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 2011  luglio 15 Venerdì calendario

“Melfi, licenziamenti legittimi” (2 articoli) - La Fiat non ha tenuto una condotta antisindacale quando ha licenziato tre lavoratori - di cui due delegati Fiom della Sata di Melfi

“Melfi, licenziamenti legittimi” (2 articoli) - La Fiat non ha tenuto una condotta antisindacale quando ha licenziato tre lavoratori - di cui due delegati Fiom della Sata di Melfi. Il giudice del Lavoro del Tribunale di Melfi, Amerigo Palma, ha accolto il ricorso presentato dall’azienda e annullato la precedente sentenza che, invece, ne ordinava il rientro in fabbrica. Le motivazioni della sentenza saranno note forse già oggi. Ma appare evidente che il giudice ritenga che la Fiat sia stata corretta nei suoi comportamenti. Si conclude così, per ora, una vicenda che anche mediaticamente ha segnato un anno di difficilissime relazioni sindacali tra Fiat e Fiom. Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte, delegati Fiom, e Marco Pignatelli erano stati licenziati esattamente un anno fa con la contestazione da parte dell’azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero contro i carichi di lavoro. Il clima in tutti gli stabilimenti del gruppo era surriscaldato dalla durissima vertenza di Pomigliano. Poi i tre erano stati reintegrati. La Fiat, però, non li aveva riammessi in fabbrica, ma aveva corrisposto i salari e consentito ai due delegati l’utilizzo della saletta sindacale. Ieri la storia si è ribaltata e da oggi i lavoratori rimarranno a casa senza stipendio. Durissima la reazione della Fiom che annuncia un ricorso. E ieri di fronte al Tribunale ci sono stati momenti di tensione. Alcuni lavoratori, quando hanno visto uscire i legali della Fiat, hanno gridato «vergogna». La tensione è durata pochi istanti e - dopo l’intervento della Digos - gli avvocati hanno potuto poi lasciare il tribunale. Alla notizia della sentenza alcuni operai della Fiom sono scoppiati in lacrime. La Fiat - rappresentata dagli studi Amendolito di Bari e De Dominicis di Torino apprezza di aver visto riconosciuta la propria correttezza. E l’avvocato Francesco Amendolito spiega: «Dopo circa un anno di istruttoria e ben 26 testimoni ascoltati, è stata appurata la verità materiale e giuridica sui fatti che si sono verificati nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, e soprattutto che la Sata non ha mai tenuto comportamenti persecutori e antisindacali nei confronti della Fiom. I licenziamenti sono stati ritenuti legittimi». Il segretario Fiom, Maurizio Landini, ha espresso «l’indignazione del sindacato» per «una sentenza pilatesca». Dopo aver annunciato l’intenzione di presentare ricorso, e la volontà di «non lasciare soli i tre operai», ha spiegato che «una serie di prove da noi presentate non sono state accolte, e il giudice, nel dichiarare che non c’è stato un comportamento antisindacale della Fiat, ha dichiarato nello stesso tempo che non c’è un comportamento illegittimo dei lavoratori». E i tre operai assicurano: «Accettiamo la decisione del giudice, perché è lui a decidere, ma sicuramente non ci arrendiamo perché riteniamo che il nostro è stato un licenziamento illegittimo». Subito dopo la sentenza il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha auspicato che «al di là del percorso giudiziario, i sindacati vogliano tutti, insieme alla Fiat, concorrere a un clima positivo, evitando forme di conflittualità minoritarie». Invece Nichi Vendola, leader di Sinistra Ecologia Libertà (Sel), assicura ai tre che non saranno lasciati soli e ne loda il senso dello Stato «nel voler rispettare una sentenza così amara». Polemico il segretario Fismic, Di Maulo: «Chi ha chiesto la solidarietà alle più alte cariche dello Stato e alle più alte cariche della Chiesa ora dovrebbe avere