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 2011  luglio 14 Giovedì calendario

L’EUROPA VUOLE DARE FUTURO ALLA PESCA

Il nemico numero uno per il futuro della pesca nel profondo blu si chiama “rigetto”, termine dietro al quale si nasconde uno spreco grave, ingiustificato e impunito. È il destino che tocca a una preda su quattro, finire nella rete e non in tavola perché troppo piccola, della specie sbagliata o semplicemente in abbondanza rispetto ai limiti fissati dagli accordi internazionali.

Le statistiche rivelano che il 23% delle catture va in pasto agli altri pesci: sono 7,3 milioni di tonnellate l’anno, «una pratica inaccettabile» assicura Maria Damanaki, responsabile Ue per gli affari marittimi che ora vuole cambiare le regole. Dal 2013, afferma, tutto il pescato dovrà essere portato a terra e contato per le quote. Chi sgarra, sarà punito. O almeno si spera.

I mari continuano a svuotarsi, il 78,5% degli stock è sovrasfruttato, le politiche di conservazione hanno potuto poco nei confronti di una domanda mondiale crescente e di un’industria che strappa agli abissi più di quanto questi riescano a rigenerare. «Il settore ha un futuro incerto» stima la Commissione Ue senza essere contraddetta. Le flotte continuano a essere di due o tre volte più grandi di quanto sarebbe sostenibile per l’ambiente, mentre negli ultimi 20 anni il bottino ittico dei porti europei è calato di un terzo.

«È tempo di pensare correttamente ogni singolo stock - dice la Damanaki - entro il 2015 le quote dovranno essere gestiste in modo sostenibile». Il che vuol dire pescare solo quello che non intacca le specie. Lo strumento destinato a mettere in opera queste buone intenzioni è la nuova Politica per la Pesca presentata a Bruxelles e subito sommersa dalle contestazioni.

Nel documento c’è l’obiettivo-sostenibilità al 2015 che assomiglia a quello dei conti pubblici in pareggio per lo stesso anno, solo che è più difficile. La Damanaki dichiara guerra al rigetto, impone nuovi criteri di documentazione e chiede serietà ai pescatori nel loro interesse. Promette più controlli e una tabella di marcia per rientrare dall’overfishing, annuncia finanziamenti a chi riuscirà a dimostrare di agire nel rispetto dell’ecosistema.

Centrale, e controversa, l’intenzione di lanciare dal 2014 un sistema di quote di cattura trasferibili concesse alle imbarcazioni di lunghezza superiore a 12 metri. Le concessioni, spiega la Commissione, saranno ripartite dalle capitali con «modalità trasparenti» e comuni. Esse daranno diritto una fetta percentuale delle possibilità nazionali, una licenza quantitativa per 15 anni, che gli operatori avranno facoltà di affittare o scambiare a livello nazionale. Si verrà insomma a creare un mercato delle quote a metà fra quello delle licenze dei tassisti e quello dei contratti di sfruttamento delle miniere.

La Signora Damanaki e i suoi servizi sono persuasi che la compravendita delle concessioni aiuterà a creare possibilità di reddito a lungo termine, maggiore flessibilità e responsabilizzazione, riducendo al tempo stesso l’eccesso di capacità. «Gli operatori - afferma la commissaria greca - avranno un incentivo ad accrescere le proprie concessioni mentre quelli meno motivati potrebbero perfino decidere di abbandonare il settore».

Con questo regime, si prevede che entro il 2022 i redditi aumenteranno di oltre il 20% e i salari degli equipaggi anche del 100%. La pesca artigianale non avrà nuove imposizioni mentre verrà costituito un nuovo strumento di sostegno finanziario (6,7 miliardi per il 2014-2020) e questo aiuterà parecchio anche gli italiani, pescatori di acciughe e vongole, specie che da sole fanno un terzo del nostro fatturato, che sfidano i megacampioni spagnoli e francesi della caccia in mare al tonno alalunga. La nostra flotta è relativamente numerosa (seconda per occupazione, secondo i dati Ue) ma ha un tonnellaggio che è la metà di quella iberica.

Sulle coste si guadagna poco perché c’è più concorrenza che pesce, e l’attività illegale è ben diffusa. L’allarme della Damanaki arriva pertanto al punto giusto, per noi e per tutti gli altri. «Se si continua così i nostri figli vedranno il pesce solo in fotografia», avverte. Già sentito? Vero. Ma stavolta potrebbe essere veramente l’ultima.