Alex Saragosa, il Venerdì di Repubblica 15/7/2011, 15 luglio 2011
AEREI UNA NUOVA SFIDA PRENDE QUOTA: FARE I CIELI PIÙ VERDI. IN FUTURO SARANNO TRASPARENTI, SUPERSONICI, ELETTRICI, SENZA FINESTRINI NÉ PILOTA. INTANTO, CONTRO INQUINAMENTO E CARO PETROLIO, PUNTANO SU CARBURANTI ESTRATTI DALLE ALGHE
Padroni di casa al salone aeronautico di Parigi Le Bourget, tenutosi a fine giugno, i francesi volevano stupirci con gli effetti speciali. E ci sono riusciti. Tutto il mondo ha parlato del visionario Airbus del futuro, che ospiterà i passeggeri in una carlinga trasparente, facendoli sentire davvero fra le nuvole. Ma ha colpito molto anche il progetto Zehst, della tedesca Eads, una specie di super Concorde che decolla usando normali motori jet, ma che, quando è a venti chilometri da terra, aziona razzi a idrogeno e ossigeno liquidi, per raggiungere i trenta chilometri di altezza e quattro volte la velocità del suono, così da arrivare ovunque nel mondo in poche ore.
Molto meno clamore ha fatto invece quella che è forse la vera notizia dello show: la vendita, per lo più a clienti asiatici, di ben 701 Airbus 320 Neo, che faranno incassare al consorzio europeo circa 50 miliardi di euro. Gli A320 Neonon sono trasparenti né supersonici, ma hanno un vantaggio: usano il quindici per cento di carburante in meno dei loro concorrenti. «In effetti per l’aviazione commerciale il volo supersonico è un traguardo così costoso e complesso che, per molti decenni a venire, credo resterà solo un sogno» dice Cesare Cardani, professore di ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano. «Molto più pressante, invece, è l’obiettivo di contenere i consumi, per inquinare meno, certo, ma soprattutto per ridurre una voce di spesa che, a ogni risalita del prezzo del petrolio, rischia di far saltare i conti delle compagnie. Una decisiva spinta in questa direzione l’ha data il progetto europeo Clean Sky, che ha finanziato con 1,6 miliardi di euro le ricerche volte a ridurre della metà, entro il 2020, le emissioni di CO2 e il rumore da parte degli aerei».
Poche settimane fa la Ue ha ribadito il concetto, fissando, a partire dal gennaio 2012, a 213 milioni di tonnellate di CO2 il limite (destinato a scendere ancora nei prossimi anni) per le emissioni delle compagnie operanti nel continente (la produzione attuale è di 220 milioni). Chi supererà la quota assegnata, dovrà acquistare quote da chi è rimasto sotto.
L’aviazione in realtà è responsabile solo del tre per cento delle emissioni di CO2 globali, ma i fumi che gli aerei rilasciano a dodicimila metri di quota, secondo l’Ipcc (Intergovernmental Panel for Climate Change), hanno un effetto climatico quadruplo rispetto a quelli emessi al suolo. Considerando che nei prossimi quaranta anni si prevede un raddoppio degli attuali 85 mila voli annuali nel mondo, si capisce l’importanza di intervenire in questo settore. «Per fortuna i margini per ridurre i consumi degli aerei sono ampi» dice Giulio Romeo, ingegnere aerospazialeal Politecnico di Torino. «Si può cominciare riducendo il peso dell’aeromobile, per esempio usando fibre di carbonio al posto dell’alluminio. È una tecnologia che, dai jet militari, si sta estendendo all’aviazione civile. Il nuovo Boeing 787, per esempio, è costruito per oltre il 50 per cento in carbonio».
Poi ci sono i motori: un jet di oggi consuma in media già il quaranta per cento in meno di uno degli anni 60. «E i motori turbofan adottati sugli ultimi modelli» aggiunge Cardani «permettono un’ulteriore riduzione del 15-20 per cento. In tempi più lunghi si possono immaginare aerei che, grazie a sistemi di navigazione satellitare, voleranno senza piloti e controllori di volo».
Una drastica riduzione delle emissioni potrebbe arrivare dall’uso dei biocombustibili. «Le sperimentazioni sono in corso» dice Cardani. «Giorni fa un aereo di linea Klm è volato da Amsterdam a Parigi con i serbatoi pieni per metà di un combustibile derivato da grassi animali. La Boeing, invece, sta studiando l’uso nei jet di oli estratti da alghe e da vari tipi di piante. Il problema non è tecnico, ma di costi».
Poi c’è l’idrogeno che, se estratto dall’acqua usando solo energia rinnovabile, ha emissioni di CO2 nulle. L’idrogeno potrebbe essere bruciato direttamente nei motori, oppure usato per realizzare il non plus ultra del volo verde, l’aereo elettrico, che elimina anche il rumore. Come ha fatto Romeo con il suo Rapid200FC, finanziato con fondi europei: «Abbiamo convertito alla propulsione elettrica un aereo da turismo, alimentando con idrogeno una cella a combustibile, la cui elettricità fa funzionare il motore che muove l’elica. Le prove di volo si sono concluse con successo. Ora, se otterremo nuovi finanziamenti, vorremmo provare a convertire a idrogeno un aereo da dieci posti, per dimostrare che è possibile il trasporto aereo a corto raggio, senza inquinamento chimico e acustico». Come per le auto, forse, prima degli aerei elettrici avremo quelli «ibridi». Ci crede la Boeing, con il suo Sugar, un progetto di turboelica che decolla usando le turbine, ma che in quota procede con motori elettrici a batteria. La Eads, invece, va oltre. Scommettendo su un raddoppio della capacità di accumulo delle batterie al litio, immagina un aereo di linea elettrico, il VoltAir, che, arrivato in aeroporto «cambia le pile» e riparte.
Di fatto, il concetto più avanzato di aereo elettrico vola già. È il Solar Impulse, il monoposto svizzero le cui batterie vengono ricaricate da pannelli solari montati sulle ali. Il prossimo anno farà il giro del mondo senza usare un watt di energia terrestre. «Difficile però che il sole possa presto alimentare un aereo di linea» precisa Romeo. «In tempi più brevi idrogeno e fuel cell potrebbero essere impiegati sugli attuali aerei per la produzione dell’elettricità di bordo, riducendo di un buon venti per cento i consumi». Un ultimo taglio agli sprechi lo darebbe poi abbandonare la forma di «tubo con le ali». «La fusoliera» spiega Romeo «è la parte meno aerodinamica di un aereo. Molto più efficiente sarebbe una grande ala a punta, tipo bombardieri Stealth, in grado di ospitare anche mille passeggeri. Non potrebbe però avere finestrini, del resto fonte di debolezza strutturale, che andrebbero sostituiti da schermi». Insomma, l’aereo del futuro potrebbe somigliare a un pipistrello che sa di olio fritto, senza pilota né finestrini. Altro che aereo trasparente...