il coraggio di chiedere scusa al presidente Napolitano». Si dispiace per i tre il segretario Cisl Bonanni: «E’ una vicenda molto triste che suggerisce che non bisogna mai usare la via giudiziaria; quella sindacale, relazionale, partecipativa e del confronto sono le uniche sicure per i lavoratori». MARINA CASSI *** Dagli insulti alla sentenza La rivincita di Marchionne - Un anno fa i fischi, gli insulti, gli scioperi e le barricate della Fiom contro la «cattiva» Fiat. Il Lingotto sembrava averla fatta davvero grossa licenziando il 14 luglio 2010 Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza). La notizia fa subito scalpore e viene seguita da un lungo tam-tam mediatico. Servizi sui tg nazionali e prime pagine dei giornali. L’azienda torinese dice di aver licenziato i tre operai per «aver bloccato la produzione durante uno sciopero interno» nella notte tra il 6 e il 7 luglio. Ma quasi nessuno ci crede. Un mese dopo il giudice, con un provvedimento d’urgenza ex articolo 700, giudica antisindacale il comportamento di Fiat reintegrando i tre (due sono delegati Fiom). Ieri, però, la sentenza del giudice del lavoro Amerigo Palma ribalta l’intera vicenda: i licenziamenti sono legittimi, viene accolto il ricorso del gruppo guidato dall’ad Sergio Marchionne, contro il reintegro dei tre operai. La «cattiva» Fiat segna un punto importante a suo favore in una battaglia a carte bollate con la Fiom che va avanti da 300 giorni. «Dopo circa un anno di istruttoria e ben 26 testimoni ascoltati - ha spiegato ieri Francesco Amendolito, uno dei legali di Fiat - è stata appurata la verità materiale e giuridica sui fatti del 6-7 luglio 2010, e che la Sata non ha mai posto in essere comportamenti persecutori e antisindacali nei confronti della Fiom-Cgil». La vicenda inizia proprio nella notte del 6 luglio, durante un corteo interno alla fabbrica di Melfi viene bloccato un carrello che trasferisce i pezzi lungo la linea di lavorazione. Secondo l’azienda, si tratta di sabotaggio. Il 14 luglio partono le lettere di licenziamento dei tre operai, ritenuti dal Lingotto responsabili del blocco che ha impedito di lavorare a chi non voleva scioperare. Dopo le lettere, i tre operai salgono sul tetto della Porta Venosina, un monumento di Melfi, per dare il via a un «presidio ininterrotto». Ricevono la solidarietà dei sindaci. Due giorni dopo, il 16, la Fiom fa sciopero e organizza un corteo. Dopo tre notti e due giorni i tre operai scendono dal monumento per il caldo e la disidratazione. Il 27 luglio la Fiom chiede al giudice il reintegro dei lavoratori per comportamento antisindacale di Fiat. Il 9 agosto arriva la prima decisione dal giudice del lavoro di Melfi, Emilio Minio: i licenziamenti sono antisindacali. Il magistrato ordina il reintegro dei tre lavoratori. Il 20 agosto Fiat si oppone all’ordinanza. Il punto - spiega - non è chi ha bloccato il carrello ma il fatto che gli operai, dopo il blocco, hanno sostato sui binari impedendo che la linea ripartisse e i pezzi raggiungessero il montaggio. Il giorno dopo l’azienda comunica ai tre operai che saranno reintegrati (riceveranno lo stipendio) ma che non intende avvalersi delle loro prestazioni. Continuano le proteste, la Fiom fa anche un appello al Capo dello Stato. Giorgio Napolitano invoca per Melfi una soluzione condivisa e un superamento della controversia, ma ribadisce che la vertenza è in mano alla magistratura e sarà questa a dire l’ultima parola. La tensione resta alta. Come testimonia il fatto che nei giorni successivi il sindacalista Roberto Di Maulo, leader Fismic, arrivi a denunciare in Procura, senza fare nomi, il clima di intimidazione in fabbrica creato da Fiom, dopo i fatti di luglio. Da oggi forse quell’enorme polverone comincerà a sgonfiarsi e le motivazioni del giudice faranno chiarezza. LUCA FORNOVO