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 2011  luglio 15 Venerdì calendario

TRE EDITORIALI CONTRO I POLITICI CHE NON SI SONO TAGLIATI GLI STIPENDI (+ DUE ARTICOLI ARTICOLO)


FINO A QUANDO?
ANTONIO PADELLARO PER IL FATTO QUOTIDIANO -
Ma gli uomini delle più alte istituzioni si rendono conto del risentimento che cova tra i cittadini italiani nei confronti della casta dei politici e di certi odiosi e insopportabili comportamenti? Se casta è quella classe separata di individui che si attribuisce speciali diritti e privilegi, tutti i politici italiani sono casta? No di certo, ma se l’abuso dei molti viene accettato (o comunque subìto) da tutti, come si potrà distinguere tra i lupi e gli agnelli? Il ministro Saverio Romano da Villabate, che i pm palermitani vogliono processare “per aver rafforzato la mafia”, si scrolla di dosso l’accusa con un tracotante annuncio: “Non me ne vado, pago per aver salvato Berlusconi”. Questi non solo non si dimettono, ma pretendono di essere salva-guardati nelle loro comode poltrone invocando la più solenne ragion di Stato. Il ministro Tremonti non si tocca perché altrimenti, dicono, i mercati ci affondano. Tre-monti non è l’uomo di Villabate, ma i maneggi del suo ex braccio destro Milanese rendono sempre più pressanti le domande che Marco Lillo gli ha posto domenica su queste colonne. Una in particolare: perché accetta di vivere a sbafo facendosi pagare il canone dell’appartamento da un possibile corrotto? Si sentono intoccabili e si comportano come tali trincerandosi dietro l’immunità, che nella casta tutti assicurano a tutti (il Papa della P4 docet) secondo il noto principio enunciato dal molto onorevole Sisto: domani potrebbe toccare a me... Blindati e impuniti hanno anche la faccia di chiedere sacrifici al Paese. Occorre tagliare i costi, proclamano. Tranne naturalmente i loro. Pensano di potersi permettere tutto e ci prendono anche in giro. Ma fino a quando?

