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 2011  luglio 15 Venerdì calendario

UNA LETTERA CI RACCONTERA’

La rubrica delle "lettere al giornale" è un luogo tradizionale dello scambio di opionioni tra la stampa e il popolo dei lettori che continua a godere di ottima salute anche perché le nuove tecnologie lo hanno reso più semplice e veloce. Un fiume ininterrotto di denunce, racconti, richieste, frammenti di vita affluisce alle redazioni mescolando intimità ed esibizionismo e finisce per formare un´isola privilegiata in cui si esprime l´identità di un giornale nel suo rapporto con il pubblico. Tra le rubriche più antiche si ricorda lo "Specchio dei tempi" su La Stampa, cominciata nel 1955 e ancora attiva. Altri spazi memorabili sono stati quelli occupati da Indro Montanelli, prima con la "Parola ai lettori" su il Giornale e dopo con la "Stanza" nel Corriere della Sera, ereditati poi da Paolo Mieli e ora da Sergio Romano, e i consigli sul galateo dispensati da Colette Rosselli, la mitica "donna Letizia", o da Susanna Agnelli, le quali con perentoria e proverbiale asciuttezza hanno tentato di educare migliaia di lettori all´arte del buon comportamento sullo sfondo di un´Italia che cambiava radicalmente consumi, valori e stili di vita. Oggi hanno particolare successo le rubriche dedicate ai love affairs di Massimo Gramellini "Cuori allo specchio" e di Natalia Aspesi sul Venerdì e gli scambi di politica, cultura e costume gestiti da Corrado Augias, Michele Serra, Beppe Severgnini, Stefania Rossini e Roberto Gervaso: non bisogna neppure fare lo sforzo di comprare il francobollo, basta un colpo di clic e il contatto con il proprio giornalista preferito è assicurato.
All´interno di questo genere consolidato e di successo si inserisce ora l´iniziativa editoriale del direttore di Famiglia Cristiana don Antonio Sciortino che pubblica un´antologia delle lettere inviate alla rubrica "Colloqui col Padre" dai suoi lettori intitolata Il limite. Etica e politica nelle lettere di Famiglia Cristiana (Laterza, pagg. 216, euro 16). Il pubblico di questo settimanale, fondato nel 1931 dalla Società San Paolo con l´obiettivo di evangelizzare attraverso la comunicazione di massa, dà vita a un corale status animarum del nostro Paese che restituisce un´immagine per nulla monolitica del cattolicesimo italiano. Si trova dunque conferma che il tema della presenza cattolica nella penisola sia cosa complessa, ramificata e profonda, non bisognosa di uno sguardo superficiale o partigiano che vorrebbe tutta comprimerla all´ombra del Vaticano per impoverirla dentro l´opzione secca clericalismo/anticlericalismo. Si tratta di un vivace scambio epistolare che consente di mettere a fuoco un quadro reale dell´Italia di oggi, dei suoi problemi e delle sue delusioni, ma anche di lasciare intravedere speranze e voglie di riscatto: dalla crisi economica che grava sulle famiglie non sostenute da una seria e specifica politica di tutela, al rispetto della dignità della persona e della donna in particolare, dai problemi della legalità in tema di evasione fiscale («la fede vale se c´è la carità che vuol dire impegno per la giustizia sociale») al rifiuto di ogni discriminazione verso i più deboli, fra tutti gli immigrati in fuga dai continenti della fame e della guerra («Ero straniero e mi avete ospitato»).
Una lettera dopo l´altra affiora con qualche sorpresa la novità di un popolo senza populismo, consapevole che l´Italia abbia ormai superato il limite, la soglia del tollerabile («La misura è colma», «tacere è connivenza» commentano i lettori). L´antologia lascia trapelare l´ampiezza della ferita che i comportamenti del premier e le scelte dell´attuale governo in ambiti come la giustizia o l´immigrazione hanno aperto nel cuore profondo di una parte non trascurabile dell´elettorato cattolico. È un atto di accusa non tanto contro Berlusconi come persona, ma contro il berlusconismo come modello antropologico («una vita truccata. Senza equilibrio tra regole e libertà»), un rosario di accuse e di indignazioni sciorinate grano a grano nella condivisibile convinzione che egli non sia stato tanto la causa della malattia italiana, quanto il prodotto più acuto e rappresentativo di un modo di essere di lungo periodo del nostro Paese.
L´altro aspetto sorprendente è costituito dalla radicalità di un pubblico di lettori che analisi di maniera vorrebbero per definizione tutto incline al moderatismo in quanto cattolico. Tra le pagine di queste lettere si respira una chiara aria di «azionismo cristiano» che rivendica la necessità di una coerenza fra convinzioni e comportamenti senza temere di passare per moralisti o giustizialisti, i due marchi di infamia con cui negli ultimi vent´anni sono stati bollati quei cittadini «eretici» che hanno chiesto un´etica pubblica improntata alla disciplina e all´onore e una giustizia uguale per tutti. Naturalmente, allo sguardo del popolo di Famiglia Cristiana non sfugge l´eccessiva tolleranza esibita dalle gerarchie ecclesiastiche in questo tempo accidioso del crepuscolo berlusconiano («Francamente mi aspettavo qualcosa di più dalla Chiesa. Il Paese, almeno la sua parte più sana, è molto più che a disagio», scrive una lettrice).
Nella battagliera introduzione don Sciortino si mostra consapevole che uno dei principali problemi dell´Italia di oggi sia la ritirata dei cattolici dall´impegno politico e civile e lo scisma sommerso e silenzioso che si è creato tra il magistero ufficiale della Chiesa e le scelte di vita di tanti credenti in ambito pubblico e privato: un fossato che con l´ago della pazienza e il filo del dialogo il direttore di Famiglia Cristiana prova a riempire, svolgendo un ruolo prezioso che il Vaticano farebbe bene a non sottovalutare. Un merito indubbio di questo lavoro è di dare voce e visibilità a un volto poco rappresentato del cattolicesimo italiano che abita il corpo vivo e tormentato della nostra società praticando ed esigendo una maggiore etica nella vita privata e pubblica e una più seria responsabilità della politica: una questione democratica che non ha alcuna valenza confessionale, ma riguarda l´intero Paese.