Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore, 14 luglio 2011
SI SPEZZA LA STRATEGIA DELLO «SQUALO»
Dicono che sia solo una questione di tattica, che la strategia del predatore sia sempre la stessa, diretta, senza distrazioni, sull’obbiettivo finale. Dicono che all’ottantenne squalo Rupert Murdoch non siano affatto caduti i denti, né sia passata la smania che in altra epoca gli ha permesso di costruire un impero mediatico sul quale non tramonta mai il sole. È possibile, ma dopo la giornata di ieri resta uno scenario di scuola immaginare che possa, anche un giorno molto lontano, mettere le mani su BskyB, non più una probabilità. La pay tv sfilata dal tavolo di NewsCorp per una serie di eventi rotolati con una rapidità senza uguali nel Regno Unito, è la creatura che Rupert Murdoch ha creato e non possederà.
Con il dissolversi del deal da 12 miliardi di dollari per l’acquisizione del 100% (oggi controlla il 39,9%) della pay tv britannica si disintegra un piano strategico che proprio in BskyB aveva le fondamenta. «È noto - ha commentato l’analista di media Steve Hewlett - che Rupert Murdoch puntava a consolidare le attività televisive nel gruppo prendendo il controllo delle partecipate». Unire la pay tv britannica, una volta posseduta, a Sky Italia in attesa di valutare gli sviluppi in Germania e stringerli poi in alleanze da definire con le pay tv in India, con Fox negli Stati Uniti. Sinergie estreme, laddove non fosse stato possibile arrivare alle fusioni. «Il mantra del gruppo è crescere», aveva detto nei giorni scorsi al Sole 24 Ore il ceo del colosso pubblicitario Wpp, Martin Sorrell citando il pensiero di James Murdoch. E lo è perché solo i grandi volumi consentono a NewsCorp di misurarsi con quelli che considera competitor globali, Google, Apple, Facebook. Giganti sempre meno tecnologici e sempre più mediatici, frenemy - friend and enemy - per restare con la metafora di Sorrell che li immagina creature con le fattezze da amico e comportamenti da avversario.
Quella pulsione allo sviluppo per fare numeri sotto forma di contenuti da piazzare in una rete sempre più capillare di pay tv, s’interrompe per il precipitare dello scandalo. Senza BskyB, piattaforma solida e stabile, non si fa niente in Europa, i destini delle consorelle europee restano vaghi, mentre si allungano i sospetti del contagio verso gli Stati Uniti. BskyB con quasi 11 millioni di abbonati e revenue in crescita dai 5,7 miliardi di oggi agli 8,1 previsti nel 2015 ovvero più di Bbc, Itv, Channel 4 e Channel 5 messe insieme è in corsa per un raddoppio secco dell’utile operativo nei prossimi 4 anni. L’investimento che negli anni Novanta piegò fin quasi alla rottura le ossa finanziarie della società è entrato in una fase di esplosiva crescita con una cassa importante radicata com’è sull’intrattenimento, dallo sport ai film, molto più che sulle news, utile leva politica in tempi normali. «È lì che immagino - spiega Toby Syfret, autore di uno studio per Enders Analysis sull’integrazione di BskyB con NewsCorp - la sfida più delicata per il gruppo. Non sui diritti sportivi ma sull’eventuale sbarco in forze di Netflix (piattafoma per la distribuzione dei film on demand) in Europa». Un concorrente temibile che il consolidamento della pay tv nel gruppo avrebbe tenuto più lontano.
S’indebolisce NewsCorp per la mancata acquisizione, s’indebolisce Rupert Murdoch per una gestione sempre più criticata. Il flop di MySpace (pagato 580 milioni dollari e venduto per 35 qualche settimana fa) non ha incrinato la stima del principe al Waleed che non si stanca di confermare la sua fedeltà al tycoon australiano, ma ha acuito l’irritazione di azionisti insofferenti al dominio dei Murdoch. L’azione legale mossa in Delaware nel marzo scorso da shareholders minori riuniti attorno ad Amalgamated Bank per il nepotismo che sarebbe stato esercitato per favorire l’acquisizione della società Shine della figlia di Rupert Murdoch, Elisabeth, trova nuovo ossigeno nelle news che arrivano da Londra. Gli azionisti hanno aggiornato la causa intentata nei mesi scorsi e contano di mobilitare altre voci oltre a quella del senatore Jay Rockfeller che ha incoraggiato gli inquirenti «a indagare che in America non sia stata violata la privacy dei cittadini». Ovvero a stabilire che il «metodo News of the World» non sia in realtà il «metodo NewsCorp».
La reazione del titolo al precipitare del deal britannico - rialzo del 2,2% - sembra escludere l’immediata diffusione del virus britannico in America, ma le voci si moltiplicano fra chi invoca la testa del top management. In cima alla lista c’è James Murdoch, deputy chief financial officer, erede indicato, il più ammaccato dai fatti inglesi. Tanti vedrebbero volentieri la nomina di Chase Carey a plenipotenziario. E qui anche uno squalo deve mettersi la mano sul cuore. E valutare. Gli eventi di Westminster gli impongono di farlo presto anche perché da ieri i conti si sono fatti di sostenibile levità dinnanzi al ferro delle manette che le inchieste annunciate dal premier David Cameron potrebbero riservare.