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LA CASTA SI AUMENTA LA PAGA -
MARIO GIORDANO PER IL GIORNALE -
Di fronte al momento diffi­cile gli italiani si chiedo­no: ce la faremo? E i consi­glieri regionali aggiungono: (ce la faremo) ad avere un aumento? La differenza è tutta qui: da una parte si cercano di affrontare i sacrifici, dall’altra si cercano nuovi benefi­ci. Se la casta della politica mettes­se tanto impegno nell’ammini­s­trare quanto ne mette nel mante­nere i privilegi, in effetti, sarem­mo il Paese meglio governato del­la Terra. Gli onorevolini della Pu­glia, per dire, proprio in questi giorni in cui tutta l’Italia sta ballan­do sul Titanic, per usare l’ultima metafora di Tremonti, hanno pre­sentato, con encomiabile tenacia e sprezzo del ridicolo, una doman­da per avere più soldi.
Sì, avete ca­pito bene: vogliono più soldi. Ge­niale, no? Del resto, si sa: nei mo­menti difficili ognuno deve fare la propria parte. E loro ci tengono molto a far la parte di quelli che in­cassano. È una rigorosa divisione dei compiti: loro incassano, gli italia­ni s’incassano. Con la z, però. La manovra non cambia niente: ai contribuenti viene la faccia triste, alla casta la faccia di bronzo. Ci vuole un bel coraggio, in effetti, con l’iceberg che incombe a formulare ufficiale richiesta per aumentare i compensi dei consiglieri regionali. Eppure trenta deputatelli pugliesi l’hanno fatto: hanno preso carta e penna e hanno chiesto di riavere una parte della loro indennità (il 10 per cento) che era stata decurtata nel 2006. La notizia, come voi capirete, è duplice. Prima notizia: cinque anni fa qualcuno riuscì a decurtare l’indennità dei consiglieri regionali. Seconda notizia: loro la rivogliono indietro proprio adesso. Tempismo perfetto, no?
Come delicatezza, è come se uno arrivasse in pieno Sahara durante la siccità e pretendesse di usare le scorte d’acqua per lavare la Bmw. I bambini magari muoiono di sete, però vuoi mettere come brilla il blu di Prussia fumé? «Vanno a fondo anche quelli in prima classe», ha detto Tremonti. Ma loro sembrano non accorgersene. Destra? Sinistra? Centro? Macché: la difesa del privilegio, anche in Puglia come dappertutto, è perfettamente bipartisan. Magari litigano fino a un minuto prima, poi corrono a firmare insieme la richiesta di soldi. Vedeste come vanno d’amore e d’accordo, quando pensano al loro portafoglio... Tagli alle indennità? Tagli ai vitalizi? Costi della politica nel mirino? Perdete ogni speranza, o voi che votate. Nei prossimi mesi gli italiani dovranno tirare la cinghia. La casta, invece, ci tirerà il solito pacco. Quali sono le vostre aspettative per i prossimi mesi? Ticket, accise sulla benzina, superbolli sui depositi Bot. Ecco, appunto: se vi può consolare i consiglieri regionali della Puglia si aspettano, invece, un incremento dell’indennità. Ne hanno bisogno, in effetti: in media, poveretti, prendono appena 10.433 euro al mese. Praticamente uno stipendio da fame.
E poi dopo 5 anni di «lavoro» (si fa per dire) hanno diritto per il resto dei loro giorni a un vitalizio che va dai 2844 agli oltre 10mila euro. Per altro anche le pensioni dei consiglieri regionali sono state aumentate (1200 euro al mese, tre volte una minima) nel luglio dello scorso anno, proprio mentre si discuteva la passata manovra finanziaria del governo. Dev’essere una specie di reazione automatica pugliese, un riflesso incondizionato al sapor di orecchiette e rosso di Canosa: appena sentono parlare qualcuno di lacrime e sangue, loro pensano subito a come sostituire lacrime e sangue con latte e miele....
E un po’ di monete. È più forte di loro. Gli italiani soffrono? E loro offrono. Un aumento. A loro stessi, però. Orecchiette, cime di rapa e teste di. Che ci volete fare? In questo Paese finisce sempre così: al massimo cascano le braccia, non certo i privilegi. Abbiamo parlato per settimane di tagli ai costi della politica, ma poi l’unica cosa certa sono i tagli alle agevolazioni fiscali per le famiglie. Abbiamo sperato di colpire i vitalizi dei parlamentari, e invece come al solito sono stati colpiti i vitalizi dei pensionati normali. Avanti di questo passo, tra un po’ chiederanno un contributo extra agli invalidi civili pur di consentire al consigliere molisano di conservare il suo stipendio superiore a quello del governatore di New York. Vi pare? Sembra che le consorterie siano intoccabili: non si toccano i consiglieri regionali, non si toccano i parlamentari, non si toccano i giudici costituzionali, per l’amor del cielo, non si toccano nemmeno le province, né i grand commis né i commessi del Palazzo con la loro bella livrea che fa tanto istituzione.
E non si toccano nemmeno gli avvocati né i notai, guai a liberalizzare, non si toccano i privilegi degli ordini, né la casta del tesserino o i bramini professionali. Così la morale della favola, alla fine, è sempre la stessa, persino sul Titanic che vacilla: la nave si riempie d’acqua, la casta si riempie di soldi. L’unica speranza, a questo punto, è che quelli con il portafoglio pieno di privilegi, almeno, vadano a fondo prima.

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NESSUN TAGLIO SERIO E NUOVE TASSE -
MAURIZIO BELPIETRO PER LIBERO -

Che questa manovra non ci piaccia non ne abbiamo fatto mistero fin dal primo momento. Nonostante la stima per il ministro Tremonti, il giorno in cui egli ha presentato le misure per rimettere in ordine i conti dello Stato ne abbiamo individuato subito le lacune. Che non stanno, come qualcuno sostiene, nel ritardo con cui si mette mano alle spese della Casta. Il rinvio dei tagli alla politica c’è ed è una mossa che suscita irritazione, indipendentemente dalle giustificazioni di natura costituzionale. Le quali, come spiega il nostro Franco Bechis, sono il paravento dietro cui si nascondono gli onorevoli per non rinunciare neppure a un euro. Né le pecche sono i mancati provvedimenti di alleggerimento fiscale, che pure erano attesi. La riduzione delle imposte è promessa da anni sia dalla destra che dalla sinistra, ma qualsiasi persona con un po’ di sale in zucca sa che ora non è il momento appropriato per parlare di limare i tributi. Visto che i conti non tornano e il bilancio dello Stato fa acqua da tutte le parti, è già molto che non si rincarino le gabelle già esistenti.Ecco, ma è proprio questo il punto. La manovra del governo di centrodestra, a cui siamo idealmente vicini, non ci piace proprio perché le tasse le aumenta. Magari non di molto, come sostiene il ministro dell’Economia, forse solo di pochi spiccioli, ciononostante le aumenta. Il ritorno dell’imposta di bollo da applicare...

