Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 14/7/2011, 14 luglio 2011
IL FATTO DI IERI - 14 LUGLIO 1948
Una mattina di ordinari lavori parlamentari. Dopo la sbornia delle elezioni di aprile, finite col trionfo della Dc sul Fronte Popolare alla Camera nonostante nel Paese serpeggi una certa tensione, c’è aria di normalità. È il 14 luglio ’48 e, in una sonnacchiosa seduta, in aula si discute di forniture di carta da distribuire ai giornali. Niente di elettrizzante, tanto che Togliatti, in compagnia di Nilde Iotti, decide di allontanarsi. Ignaro che a pochi passi dall’uscita di via della Missione lo aspetta un giovane studente venuto dalla Sicilia con un’idea precisa. Far fuori il Migliore, “nemico della patria e membro del Cominform”. Si chiama Antonio Pallante, in valigia ha una copia del Mein Kampf e nella mano una vecchia pistola calibro ’38. Pochi attimi e Togliatti crolla a terra, colpito da tre proiettili al torace. La notizia fulmina gli italiani e, mentre il segretario dal Policlinico raccomanda “state calmi, non perdete la testa”, nel Paese, tra barricate, assalti alle prefetture, questure, partiti di governo, il clima è da guerra civile. Alla fine, con Pallante condannato a 13 anni e poi amnistiato e un bilancio di 30 morti e 800 feriti, la rivoluzione rientra. Senza bisogno di Bartali.