Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 15/7/2011, 15 luglio 2011
LE RIFORME MANCATE DELLE AGENZIE DI RATING
L’agenzia di rating Moody’s ha annunciato mercoledì sera di aver messo sotto osservazione il debito degli Stati Uniti in vista di un possibile declassamento, dopo che la stessa cosa aveva fatto tempo fa Standard & Poor’s, e il mercato dei Treasuries ha fatto spallucce. In realtà, molte fonti di mercato ritengono che l’annuncio sia legato all’impasse in corso nel negoziato fra il presidente Barack Obama e i repubblicani sul debito federale, impasse che molti restano convinti possa risolversi in qualche modo prima della scadenza del 2 agosto, e qualcuno si spinge a dire che anche un downgrading finirebbe per avere un impatto limitato sull’andamento dei titoli del Tesoro Usa.
In Europa, invece, ogni nuovo declassamento di debito sovrano da parte delle agenzie di rating (ultima, mercoledì, la Grecia; il giorno prima l’Irlanda, ridotta a livello "junk"; qualche settimana fa il Portogallo) attizza una violenta polemica delle autorità europee e causa brusche reazioni di mercato.
Quella dei rating però resta una delle aree in cui la revisione della regolamentazione finanziaria ha compiuto minori progressi. Anche in Europa, diverse proposte avanzate negli ultimi anni, compresa la creazione di un’agenzia europea, si sono arenate. A livello internazionale, il Financial Stability Board, che l’anno scorso ha presentato una serie di principi per ridurre la dipendenza dei mercati dalle agenzie, ha ammesso nel suo ultimo rapporto, consegnato in aprile, che il lavoro è ancora nella fase iniziale, anche se alcune iniziative sono state prese a livello nazionale e regionale. Il prossimo aggiornamento dell’Fsb, a ottobre, non dovrebbe contenere grandi novità.
Alcune contestazioni sono più giustificate di altre, anche per la particolarità del timing: per esempio l’abbassamento del debito irlandese a livello di junk bond da parte di Moody’s, giudicato «incomprensibile» dalla Commissione europea. In poco più di ventiquattr’ore, è arrivato ieri il giudizio, di Ue Bce e Fondo monetario, che invece valuta molto positivamente l’azione intrapresa dall’Irlanda, che quest’anno tornerà a crescere e sta andando al di là degli obiettivi sui conti pubblici. Nei giorni scorsi, la Bce ha notato che negli ultimi due anni l’Irlanda ha messo a segno un forte recupero di competitività, che sta consentendo una drastica riduzione del disavanzo di parte corrente, come ha ricordato lunedì a Milano il membro del consiglio della Bce, Lorenzo Bini Smaghi.
Anche nel caso del declassamento a junk bond del debito del Portogallo, qualche settimana fa, le autorità avevano protestato che Moody’s non aveva tenuto conto dell’insediamento appena avvenuto di un nuovo Governo deciso a mettere in atto misure draconiane. Nell’un caso e nell’altro, l’agenzia ha dichiarato di aver proceduto al taglio del rating nell’aspettativa che i due Paesi abbiano bisogno di un ulteriore pacchetto di salvataggio e che gli obbligazionisti vengano penalizzati dalle richieste europee di coinvolgimento del settore privato.
Il primo ministro irlandese Enda Kenny, tuttavia, ha in qualche modo spostato il mirino dalle accuse alle agenzie di rating all’incapacità dei leader europei di trovare una soluzione duratura della crisi del debito sovrano. «Il propblema di Moody’s non è con l’Irlanda», ha osservato Kenny. Anche il premier greco, George Papandreou, aveva lamentato le divisioni a livello europeo.
Il voto delle agenzie resta un punto di riferimento importante per gli investitori istituzionali, soprattutto anglosassoni, e ridurre la dipendenza dalle loro valutazioni non è facile per l’Europa, dove sono diventate uno dei capri espiatori della crisi del debito. Accusate, con ragione, di essersi mosse in ritardo nella crisi finanziaria degli anni scorsi e di aver contribuito a creare il problema dei mutui subprime con voti troppo generosi alle cartolarizzazioni, oltre che di conflitto di interessi nella loro veste di arbitro e al tempo stesso consulente degli emittenti, le agenzie sembrano ora voler procedere, con i tagli al debito europeo, con maggiore rapidità. Questo le mette spesso in contrasto con le autorità nazionali ed europee. La "grande idea" per contrastarne l’influenza, la creazione di un contraltare continentale, sponsorizzata soprattutto dalla Francia, finora non ha avuto seguito, mentre il commissario Michel Barnier ha anche dovuto ridimensionare la proposta di escludere dal rating il debito degli Stati dell’area euro destinatari degli aiuti.