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NELLA NOTTE LA CASTA SALVA I SUOI PROVILEGI -
FRANCO BECHIS PER LIBERO -
La manovra era blindata. Su quasi tutto. Perché su un solo punto è di fatto saltata: quello dei tagli ai costi della politica. La sforbiciata di Giulio Tremonti è stata ampiamente spuntata dalla casta durante il passaggio al Senato pur senza modificare un comma del testo, perché non era possibile. Ma il trucco è stato trovato, grazie all’accordo fra Pd e Pdl. La trappola è scattata fra la sera del 12 e la notte del 13 luglio in commissione affari costituzionali del Senato.
Grazie a un parere di nulla osta «vincolato ad alcune osservazioni» proprio sui costi della politica. Con armi molto raffinate i senatori Pd e Pdl hanno detto che va bene tagliare, ma non quanto finisce in tasca a loro. Tremonti aveva scritto nella finanziaria che bisogna confrontare gli stipendi dei parlamentari italiani con quelli dei colleghi europei e poi uniformarli dalla prossima legislatura? Si potrà fare, ma- sostiene il parere vincolante, «può essere applicabile esclusivamente all’istituto dell’indennità parlamentare, ai sensi dell’articolo 69 della Costituzione, che ne rimette la determinazione alla legge e va intesa- secondo il principio della ragionevolezza- alla stregua dei necessari fattori di ponderazione, con particolare riguardo alla consistenza demografica dei diversi paesi».
Ecco qui la prima trappola: l’indennità base dei parlamentari italiani è identica a quella francese, simile a quella inglese, inferiore a quella tedesca e superiore a quella degli altri paesi. Ma legandone l’importo alla popolazione di ciascun paese, non dovrà essere tagliata. Anzi, il rischio è pure che venga aumentata di 2-300 euro. Possono essere tagliate dalla finanziaria altre voci come i rimborsi spesa a forfait, le diarie? No, perché quelle sono regolate- dice sempre il parere vincolante- «dalla rispettiva autonomia, costituzionalmente vincolata e riconosciuta».
Il parere seral-notturno è stato stilato senza darne alcuna pubblicità. E quando ieri nell’aula di palazzo Madama sono entrate le telecamere della Rai, nessuno ha voluto fare riferimento al tema dei costi della politica, limitandosi a lodare la manovra e elogiare la necessità dei sacrifici per tutti. Ma al riparo delle ore notturne e nel chiuso delle commissioni, è scoppiata la rabbia dei senatori, che quelle forbici di Tremonti proprio non hanno mandato giù. Nella fila della maggioranza come in quelle dell’opposizione. Raffaele Lauro (Pdl) si è lamentato della «pubblicistica antiparlamentarista che produce una pericolosa disaffezione dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni e dei suoi rappresentanti». Andrea Pastore, anche lui Pdl, si è augurato che «si levino voci in difesa del prestigio del Parlamento e della dignità della funzione parlamentare, gravemente lesa da campagne diffamatorie che non rappresentano la realtà e alimentano sfiducia nelle istituzioni e in chi le rappresenta». Toni simili da parte di Barbara Saltamartini e Giuseppe Saro, anche loro nelle fila della maggioranza. Quest’ultimo ha tuonato: «l’indennità parlamentare serve al deputato e al senatore per svolgere con la massima efficacia la propria attività politica». Era evidente che nessuno entra a palazzo per vocazione e con lo spirito del volontariato, ma per dirla così ci vuole un certo coraggio.
I pidiellini sono un pizzico polli. Pensavano di essere al sicuro fra quelle quattro mura, eppure almeno in sintesi il loro pianto greco è stato pubblicato nei resoconti parlamentari. Quelli del Pd sono assai più furbi. Non si sono strappati i capelli in pubblico più di tanto, perché sanno che così si perdono voti. Hanno badato al sodo: è stata loro l’idea di inserire le trappolette nel parere. Francesco Sanna si è inventato quella dello stipendio legato alla densità demografica. Marilena Adamo ha chiesto pure di tenere conto del costo della vita, visto che in Italia l’inflazione sta rialzando la testa. Niente rivalutazione a pensioni da 2.300 euro lordi, al Pd poco importa perché l’importante è rivalutare l’indennità parlamentare di 5.600 euro netti. Inserite le trappolette nel parere, i senatori del Pd sono riusciti in un miracolo di ipocrisia. Salvati i propri stipendi e convinti il Pdl a sposare il loro marchingegno per smontare Tremonti, pareva brutto votare contro. Così Enzo Bianco ha tirato fuori dal cappello un’ideona: ha chiesto di votare per parti separate il parere. Prima il semplice “nulla osta” alla finanziaria. Qui il Pd ha votato contro per fare vedere ai propri elettori che è un partito durissimo. Poi sono state messe al voto le osservazioni vincolanti per quel sì. E il Pd che aveva votato no al “nulla osta”, ha votato sì invece ai vincoli che salvano lo stipendio della casta. Un vero capolavoro.

