via d’uscita per evadere da quelle mura, che lo avrebbero inchiodato in quel punto di mondo fino al 2030. Forse è stata proprio questa prospettiva, questa visione di se senza sbocchi e speranze, a strappargli via l’ultimo afflato, l’ultima stilla di vita. A vedere nella morte, un rimedio al male di vivere. O forse è stato il peso, il rimorso per quanto fatto, ad averlo consumato al punto da indurlo a ingegnarsi, a lambiccarsi il cervello, per farla sotto il naso a tutti. Per trovare un cappio e uccidersi di nascosto. Senza clamori, senza speranze d’aiuto. Con una semplice stringa delle sue scarpe. Prima di farla finita Antonio Padula non ha scelto di sedersi di fronte a un foglio di carta, e dare un perché a quel gesto. Spiegarne le ragioni, svelare il male che lo divorava lentamente, che lo torturava. Non sarà possibile perciò capire quale sia stato il fattore scatenante. Ma resta il fatto che a certi stati dell’anima, certe condizioni di vita, non aiutano. "Leggi l’articolo completo sull’edizione di Senzacolonne oggi in edicola" ULTIMO AGGIORNAMENTO ( VENERDÌ 15 LUGLIO 2011 17:22 )