varie, 14 luglio 2011
Daniele Lo Verso, 83 anni. Di Genova, autista di bus in pensione, appassionato di caccia e di bocce, «brava persona, gentile, sempre sorridente», vedovo, padre di dieci figli, due settimane fa aveva cacciato dalla sua casa popolare il figlio Marcello, 48 anni, strano di testa, con cui litigava di continuo
Daniele Lo Verso, 83 anni. Di Genova, autista di bus in pensione, appassionato di caccia e di bocce, «brava persona, gentile, sempre sorridente», vedovo, padre di dieci figli, due settimane fa aveva cacciato dalla sua casa popolare il figlio Marcello, 48 anni, strano di testa, con cui litigava di continuo. Quello allora s’era trasferito da un’amica ma l’altra notte, indosso un sacco della spazzatura coi buchi per occhi e bocca, le mani coperte da guanti in lattice, ruppe la porta di vetro dell’abitazione del padre e impugnando un coltellaccio da cucina si appostò nel breve corridoio che separa la porta di vetro da quella di legno. La mattina dopo, verso le 8, il Lo Verso Daniele uscì di casa e allora il Lo Verso Marcello gli saltò addosso, gli infilò la lama cinque volte nella pancia e nei fianchi e quando lo vide in terra, con altri due fendenti, gli segò la giugulare. Quindi si lavò, vegliò la salma per un’oretta, poi aprì la cassaforte, arraffò i mille euro della pensione e qualche medaglietta d’oro, uscì dall’appartamento, buttò sacco e guanti in una scarpata, e tornò a casa dell’amica. Rintracciato dai carabinieri, dopo una notte di interrogatorio crollò: «Sono stato io ad uccidere mio padre. Non lo sopportavo più. Era uno spilorcio, mi dava appena cinquanta euro al mese. E poi era sporco, faceva rumore quando posava la forchetta sul piatto e di notte si agitava, impedendomi di dormire bene». Alle 8 di mattina di lunedì 11 luglio in un appartamento popolare al civico 79 di via 2 Dicembre a Genova.