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L’ITALIA STRINGE LA CINGHIA. LA CASTA NON MOLLA UN EURO -
Su una manovra finanziaria complessiva che il relatore al Senato Gilberto Pichetto Fratin valuta (esagerando) avere un impatto vicino ai 70 miliardi di euro, quanto contribuirà la politica? Dai primi calcoli fatti dopo il passaggio a Palazzo Madama, si deduce che si tratti di una somma assai trascurabile.
L’UNICA NORMA inserita nel pacchetto – qualcuno maligna per far sì che i gruppi politici non facciano cadere il governo – è la soppressione del contributo ai partiti in caso di interruzione anticipata della legislatura. A questa norma, già prevista nella prima bozza della manovra, l’aula del Senato ha aggiunto una ulteriore soppressione. Quella relativa al “versamento della quota annua di rimborso, spettante (...) anche nel caso in cui sia trascorsa una frazione di anno”. Che vuol dire? Che non solo cade la norma odiosa per cui i partiti prendono rimborsi per i cinque anni della legislatura anche se questa si interrompe a metà, ma che i contributi pubblici, se la legislatura si interrompe dopo due anni e tre mesi, non copriranno per intero l’anno in corso. In termini economici cosa vuol dire? I calcoli sono semplici: se la legislatura continua sino alla naturale scadenza il risparmio è zero. Se si interrompesse adesso, i partiti oggi in Parlamento non prenderebbero il rimborso degli anni 2012 e 2013, ma dei 500 milioni complessivi, otterrebbero solo le tre tranches (300 milioni totali) che hanno già incassato. Questo, ovviamente, non vuol dire che quei soldi non verranno spesi (le nuove elezioni porteranno nuovi rimborsi di simile entità), ma che, salvo modifiche da parte di Montecitorio, la norma che fino a quest’anno ha fatto si che Ds, Dl, Forza Italia e An incassassero i rimborsi relativi alle consultazioni politiche del 2006, non sarà più valida.
È QUESTA, in realtà, l’unica legge che, messa a sistema, consente di operare dei tagli strutturali di una qualche rilevanza, evitando il “cumulo” di soldi ottenuti dagli stessi partiti per partecipare alle elezioni. L’altra norma individuata per gli stessi soggetti pesa assai meno: dal 2013, infatti, i partiti dovranno rinunciare ad una somma di rimborso di 7,67 milioni complessivi ogni anno.
Per gli “stipendi” di deputati e senatori si dovrà attendere l’apposita commissione che dovrà comparare indennità, diaria e benefit di tutti i parlamenti d’Europa per mettere in linea Camera e Senato con il Bundestag o con l’Assemblea nazionale francese.
Se il calcolo fosse fatto sulla sola “indennità ” - che in Italia tocca gli 11mila euro (record continentale) contro i 2.921 della Spagna e i 6.892 della Francia - il livellamento la porterebbe alla cifra di 5.300 euro. La commissione ancora da istituire, però, dovrà prendere la cifra nel suo complesso, aggregando anche i “servizi” che eventualmente siano utilizzati dagli altri parlamentari d’Europa. Insomma , il calcolo pare assai complicato.
Gli altri tagli, quelli alle auto blu e agli aerei blu (di cui tra l’altro, per motivi di sicurezza, non si conosce l’utilizzo dall’anno 2009), non peseranno pressochè per nulla, visto che il grosso della spesa è dato dalla presenza degli autisti ormai in servizio effettivo per conto dello Stato (due autisti per ogni vettura).
NON SONO TOCCATE le grosse voci della spesa pubblica: gli 8 miliardi e mezzo degli enti territoriali, i 3 miliardi degli organi Costituzionali (1,7 solo per i bilanci di Camera e Senato), i 2,5 miliardi delle “consulenze esterne” nella pubblica amministrazione.
In Grecia, con la crisi economica, hanno tagliato le Province da 57 a 13, i Comuni da 1034 a 325 e propongono di ridurre i deputati da 300 a 200.
Noi, che stiamo un po’ meglio della Grecia, conserviamo tutte le Province, le Regioni con o senza lo statuto speciale e contiamo 945 tra deputati e senatori contro i 661 parlamentari tedeschi. Toccateci tutto, ma non la casta.