Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 15/7/2011, 15 luglio 2011
SE ANCHE L’AMERICA SCARICA MURDOCH
Per capire che cos’è (o era?) diventato Rupert Murdoch forse conviene partire proprio dal suo ultimo biglietto: «Caro John, grazie per la tua lettera del 12 luglio... Sfortunatamente non posso partecipare alla sessione che avete programmato martedì prossimo» . Peccato che il confidenziale John in questione sia John Whittingdale, il capo della Commissione di inchiesta del parlamento britannico, che sta procedendo alla demolizione sistematica dei fondamenti economici, politici, giuridici e culturali del gruppo Murdoch. In serata, comunque, l’imprenditore cambia idea e annuncia che sia lui che il figlio James compariranno davanti alla Commissione martedì prossimo, 19 luglio. Intanto si mette male anche negli Stati Uniti, dove ha sede (dal 2004 a Manhattan) il quartier generale della News Corporation. È un rumore che cresce, avvisaglia di guai in arrivo al galoppo. Martedì 12 luglio il senatore democratico John D. Rockefeller IV chiede che il governo avrebbe dovuto investigare sulle attività di giornali e tv controllati da Murdoch negli Stati Uniti, per verificare che non siano state «intercettate le telefonate delle vittime dell’ 11 settembre» . L’appello di Rockefeller è subito accolto da una mezza dozzina di senatori, compreso un repubblicano Peter T. King che sollecita e ottiene l’intervento dell’Fbi: inchiesta aperta. Non basta. Un altro parlamentare, Frank Lautenberg (democratico) sostiene che anche la dirigenza americana di News Corporation può essere imputata per la corruzione dei funzionari di polizia inglesi. Infine Mary Shapiro, la presidente della Sec (la Commissione di sorveglianza dei mercati finanziari), assicura «indagini accurate» . E Christopher Bancroft, membro della famiglia cui faceva capo The Wall Street Journal, dichiara che se avesse saputo ciò che sa ora non avrebbe accettato di cedere il giornale all’imprenditore australiano. Politici ingrati, potrebbe pensare Murdoch, visto che solo nel primo trimestre del 2011 la News Corporation ha speso 215 mila dollari per finanziare le lobby di Washington. Certo, Murdoch è qualcosa di più di un editore. Questo «surplus» emerge mettendo a confronto le due classifiche stilate periodicamente da Forbes. Nella lista dei personaggi più ricchi del mondo compare «solo» al 117 ° posto, con una fortuna dichiarata di 6,3 miliardi di dollari. Ma nella graduatoria delle figure più potenti balza al 13 ° , dietro i capi di Stato e di governo, che però sono di passaggio. L’influenza di Murdoch è, invece, continua, pervasiva, una costante da trent’anni e in almeno tre continenti. È stato la sponda popolar-populista di Margaret Thatcher, per poi passare con disinvoltura a sostenere Tony Blair e poi tornare sul versante conservatore, appoggiando l’attuale premier David Cameron. Negli Stati Uniti alimenta da tre anni una rumorosa campagna anti-Obama, con le trasmissioni spesso sguaiate di Fox news. E allora si capisce perché il suo soprannome sia «lo squalo» e non «canarino Titti» . Che cosa sarebbe allora il mondo «senza Rupert» ? Difficile prevedere che cosa accadrà ora. Chiaro: il passo indietro su BskyB blocca l’espansione nel redditizio filone della tv satellitare. E la chiusura del quotidiano News of the World potrebbe essere solo la prima tappa di una generale smobilitazione dei tabloid. Occorre, però, guardare il diagramma in tutta la sua ampiezza. Su un totale di 32,8 miliardi di dollari, solo 6,1 miliardi provengono dalla carta stampata (in cui convivono campioni del «trash» come l’inglese The Sun e l’americano New York Post, con giornali autorevoli come The Wall Street Journal e The Times). Probabilmente il baricentro del gruppo si sposterà ancora di più negli Stati Uniti, dove News Corp fattura già 14,6 miliardi di dollari. In realtà il vero punto di debolezza è la postazione di comando. La linea di successione a Murdoch (sei figli, tre mogli, l’ultima è la 42enne Deng Weng) sembra compromessa: il figlio James, 38 anni, responsabile per gli affari in Europa e Asia, è totalmente screditato dallo scandalo intercettazioni. Gli altri figli con l’età giusta, Lachlan, 39 ed Elisabeth, 41 anni, sono da tempo fuori gioco. In queste condizioni anche il futuro prossimo sembra segnato: la poltrona del 13 ° uomo più potente del mondo si sta per liberare.